Relatore
Descrizione
Le pinze bipolari sono strumenti chirurgici utilizzati per l’elettrocoagulazione dei tessuti biologici durante interventi chirurgici in vari campi medici. Sono costituite da due elettrodi posti alle estremità dei loro rebbi, che, quando vengono chiusi, permettono il passaggio di una corrente elettrica ad alta frequenza, generando calore. La corrente elettrica è limitata ai punti di contatto tra gli elettrodi, evitando la dispersione del calore nell'area circostante del tessuto biologico e quindi limitandone i danni. Infatti, la coagulazione avviene tra 40 e 65°C; temperature superiori introducono, invece, danni quali essicazione (90-100°C), ebollizione e vaporizzazione (>100°C). È dunque importante mantenere temperature relativamente basse e circoscritte all’area in cui viene condotto l’intervento. L’analisi del danneggiamento introdotto può essere condotta analizzando l’andamento termico del tessuto con la termografia a infrarossi, essendo una tecnica non invasiva, non a contatto e precisa nel rilevare i gradienti termici.
Lo studio sperimentale analizza tre tipi di tessuto ex-vivo di origine animale: fegato, materia bianca e materia grigia del cervello. Tre diverse pinze bipolari, multiuso e monouso con rivestimento in argento sulla sola punta o sugli interi rebbi, sono state utilizzate per valutare e confrontare il diverso andamento termico generato dal passaggio di corrente sulla superficie dei tessuti biologici. Tutte le prove hanno seguito un protocollo univoco, in modo da rendere ripetibili e confrontabili i dati raccolti: si sono confrontate 3 diverse potenze (5, 10 e 15W) per un tempo limite di 5s, imponendo una distanza fissa a 3mm tra i rebbi e posizionando le pinze sempre con la stessa inclinazione di 45° e distanza di penetrazione nel tessuto di 1mm. Tutte le prove sono state ripetute 5 volte per avere una statistica dei dati raccolti. Il riscaldamento è stato monitorato con una termocamera FLIR Titanium, calibrando in precedenza la finestra di misura termica con prove su un corpo nero di riferimento. Sono state condotte 135 prove totali, i cui risultati sono stati analizzati con il software Altair (FLIR) e Matlab (Mathworks) per l’analisi statistica.
Dai risultati è emerso che a 5W le pinze si comportano similmente sui vari tessuti, mentre con l’aumento della potenza le pinze monouso sono più efficaci e permettono di avere un riscaldamento minore nella zona limitrofa all’intervento, per tutti i tipi di materiale biologico analizzato. Le temperature massime sono raggiunte per il fegato, superando i 150°C a 15W. Tali temperature hanno indotto vaporizzazione delle cellule e sono quindi eccessive per il tessuto biologico oggetto di studio. Alle stesse potenze, temperature inferiori sono invece ottenute per il cervello (<100°C) a causa della diversa composizione chimica dei tessuti.
Lo studio sperimentale ha mostrato come, attraverso la termografia, si possa quantificare il danno tissutale e valutarne la sua estensione superficiale in funzione della potenza e del tempo di esecuzione delle prove. In particolare, per alcune delle prove ad alta potenza su pinze multiuso, la zona che raggiunge temperature superiore ai 65°C, limite superiore per l’elettrocoagulazione, si estende anche oltre i rebbi delle pinze. Ciò non avviene per pinze monouso rivestite con materiali altamente conduttivi. Lo studio offre quindi un feedback quantitativo nella progettazione di questi strumenti chirurgici e potrebbe in futuro dare indicazioni utili ai chirurghi nella scelta delle pinze più opportune per ogni intervento.