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Objectives
Active suspension systems may become increasingly common in various automotive segments to improve in-vehicle comfort and reduce in-vehicle vibration, especially in light of the increasing electrification of road vehicles fostered by European climate agreements. Typical configurations of these systems incorporate Electric Motors (EMs) to drive the mechanical components, often using brushless motors that contain Critical Raw Materials (CRMs) in the Permanent Magnets (PMs), such as Neodymium, a Rare Earth Element (REE). While these systems can positively impact vehicle comfort and performance, they are responsible for direct and indirect energy consumption, so it is important to assess their potential environmental, social, and economic implications from a Circular Design perspective. This study contributes to this assessment by proposing a modeling and simulation approach for an active suspension system, analyzing its performance variations across different road profiles regarding energy consumption by the electric actuating motor. Model creation is part of a strategy to guide designers in implementing design for sustainability solutions relying on precise assessment of component performance.
Methods
The active suspension system is modeled by evaluating its energy consumption under different driving cycles and road conditions. This preliminary simulation framework is designed to analyze the sensitivity of system performance to changes in critical design parameters, focusing on the energy requirements of the electric motor used in the actuator system.
Results
The study produces a parametric simulation model to evaluate the performance variations of an active suspension system employing a permanent magnet electric motor. The model provides insight into how design choices affect the efficiency and energy consumption of the system under different operating conditions.
Conclusions
The model developed serves as a solid basis for creating a more comprehensive framework to evaluate and compare the performance and sustainability of industrial components using electric machines, such as active suspension in the automotive sector. This approach supports a broader assessment of the trade-offs between technological advances and sustainability challenges in designing next-generation automotive systems.
Il settore automobilistico è responsabile di circa un terzo delle emissioni di CO₂ in Europa e negli Stati Uniti, con le sole auto passeggeri che contribuiscono a circa la metà di queste emissioni. La decarbonizzazione del trasporto su strada è quindi cruciale per raggiungere gli obiettivi climatici globali, come la riduzione del 55% delle emissioni di CO₂ entro il 2035 e la neutralità carbonica entro il 2050, stabiliti dall'Unione Europea. L’utilizzo di motori a combustione interna alimentati ad idrogeno potrebbe rappresentare una soluzione efficace, grazie alla natura priva di carbonio dell’idrogeno. Tuttavia, la combustione di idrogeno può portare alla formazione di ossidi di azoto (NOx) se le temperature raggiungono livelli eccessivamente elevati. Per mitigare questo fenomeno, è necessario operare con miscele ultra-magre (λ > 2.5), che se da un lato riduce quasi a zero le emissioni di Nox, dall’altro richiede una notevole quantità d’aria aspirata. L’adozione di motori a due tempi con architettura a pistoni contrapposti potrebbe offrire una soluzione efficace per compensare questa perdita di performance, mantenendo dimensioni e potenza specifica comparabili ai motori tradizionali. L’obiettivo di questo studio è analizzare l’equilibratura di un motore a pistoni contrapposti a sei cilindri, considerando parametri chiave che influenzano l’equilibratura dinamica. Il motore analizzato presenta sfide non banali rispetto ai motori convenzionali, principalmente a causa dell’interazione tra i due alberi motore e dei nuovi gradi di libertà progettuali introdotti. Questa ricerca sviluppa un modello analitico per valutare l’equilibratura del motore al variare dei parametri di progettazione. In particolare, vengono analizzati due tipi di geometria degli alberi motore: una con angolo tra le campate di 120° e una con angolo di 60°. Inoltre, si studia l’influenza della direzione di rotazione dei due alberi (co-rotanti o contro-rotanti) e dello sfasamento angolare tra di essi, che può migliorare il lavaggio dei gas, ma può incrementare gli squilibri. I risultati dimostrano che le due geometrie di alberi non presentano vantaggi esclusivi. La prima garantisce una perfetta equilibratura naturale a scapito di una coppia irregolare, mentre la seconda ammette degli squilibri a vantaggio della regolarità degli scoppi. L’adozione di alberi co-rotanti offre il miglior compromesso tra prestazioni e affidabilità rispetto alla configurazione contro-rotante. Infine, l’introduzione di un offset angolare migliora il processo di lavaggio dei gas, ma comporta un aumento dello squilibrio del sistema, richiedendo un’attenta valutazione in fase progettuale. Lo studio affronta un tema non presente in letteratura offrendo una metodologia per lo sviluppo di motori innovativi alimentati ad idrogeno e fornendo linee guida utili soprattutto nelle prime fasi progettuali. Inoltre, l’architettura a pistoni contrapposti, pur essendo analizzata nel contesto dell’idrogeno, potrebbe essere vantaggiosa anche per altri carburanti alternativi, come combustibili sintetici ed ammoniaca, ampliando le prospettive di applicazione di questa configurazione motore.
Negli ultimi anni, lo sviluppo di propulsori ibridi ed elettrici ha assunto un ruolo centrale nell’evoluzione dei veicoli stradali, offrendo una risposta efficace alle crescenti esigenze di sostenibilità e innovazione tecnologica. Nei veicoli da competizione, questo aspetto può rappresentare un’ulteriore sfida innovativa. In particolare, l’uso di motori elettrici permette di sfruttare spazi precedentemente non utilizzati, aprendo a nuove architetture veicolo. Infatti, con i sistemi di trazione “in-wheel” i motori elettrici sono posizionati nel volume all’interno delle ruote, non sfruttato efficacemente con tradizionali motori a combustione interna, migliorando la distribuzione di potenza tra gli assali del veicolo. Questo approccio può portare a una riduzione di peso complessivo del powertrain e ad un utilizzo di tecniche avanzate di controllo dinamico, come ad esempio strategie molto efficaci di torque vectoring, in grado di migliorare trazione, stabilità e manovrabilità in curva. Questo articolo presenta una metodologia per la progettazione e l’ottimizzazione di un sistema “in-wheel” destinato all’elettrificazione dell’assale anteriore di un veicolo di Formula SAE. Lo studio si concentra in particolare sull’integrazione del sistema motore con il gruppo ruota, garantendo il rispetto dei vincoli regolamentari e dimensionali. Il progetto parte dall’analisi della dinamica longitudinale del veicolo e dalla valutazione dei vincoli normativi per definire i requisiti di coppia e potenza del sistema. Per affrontare l’elevato rapporto di trasmissione richiesto e lo spazio limitato, è stato scelto un riduttore epicicloidale a due stadi come soluzione ottimale. È stato sviluppato uno script in MATLAB per individuare le combinazioni di ingranaggi ottimali, valutando le configurazioni che soddisfino sia il rapporto di trasmissione e quindi le prestazioni, sia i vincoli di spazio. Parallelamente, sono state valutate tre diverse taglie di motore elettrico, compatibili con i vincoli di regolamento e di ingombri. Successivamente, è stato determinato l’abbinamento motore-riduttore ottimale al fine di minimizzare la massa dei componenti, limitando l’aumento delle masse non sospese. In questo modo si favoriscono l’integrazione ottimale del sistema, elevate prestazioni e una riduzione della massa complessiva. Queste scelte progettuali hanno portato allo sviluppo di un veicolo ibrido dotato di un sistema di trazione elettrica nell’assale anteriore, a ruote indipendenti, compatto, efficiente e completamente integrato, perfettamente allineato ai vincoli imposti dal layout del veicolo e dalle normative. L’integrazione dei motori all’interno delle ruote anteriori, conservando la configurazione generale del veicolo, rappresenta una grande sfida progettuale ma apporta notevoli vantaggi, tra cui un utilizzo più diretto ed efficiente della potenza elettrica sia in fase di trazione che di frenata. Questa combinazione di prestazioni migliorate e ottimizzazione energetica evidenzia il potenziale di questa tecnologia per il progresso dei veicoli elettrici e ibridi. Il progetto dimostra la fattibilità tecnica di questa architettura per veicoli Formula SAE, fornendo una solida base per ulteriori ottimizzazioni finalizzate a migliorare competitività e sostenibilità.
In questo lavoro si presentano anzitutto le implementazioni eseguite su uno strumento per la misura non invasiva della deformazione delle bielle in motori ad accensione comandata che consente di valutare eventuali danneggiamenti alle bielle senza dover effettuare lo smontaggio di alcun componente del motore ma limitando lo smontaggio necessario alla misura alla sola candela ed al suo elettrodo. Successivamente viene descritta la procedura di validazione dello strumento e vengono riportati ed analizzati i risultati relativi ad una campagna di prova effettuata al fine di valutare la deformazione delle bielle di motori commerciali ad accensione comandata. Tali risultati permettono di valutare la variabilità della corsa del pistone in funzione del fisiologico grado di usura dei componenti di uno specifico motore a ciclo Miller al fine di definire un sistema di soglie capace di rilevare la presenza di malfunzionamenti dovuti ad utilizzo non corretto del sistema, principalmente legati a errati rifornimenti di carburante.
Negli ultimi anni, i veicoli elettrici (EV, Electric Vehicles) hanno attirato grande interesse in diversi contesti, dalla micromobilità urbana all’utilizzo in zone rurali o turistiche. Uno dei principali ostacoli alla loro diffusione è l’autonomia limitata, che comporta frequenti ricariche dalla rete elettrica. L’integrazione di pannelli fotovoltaici (PV) sulle superfici del veicolo si configura come una soluzione potenziale per ridurre la dipendenza dalla rete, fornendo parte dell’energia necessaria al funzionamento del mezzo.
Questo studio ha l’obiettivo di verificare l’effettiva capacità dei moduli PV di incrementare l’autonomia di un EV e di analizzare l’impatto sulla durata del pacco batteria. A tal fine, sono stati presi in considerazione tragitti giornalieri di 10–40 km, tipici degli spostamenti a breve e media distanza, simulando sia percorsi urbani sia extraurbani. I dati sperimentali di consumo energetico sono stati combinati con le informazioni di irraggiamento estrapolate dai database PVGIS per la località di Firenze. Il modello analitico sviluppato in Matlab ha permesso di stimare i flussi di energia all’interno del sistema veicolo–batteria–moduli PV, consentendo di valutare quanta parte del fabbisogno possa essere coperta dall’energia solare in condizioni operative realistiche.
I risultati mostrano che, in situazioni di elevata insolazione (soprattutto nei mesi estivi), i pannelli fotovoltaici possono fornire una quota compresa tra il 70% e l’80% del fabbisogno energetico, coprendo gran parte degli spostamenti brevi e medi. Tuttavia, in condizioni di minore irraggiamento, questa copertura diminuisce drasticamente, rendendo necessario un supporto continuo da parte della rete. L’effetto sulla vita utile del pacco batteria risulta in generale moderato: il caricamento graduale tramite i moduli PV influisce positivamente sul numero di cicli di carica, ma non determina miglioramenti sostanziali a lungo termine.
In conclusione, l’integrazione di celle fotovoltaiche negli EV si rivela una soluzione valida per estendere l’autonomia ed evitare ricariche frequenti, soprattutto in aree geografiche caratterizzate da abbondante irraggiamento solare. Tuttavia, l’indipendenza completa dalla rete resta difficile da raggiungere e dipende da molteplici fattori, tra cui la stagionalità, le condizioni climatiche e le scelte progettuali sul dimensionamento dei pannelli e dei sistemi di gestione energetica.
Il presente lavoro si inquadra nello sviluppo di un sistema di sicurezza attivo che prevede l'interazione con gli organi sterzanti di veicoli a due ruote in condizioni di emergenza. Tale dispositivo prende il nome di Motorcycle autonomous emergency steering (MAES). Per realizzare un dispositivo prototipale MAES pienamente operativo sul veicolo è stato necessario passare attraverso la realizzazione di un banco prova preliminare per la definizione delle corrette finestre di funzionamento. Nello specifico, le prove al banco oggetto della presente memoria hanno permesso di realizzare la calibrazione del sistema e ottimizzarne il comportamento in termini di tempi di risposta, precisione e ripetibilità.
L’installazione comprende tutti i componenti dell’azionamento elettromeccanico destinato alla collocazione sul veicolo e pertanto si configura come una prova Hardware in the Loop (HiL) con elevata vicinanza all’applicazione finale. La dinamica del veicolo viene simulata mediante software commerciale “BikeSim”, configurato in modo da riprodurre il comportamento per la motocicletta che verrà adottata per la futura sperimentazione, un veicolo Ducati Monster 821 equipaggiato di sistemi di telemetria che lo rendono idoneo ad attività di sviluppo di nuovi componenti.
La presente memoria illustra le scelte effettuate per la progettazione esecutiva del banco HiL, il layout definitivo e i dati ottenuti dai test effettuati con la calibrazione preliminare del sistema. I risultati ottenuti serviranno a definire una interazione sicura con il conducente del veicolo durante le future prove su strada.
I progressi nel campo dell’utilizzo dei materiali compositi e della progettazione delle protesi hanno migliorato significativamente il comfort e le prestazioni dei dispositivi. Tuttavia, il costo elevato e l’impatto ambientale dei materiali compositi utilizzati rappresentano ancora ostacoli rilevanti all’accessibilità e alla sostenibilità delle soluzioni disponibili. Questo lavoro presenta lo sviluppo di un piede protesico realizzato in laminato di bambù, un materiale facile da lavorare, economico e sostenibile. Dopo un'analisi di fattibilità, si sono studiate le proprietà meccaniche e fisiche del laminato selezionato. Il processo di progettazione ha incluso una fase di ottimizzazione che ha incluso valutazioni sul comfort dell’utilizzatore e sulle esigenze del processo realizzativo. Successivamente, è stato realizzato un prototipo per validare il metodo di progettazione. Il prototipo in laminato di bambù è stato sottoposto a test sperimentali secondo quanto prescritto dalle normative internazionali per i dispositivi protesici. I risultati confermano il potenziale del laminato di bambù come ai materiali compositi attualmente utilizzati, aprendo nuove prospettive per la produzione di protesi accessibili e sostenibili.
In questo studio viene presentata MyFlex-θ, una protesi di piede multi-assiale intelligente ad accumulo e rilascio energetico (ESAR), dotata di un meccanismo che consente di variare la rigidezza nel piano sagittale (o piano principale di locomozione).
È stato condotto un design of experiment (DOE) numerico utilizzando un modello ad elementi finiti (FE) bidimensionale (2D), calibrato sperimentalmente, replicando la versione precedente della protesi, al fine di identificare un parametro geometrico influente sulla rigidezza nel piano sagittale. Identificato tale parametro, noto come Dx, è stato progettato, realizzato e integrato un primo meccanismo ad azionamento manuale per consentirne la regolazione, generando così la prima versione passiva di MyFlex-θ.
La protesi è stata poi sottoposta a test statici conformi alla norma ISO 10328 per validare il modello numerico, confrontando le curve forza-spostamento sperimentali con quelle numeriche. Nota la rotazione della caviglia dai test sperimentali, sono state calcolate numericamente le curve di rigidezza torsionale-rotazione alla caviglia nel piano sagittale del piede, al variare del parametro Dx. Confrontando le configurazioni più cedevoli e più rigide, sono state osservate variazioni di rigidezza del 201% e 181%, agli angoli di plantarflessione di -10° e -5°, e di 162% e 310% agli angoli di dorsiflessione di 10° e 20°.
Test clinici condotti con diversi amputati transfemorali e transtibiali hanno evidenziato che MyFlex-θ offre maggiore adattabilità e prestazioni rispetto ai tradizionali piedi ESR. Tuttavia, per utilizzare a pieno le funzioni della protesi è emersa la necessità di automatizzare il sistema di regolazione della rigidezza.
Per rispondere a questa esigenza, è stato integrato un attuatore per la movimentazione del sistema di variazione della rigidezza ed è stato sviluppato un sistema di controllo per il riconoscimento, in tempo reale, dell’attività svolta dall’utente, basato su una rete neurale convoluzionale (CNN).
Nello specifico, il sistema di controllo è in grado di riconoscere sette attività: camminata, posizione eretta statica, salita e discesa di rampe, salita e discesa di scale, e camminata veloce, analizzando le accelerazioni lineari fornite in input da due piattaforme inerziali (IMU) assemblate sul piede.
Per classificare le differenti attività, l'algoritmo è stato addestrato, validato e testato utilizzando dati raccolti da una campagna di test effettuati con un soggetto sano che indossava la seconda versione della protesi MyFlex-θ semi-attiva tramite un adattatore per normodotati. Il modello ha raggiunto un'accuratezza e una perdita di validazione rispettivamente pari al 93,3% e 0,182.
Successivamente, esperimenti in tempo reale con lo stesso soggetto hanno dimostrato un'accuratezza media della classificazione del 92,3%, con la regolazione della rigidezza della protesi sempre completata dopo circa due passi ai valori di rigidezza preferiti per le varie attività.
Questi risultati evidenziano quindi il potenziale di MyFlex-θ per il controllo adattivo ed autonomo della rigidezza, aprendo la strada a futuri test clinici con amputati per convalidarne ulteriormente l'efficacia.
Twisted and Coiled Artificial Muscles (TCAMs) have emerged as innovative structural actuators, renowned for their exceptional performance. Produced from nylon or other polymeric fibers, TCAMs combine affordability with significant displacement, high power output, and broad applicability, making them ideal for robotics and smart textiles. However, their recent development opened several challenges, like the deep understanding of their behavior or their effective integration into robotic and intelligent systems.
Previous studies investigated the thermo-mechanical behavior of TCAMs fabricated by three types of silver-coated nylon precursor fibers. The experimental analysis revealed the influence of production parameters, such as rotational speed and applied loads, on the displacement capabilities and mechanical stability. TCAMs produced with Shieldex 235/36x4 HCB fibers demonstrated superior performance in terms of contraction capacity and load-bearing capability.
In this work, a thermo-electro-mechanical model is proposed to complement the experiments, incorporating physics-based considerations. The proposed model is divided into a thermo-electrical and a thermo-mechanical model. Specifically, the thermo-electrical model determines the temperature increase of the artificial muscle based on the input power. Afterwards, by the temperature and the external load, the thermo-mechanical model allows to determine the TCAM’s state variables (i.e. displacement and strain), according to geometrical considerations and by applying the Castigliano Second Theorem (CST). The model accurately predicts the displacement of TCAMs under various operating conditions, showing a good agreement with experiments.
Keywords: Twisted and coiled artificial muscle, twisted and coiled actuator, Artificial muscle, modeling, smart actuator
Osteoporosis and other bone-related diseases pose a critical challenge for modern healthcare systems, necessitating innovative and patient-specific treatment strategies. Bone tissue engineering has emerged as a promising solution, with the development of bio-inspired, 3D-printed scaffolds designed to mimic the complex hierarchical architecture of bone at multiple scales. However, existing scaffold designs often fail to accurately replicate bone’s multi-scale organization, leading to suboptimal mechanical properties, insufficient cellular colonization, and inadequate fluid-dynamic conditions for nutrient transport.
Objectives
In particular, current scaffolds either focus on large-scale porosity, neglecting the intricate canalicular structure, or lack mechanical strength due to excessive porosity. Our work addresses this gap by developing a novel, hierarchically structured scaffold that integrates both macro- and micro-architectural features to optimize biological and mechanical performance.
Methods
This study introduces two distinct scaffold architectures: (i) a regular lattice-based scaffold with uniform lacunae and canaliculi distribution, and (ii) a biomimetic scaffold inspired by the canalicular network, generated using a Delaunay triangulation-based approach to better mimic the anisotropic and interconnected nature of bone porosity. These designs were implemented using computational modeling tools such as Autodesk Inventor Pro and Open CASCADE, followed by high-precision fabrication via two-photon polymerization using IP Visio resin. The regular scaffold exhibits a periodic cubic arrangement of lacunae, while the Delaunay-based scaffold presents a more heterogeneous structure with interconnected pores, enhancing its similarity to native bone tissue.
Results
To ensure scaffold fidelity and reproducibility, synchrotron-based imaging and deep-learning segmentation techniques (U-Net architectures) were employed for structural analysis. Fluid-dynamic analyses were conducted to assess wall shear stress (WSS) distribution within the scaffold microstructure, providing crucial insights into its biomechanical environment. Computational fluid dynamics (CFD) simulations performed using ANSYS Fluent revealed that the Delaunay-inspired scaffold exhibited a more favorable WSS distribution, closely matching physiological conditions necessary for osteocyte mechanotransduction. The regular scaffold, on the other hand, appears to potentially limit nutrient diffusion and cellular viability.
Experimental validation was performed through mesenchymal stem cells (differentiated into osteoblasts) seeding and in vitro culture, with scaffolds analyzed post-cellularization using optical and scanning electron microscopy. The regular scaffold exhibited highly reproducible geometries with well-defined porosities, while the Delaunay-based scaffold demonstrated enhanced cellular infiltration and interconnectivity, suggesting superior biointegration potential. Synchrotron-based imaging confirmed the presence of mineralized nodules within the Delaunay-based scaffold after 21 days of culture, supporting its potential for bone tissue regeneration.
Additionally, scaffold porosity was quantified, revealing that the Delaunay-based structure had a total porosity of 75%, compared to 60% for the regular scaffold, effectively balancing mechanical integrity and permeability. Our work provides a novel solution by combining hierarchical structuring with bioinspired canalicular networks, ensuring enhanced cellular viability, nutrient diffusion, and mechanical stability.
Based on the combined structural, biological, and fluid-dynamic assessments, the Delaunay-based scaffold configuration was identified as the most promising design, balancing mechanical support with optimal conditions for cellular activity. Future work will focus on refining imaging techniques to monitor bone matrix deposition and further optimizing scaffold architectures to improve osteoconductivity and regenerative outcomes. In addition, further studies will explore dynamic culture conditions, where mechanical stimulation could be introduced to enhance osteogenic differentiation and scaffold maturation.
Conclusion
This study highlights the transformative potential of bio-inspired, hierarchically structured scaffolds in advancing bone tissue engineering. By integrating advanced fabrication, imaging, and computational modeling, this research paves the way for personalized scaffold solutions tailored to individual patient needs, ultimately enhancing treatment efficacy for bone regeneration in clinical applications. The combination of hierarchical structuring, optimized fluid dynamics, and synchrotron-aided assessment represents a cutting-edge approach in biomaterial design, addressing critical limitations in the current state-of-the-art and providing a robust foundation for future developments in regenerative medicine.
OBJECTIVE
Running prosthetic feet (RPF) are specialized prosthetic elements designed for running, used by Paralympic athletes for training and in official competitions. They are carbon fibers blades with monolithic structure that store elastic energy by flexing during initial contact with the ground and then release it by extending in the second phase. They can mainly be C-shaped or J-shaped; still, there are a lot of different geometrical variations within each shape group. There are no globally accepted tests for the characterization of RPFs in operating condition, thus, RPFs classification is solely based on a number associated to athlete’s weight category, with discrete variation between levels of about 8-10 Kg. Although in practice for decades, this methodology is incomplete, since it does not account for the complex behavior of RPFs, such as its non-linear elastic response. Some research regarding characterization of RPF stiffness has been conducted [1,2] but still do not account for vertical-horizontal coupling displacement behavior and COP variation during loading.
In this work, an innovative approach to characterize C-shaped RPF is proposed to assess how stiffness category, shape and clamp alignment influence RPF mechanical behavior.
METHDOS
The test machine [3] is composed of a vertical servo-hydraulic actuator moving a stiff sledge carrying a clamp-adapters to secure the RPF; in addition, a sliding base with a tartan layer on top is controlled by a horizontal actuator.
Multiple RPF were considered for this study, all equipped with a spiked sole to replicate how they would be used in-vivo:
Ossur Cheet Xceed: Cat 1, Cat 2, Cat 2.5, Cat 3, Cat 5
Ottobock Runner (Custom RPF):
Curved Geometry, this term means that the distal tip presents an inflection point : Cat 2.5, Cat 3
Even Geometry, distal tip does not present an inflection point: Cat 2.5, Cat 3
Ottobock Runner (commercial RPF): Cat 3, Cat 4
Note that Ossur (Reykjavík, Iceland) and Ottobock (Duderstadt, Germany) classification scales are not equivalent.
RPF classification is derived from a single test, whose setup is inspired by midstance loading conditions, defined as the instance of maximum vertical load during gait, associated with a GRF oriented almost vertically [1]. Based on in-vivo test results and literature data [1] the foot is aligned with \begin{equation} \theta_{clamp}=10\ ° \end{equation}(clockwise) and a vertical compressive displacement is imposed up to 110 mm. The horizontal actuator is set to translate freely to impose a null horizontal load \begin{equation} {(F}_{x,ground}=0\ N) \end{equation} To characterize the RPF, three parameters are used:
Equivalent stiffness K_{eq}\ [N/mm] – Defines global RPF stiffness based on the energy equivalence of a linear spring [4].
\begin{equation}
K_{eq}=2Area/(dy_{max}^2\ )
\end{equation}
Stiffening Ratio S – Describes RPF stiffening during loading, defined as the ratio of the slope of the Load-Deflection curve linear fit in the last (K_{fin}) and first (K_{in}) 20 mm of loading.
\begin{equation}
S=(slope_{lin.fit}[90\rightarrow110]))/(slope_{lin.fit}[0→20]) )
\end{equation}
Biaxiality Ratio B – Indicates an RPF's tendency to elongate horizontally under vertical compression, defined as the ratio of horizontal to vertical displacement.
\begin{equation}
B=slope_{lin.fit}\ \ [d_x=f(d_y\ )]
\end{equation}
Results
Results showed that the category influences stiffness not only globally (K_{eq}) but also locally (S); stiffer RPFs appear to have a higher Stiffening ratio S. Biaxiality does not appear to be influenced by the stiffness category.
At equal stiffness category, curved and even geometry behave similarly in terms of stiffness, with just a slightly higher K_{eq} and Stiffening S for the first type of geometry. The main difference lays in the Biaxiality behavior, with curved geometry showing a higher coupling between vertical and horizontal displacements.
Regarding alignment, it was observed that it does not influence the global stiffness, but it has a significant effect on the stiffening and biaxiality ratio. Front-alignment (RPF is more plantarflexed) presents higher stiffening than back-alignments, thus appearing more compliant in the first phase of loading, while getting much stiffer in the last part. Moreover, front-alignment presents a lower biaxiality ratio.
Conclusions
The classification method proposed in this study offers a more comprehensive framework for RPF classification, since experimental results highlighted that the weight-based classification approach is not able to inform on the influence of multiple factors on the overall stiffness behavior of RPF.
It was then used to assess how stiffness category, shape and alignment influence RPF behavior. It appears that the weight category influences stiffness both locally and globally but does not appear to have any effect on biaxiality. Contrarily, shape appears to influence the biaxiality but not the stiffness. Alignment shows a significant influence on the stiffening ratio and biaxiality, but not on the global stiffness behavior.
Ultimately, this approach can be used to provide orthopedic technicians, athletes and coaches with simple and informative data to optimize RPF selection and tuning.
[1] Beck O.B et al. (2016). PLoS ONE, 11(12): 1-16.
[2] Shepherd M.K. et al. (2019) 16th ICORR Proc. 892-898.
[3] Petrone N. et al, (2020) MDPI Proc. 49,75.
[4] Petrone N. et al, (2022), ISBS Proc, 40(1)
La possibilità di aumentare le proprietà meccaniche dei materiali mediante l’utilizzo di compositi a fasi interpenetranti di natura biomimetica sta rappresentando una strategia promettente se si vuole migliorare la resistenza degli impianti ortopedici e migliorarne la biocompatibilità. Le ricerche su tali compositi si sono concentrate inizialmente su sistemi a base ceramica, e solo negli ultimi anni si è andati verso compositi a fasi interpenetranti a base di polimeri e matelli. Grazie alla tecnica di produzione additiva, le strutture reticolari possono essere utilizzate per sviluppare biomateriali con un’architettura controllata, al fine di replicare strutture delle ossa umane e ottenere vantaggi in termini di resistenza/peso e di controllo sulla transizione di proprietà tra la protesi e il tessuto osseo in termini di rigidezza e densità. In questo lavoro viene presentato lo studio sul comportamento di una struttura bicomponente acciaio polimero. La Triply Periodic Minimal Surface (TPMS) Gyroid acciaio-polimero, costruita con tecnologia Laser Powder Bed Fusion (L-PBF), è stata studiata al fine di aumentare le prestazioni meccaniche nella total hip replacement e nel contempo impedire la permeazione del cemento (materiali a base di PMMA) durante la cementazione degli steli femorali. Il processo di cementazione a causa dell’esotermicità della polimerizzazione del PMMA potrebbe comportare un eccessivo aumento di temperatura con il rischio di una potenziale necrotizzazione dei tessuti. Limitare il quantitativo a spessori contenuti, mediante l’utilizzo di strutture a fasi interpenetranti, è di primaria importanza se si vogliono utilizzare le strutture reticolari in specifiche applicazioni biomedicali.
Obiettivi: In questo lavoro, gli autori presentano i risultati preliminari di un progetto PRIN PNRR (“SELF-RE-PREG”, Prot. P2022SLZY4, CUP D53D23018700001) dedicato allo sviluppo di un nuovo materiale composito riciclato a partire da scarti di preimpregnato. L'uso crescente dei materiali compositi genera una significativa quantità di rifiuti, in particolare dai residui di prepreg, che possono costituire fino al 35% del materiale acquistato. Di conseguenza, sono necessarie strategie innovative per la gestione dei rifiuti e il supporto a un'economia circolare.
La soluzione proposta in questa ricerca consiste nel riciclare i residui di preimpregnato tagliandoli in piccoli frammenti quadrati, detti patches, di dimensioni prestabilite. Queste patches vengono poi riassemblate secondo architetture regolari per formare nuovi fogli compositi riciclati, da utilizzare applicando le procedure classiche di laminazione.
L'obiettivo principale della ricerca è valutare le proprietà meccaniche di questi compositi riciclati e confrontarle con quelle del materiale continuo a fibra lunga di riferimento tramite test di flessione a quattro punti. Una volta caratterizzato il nuovo materiale, lo studio evolve dai semplici provini a manufatti più complessi, come componenti a forma di L, con l'obiettivo di valutare l’applicabilità della lamina equivalente anche a componenti più complessi. Infine, sono stati creati modelli numerici, validati con i dati sperimentali, per entrambi i provini, permettendo così studi parametrici e progettazione di componenti ancor più complessi.
Metodologia: Il materiale utilizzato è HEMT-3 CC601E, un tessuto twill in carbonio 2x2 impregnato con resina epossidica, con uno spessore di lamina polimerizzata di 0.39 mm. Le patches, ricavate direttamente dal rotolo di prepreg tramite un plotter da taglio automatico, misurano 50x50 mm², dimensione che rappresenta un compromesso tra la lunghezza della fibra di carbonio e la percentuale di materiale di scarto effettivamente recuperabile. Il nuovo foglio riciclato, denominato "lamina equivalente", è composto da due strati: il primo strato vede le patches disposte affiancate senza sovrapposizioni, coprendo la superficie senza interruzioni; il secondo strato, realizzato con la stessa procedura, è posizionato sopra il primo, con uno spostamento orizzontale e verticale pari a metà patch, consolidando così la lamina equivalente. Una volta pronta, la lamina può essere utilizzata nelle procedure classiche di laminazione, come un qualsiasi foglio di prepreg continuo.
Per determinare le proprietà meccaniche del nuovo materiale, sono stati realizzati provini rettangolari, testati in flessione a quattro punti (4PB). Successivamente, sono stati creati provini angolari a forma di L, testati poi in trazione, con l'obiettivo di valutare il potenziale impiego della lamina equivalente anche in componenti più complessi (in questo caso con parti curve).
Dal punto di vista numerico, il modello 4PB del provino è stato creato seguendo un approccio deterministico, modellando individualmente ogni patch. Dopo aver ricreato la lamina equivalente, diverse lamine sono state impilate fino a raggiungere lo spessore desiderato. Le interazioni tra le patches sono state modellate utilizzando superfici coesive tra ogni strato e connettori a molla monodimensionali in ogni giunto tra patches affiancate nello stesso strato. Tuttavia, per applicazioni reali, la modellazione basata su patches è impraticabile a causa del tempo necessario per costruire il modello e della sua complessità. Pertanto, per i campioni a forma di L è stato adottato un approccio diverso, modellando la lamina equivalente direttamente con un materiale equivalente che presenta le stesse proprietà meccaniche (rigidezza e resistenza ottenuti dai test 4PB), con interazioni coesive tra ogni strato.
Risultati e conclusioni: I risultati hanno rivelato che, quando le patches sono assemblate in una geometria regolare come quella appena descritta, il nuovo materiale mantiene circa il 50% della resistenza, il 90% della rigidezza e l'80% della resistenza interlaminare del materiale continuo di riferimento. Inoltre, l'impiego della lamina equivalente per la realizzazione di manufatti più complessi, come gli angolari a forma di L, non mostra particolari criticità.
La correlazione tra valori sperimentali e numerici è stata raggiunta in entrambi i casi, sia in termini di resistenza che di rigidezza, confermando il potenziale del materiale riciclato (adatto anche per applicazioni strutturali) e della sua modellazione numerica (che permette studi parametrici e progettazioni numeriche di componenti complessi).
Per quanto riguarda le modalità di frattura, nei test 4PB le zone più deboli, dove hanno inizio danneggiamento e fratture, sono le discontinuità tra due patches affiancate. La cricca, una volta innescata, procede nello spessore rompendo strati di fibre e giunzioni. Al contrario, i campioni a forma di L sono caratterizzati da un numero significativo di delaminazioni nella regione angolare.
In conclusione, questo studio dimostra il potenziale del materiale composito riciclato (ottenuto a partire da scarti di preimpregnato tagliati in forme e dimensioni fissate e assemblati secondo architetture regolari) e della sua modellazione numerica, fornendo una solida base per future applicazioni strutturali e contribuendo a una gestione sostenibile dei rifiuti.
Lo studio esamina le proprietà piezoresistive e la resistenza a fatica di un polimero termoplastico (PA66) rinforzato con fibre corte di carbonio e vetro, ottenuto mediante stampaggio a iniezione. L'obiettivo è determinare la correlazione tra la variazione della resistenza elettrica e la progressione del danno meccanico sotto carichi ciclici.
La metodologia sperimentale prevede l'applicazione di sollecitazioni uniassiali cicliche con livelli di tensione pari al 40%, 50%, 60% e 70% del limite di rottura del materiale. La resistenza elettrica viene monitorata in tempo reale attraverso un impedenzimetro con la tecnica della sonda a quattro punti, mentre il degrado strutturale è valutato mediante la variazione del modulo elastico. I campioni testati presentano orientazioni di 0° e 90° rispetto alla direzione di stampaggio.
I risultati sperimentali evidenziano che, nelle fasi prossime alla rottura, la rigidezza del materiale si riduce in media del 3,5% e del 4,5% rispettivamente per i campioni orientati a 0° e 90°, mentre la resistenza elettrica subisce un incremento pari al 150% e al 75%. Tali evidenze dimostrano che il monitoraggio della resistenza elettrica costituisce un efficace indicatore dell'integrità strutturale di componenti sottoposti a carichi ciclici, fornendo un metodo efficace per la diagnosi precoce del danneggiamento.
La delaminazione è uno dei principali meccanismi di cedimento nei materiali compositi, soprattutto sotto carichi ciclici. Predire e simulare accuratamente questo fenomeno è fondamentale per migliorare la sicurezza e l'affidabilità delle strutture leggere in composito. In questo lavoro, presentiamo un approccio recentemente sviluppato per questo scopo, l’algoritmo Sequential Static Fatigue, e ne confrontiamo due diverse implementazioni: la prima, denominata C-SSF, utilizza gli elementi coesivi, mentre la seconda, denominata V-SSF, sfrutta la Virtual Crack Closure Technique (VCCT).
Entrambi gli approcci sono stati validati su dati sperimentali disponibili in letteratura. In particolare, una prima validazione sperimentale è stata effettuata su provini standard di tipo Double Cantilever Beam (DCB, per il modo I), End Notched Flexure (ENF, per il modo II) e Mixed Mode Bending (MMB, modo misto I-II). Entrambi gli approcci hanno mostrato un’eccellente accuratezza, validando l’algoritmo SSF nei diversi modi di propagazione. Confrontato con un algoritmo commercialmente disponibile (il Direct Cyclic di Abaqus), la V-SSF ha mostrato un risparmio di tempo di simulazione fra i due e i tre ordini grandezza. Per il C-SSF, non è ancora disponibile un benchmark commerciale, ma l’algoritmo ha comunque mostrato tempi di simulazione piuttosto limitati.
Una validazione aggiuntiva è stata effettuata su un provino non-standard, cioè un DCB di dimensioni maggiori (175 mm x 60 mm) rinforzato da due piastre che ne causano una delaminazione ampia e molto curva. In questo caso, l’algoritmo V-SSF ha mostrato buoni risultati per carichi bassi, ma una inaccuratezza significativa per carichi maggiori. La causa di ciò è una lettura errata del tasso di rilascio dell’energia elastica all’apice del fronte di delaminazione: la VCCT è infatti soggetta a tali inaccuratezze in caso di fronti larghi e molto curvi. Il C-SSF ha invece confermato l’ottima accuratezza se confrontato con i dati sperimentali.
In generale, sono evidenziati gli enormi vantaggi nell’utilizzo dell’algoritmo SSF, sia in termini di accuratezza che di costo computazionale. Poiché la sua implementazione non richiede la scrittura di subroutine dedicate (per esempio UMAT o UEL di Abaqus), come è prassi nel caso di elementi coesivi, l’algoritmo risulta anche di facile adozione.
Thermoplastic composites have gained significance due to their superior mechanical properties and recycling potential. However, their mechanical performance, particularly impact resistance, remains insufficiently understood in the context of applications. In this study, thermoplastic composites incorporating polyurethane (TPU) and Kevlar fabric were produced using hot compression moulding, and their performance was evaluated through low-velocity impact tests. A high-speed camera captured the deformation and damage processes of the composites, aided by a mirror positioned behind the objectives to ensure a clear view. During the loading process, an intriguing phenomenon was observed: the wrinkling of the composites, particularly attributed to the soft response of the thermoplastic matrix. These wrinkles emerged due to boundary conditions and pulsed loading. While wrinkle formation can absorb energy through larger deformations, additional damage or failure processes may arise. Understanding the mechanism behind this behaviour is crucial for potential impact applications of thermoplastic composites.
Il primo evento di danno osservabile in compositi tessuti soggetti a carichi statici o ciclici è la formazione di cricche nei bundle orientati off-axis rispetto al carico. In particolare, il numero di cricche, e quindi la cosiddetta crack density, cresce all’aumentare del carico o del numero di cicli, causando una perdita di rigidezza. In questo lavoro vengono proposti due possibili approcci innovativi per la stima delle proprietà elastiche apparenti di compositi tessuti in presenza di cricche. Entrambi integrano un modello di omogenizzazione basato sulla teoria di Mori-Tanaka ed un’analisi shear lag, comunemente utilizzata per compositi unidirezionali. Il primo modello, denominato Equivalent Cross-Ply (ECP), prevede due step: l’analisi shear lag di un cross-ply equivalente per ottenere le proprietà del bundle dannaggiato e, successivamente, il loro utilizzo nel modello di omogenizzazione. Il secondo approccio, denominato Modified Shear Lag (MSL), invece integra la teoria di Mori-Tanaka direttamente all’interno della formulazione shear lag, permettendo di ottenere direttamente le proprietà elastiche apparanti del tessuto, nonché i campi tensionali, seppur approssimati. I modelli sono validati tramite simulazioni numeriche 3D e dati sperimentali su tessuti con diversa architettura. Per entrambi gli approcci si ottiene un accordo molto soddisfacente, il che dimostra le capacità dei modelli di prevedere il calo di rigidezza in seguito alla formazione di cricche, tenendo conto anche degli effetti della meso-struttura, quali l’ondulazione dei bundle e la loro forma.
I componenti strutturali realizzati in materiale composito presentano spesso difetti dovuti al processo produttivo. Una tipologia di difetto particolarmente comune e allo stesso tempo deleteria per le caratteristiche meccaniche è rappresentata dai vuoti.
Gli autori hanno proposto una metodologia per prevedere l’innesco di cricche a fatica in laminati contenenti porosità a partire dal comportamento del materiale void-free, validando l’approccio con risultati sperimentali relativi a laminati in fibra di vetro/resina epossidica.
Recentemente, sono stati realizzate delle prove a fatica su laminati compositi in fibra di carbonio/resina epossidica contenenti dei difetti artificiali che simulino dei vuoti, ottenuti inserendo dei filamenti in tungsteno. Sono state ottenute le curve S-N relative all’innesco delle prime cricche in presenza di difetti di due diverse dimensioni.
Obiettivo del presente lavoro è stato di validare la metodologia previsionale precedentemente sviluppata anche per laminati in carbonio/epossidica.
A tal fine, è stato necessario modificare la procedura proposta, in particolare nel calcolo del parametro tensionale locale considerato come driving force per l’innesco di cricche a fatica. Infatti, rispetto alle precedenti validazioni effettuate su laminati in vetro/epossidica curati a temperatura ambiente e contenenti vuoti omogeneamente distribuiti:
- Il materiale delle fibre e delle singole lamine è ortotropo
- I laminati sono stati curati a elevata temperatura, inducendo quindi tensioni termiche
- I laminati presentano un difetto singolo e di dimensioni comparabili con lo spessore del singolo strato, impedendo l’applicazione di condizioni periodiche e portando alla necessità di includere l’effetto dell’interfaccia con gli strati adiacenti
Di conseguenza, per tenere conto di queste esigenze, è stata modificata la procedura per costruire l’RVE di materiale, così come le condizioni al contorno applicate nelle analisi FEM degli stessi RVE, utilizzate per il calcolo dei parametri tensionali locali.
Le curve S-N per l’innesco delle prime cricche relative alle due diverse dimensioni di vuoto risultano cadere all’interno della stessa banda di dispersione quando espresse in termini del parametro tensionale calcolato con la metodologia sviluppata.
I risultati ottenuti validano la metodologia previsionale proposta per l’innesco di cricche a fatica anche per laminati in carbonio/epossidica, in presenza di tensioni termiche e difetti singoli, condizioni diverse rispetto a quelle considerate per la sua prima validazione. La rilevanza di questo aspetto è notevole vista la crescente diffusione di componenti in fibra di carbonio progettati per non presentare danno o per tollerare un certo grado di danno pur mantenendo una rigidezza prefissata.
Una delle fonti di energia rinnovabile più promettenti è il moto delle onde dei mari e degli oceani. La principale difficoltà nella raccolta di energia dalle onde consiste nella trasformazione del moto oscillatorio in un moto rotatorio, al fine di poter mettere in azione un generatore elettrico. Negli ultimi anni sono stati sviluppati diversi dispositivi per la generazione di energia dal mare, generalmente concentrandosi sui metodi per ottenere energia dalle onde attraverso l'uso di diversi tipi di galleggianti e sistemi di ancoraggio. Tuttavia, la trasformazione del moto del galleggiante in energia cinetica idonea alla generazione di energia viene solitamente realizzata mediante sistemi non ottimizzati, la maggior parte dei quali basati su sistemi idraulici, che presentano numerosi problemi, tra cui complessità e rischio di inquinamento marino a causa della presenza di olio.
In questo lavoro viene presentato un nuovo meccanismo che consente la trasformazione del moto ondoso (moto alternato) in un moto rotatorio unidirezionale. Il meccanismo affronta le seguenti problematiche: trasformazione diretta del moto delle onde in moto rotatorio unidirezionale, assenza di lubrificanti a base di olio, maggiore efficienza (rispetto ai sistemi attualmente in uso) ed affidabilità.
Le travi ed i tubi a parete sottile sono componenti fondamentali, ampiamente utilizzati in diversi ambiti dell'ingegneria, tra cui la meccanica, l'aerospaziale, la navale e le costruzioni. Una rilevante applicazione industriale riguarda il trasporto di petrolio, gas e altri fluidi. In tale contesto, risulta essenziale analizzare l'impatto dei carichi operativi o eccezionali, come quelli che si verificano durante l'installazione delle condotte, sulla loro integrità ed affidabilità strutturale.
Generalmente, lo spessore di queste strutture è ridotto al minimo per contenere i costi, il peso e il volume, portando così alla realizzazione di strutture a parete sottile. A causa della loro geometria, i gusci tubolari a parete sottile sono particolarmente suscettibili a deformazioni significative, soprattutto in termini di distorsione della sezione, sotto l'azione di carichi meccanici e termici. Di conseguenza, una comprensione approfondita dei fenomeni che influenzano la loro capacità portante è cruciale, soprattutto per quanto riguarda la deformazione della sezione retta, fenomeno trascurato in strutture più massive.
Tra i vari fenomeni che possono interessare tali componenti, è opportuno considerare il warping associato alla flessione, che determina una deformazione nel piano della sezione. La flessione di un guscio tubolare a spessore sottile comporta una deformazione riconducibile a due meccanismi distinti ma simultanei. Il primo meccanismo è una flessione di tipo trave, descritta dalla deformazione dell'asse. Il secondo è un effetto di tipo guscio, in cui la sezione trasversale si modifica progressivamente all'aumentare del carico applicato. Di conseguenza, il momento d'inerzia della sezione varia gradualmente, tendendo a diminuire se la sezione presenta una forma convessa. Pertanto, la relazione tra momento e curvatura di un guscio tubolare a parete sottile non può essere descritta con una legge lineare, come avviene per i modelli a trave che assumono la sezione come indeformabile, ma segue una dinamica non lineare più complessa. Ciò che accade è che durante l'applicazione del carico si manifestano ampie deformazioni della sezione nel piano, anche in presenza di spostamenti ridotti lungo l'asse longitudinale della struttura, che quindi modificano il momento d’inerzia della sezione.
In questo articolo viene mostrato come, a partire da un modello di guscio non-lineare in grandi spostamenti, si possono scrivere le equazioni che regolano il bilancio energetico del fenomeno in esame. Le equazioni in parola vengono scritte utilizzando un approccio alla geometria intrinseca, così da formulare il problema nella sua forma più generale, valida per tubi e travi in parete sottile di qualsivoglia sezione, sia chiusa che aperta.
Le equazioni di bilancio energetico sono utilizzate mediante un approccio che propone l’accoppiamento tra l’utilizzo di modi di deformazione ed il calcolo variazionale. Vengono presentate due strade per l’ottenimento dei modi di deformazione. La prima, puramente numerica, prevede l’utilizzo dei modi di deformazione ottenuti a partire da una discretizzazione agli elementi finiti della sezione del guscio tubolare. Una seconda modalità, più analitica, prevede l’utilizzo di basi di funzioni ortogonali descritte in geometria intrinseca.
I modi di deformazione in parola possono essere utilizzati nel bilancio energetico per ricavare la configurazione ad energia stazionaria. Quest’ultima, fornisce la configurazione della sezione del tubo soggetto a momento flettente. Questa procedura è ripetuta per vari valori del momento flettente, in modo da ricavare un grafico adimensionale che descriva l’andamento non-lineare tra momento applicato e curvatura. Tale grafico evidenzia il punto di picco tra momento e curvatura, fornendo quale sia il punto che rappresenta il collasso da ovalizzazione della sezione. Tale grafico può anche essere utilizzato per formulare modelli non-lineari di tipo pipe monodimensionali che tengano conto della deformabilità della sezione retta.
Vengono quindi presentati diversi casi studio su tubi a sezioni di interesse pratico (circolare, quadrata e rettangolare) ma anche per elementi a sezione aperta. I risultati sono confrontati mediante simulazione agli elementi finiti in pieno dettaglio.
Nell’ambito dei sistemi industriali critici per la sicurezza (‘safety critical’) la complessità dell’architettura è crescente ed esige una piena tracciabilità del processo di progettazione, dal requisito tecnico al prodotto finale. Per decomporre tale complessità e assicurare la tracciabilità è in corso di strutturazione in molti ambiti, specialmente in quello aeronautico, la realizzazione di una piattaforma di progettazione, che implementa la metodologia del ‘Model-Based Systems Engineering’. Essa, in modo sistematico, supporta la realizzazione dei cosiddetti ‘Digital Twin’ di prodotto, attraverso una modellazione sia funzionale che numerica del sistema, decomposto nei suoi componenti.
Allo stato due elementi risultano da ottimizzare. Nell’analisi dei requisiti è necessario superare l’arbitrarietà con cui l’operatore affronta la loro redazione, rendendola il più possibile guidata e automatica. Nell’ambito dei modelli di sistema, la metodologia MBSE necessita di due livelli di approfondimento che diano in prima battuta una stima dimensionale dei componenti e, poi, consentano un’analisi di dettaglio del comportamento in esercizio, comprese le condizioni di guasto.
Il lavoro illustra, nel caso reale di un carrello aeronautico di velivolo commerciale, l’introduzione della tecnica FRET (Formal Requirement Elicitation Tool) concepita dalla NASA, per ridurre l’arbitrarietà della formulazione dipendente dall’operatore. A seguire i requisiti sono tracciati sulle funzioni del sistema e poi su modelli preliminari di dimensionamento (sizing model), che introducono alla modellazione numerica di dettaglio. Lo studio ha tre scopi: formulare e formalizzare un processo MBSE per la progettazione del sistema, implementarlo in una piattaforma industriale, assicurando l’interoperabilità dei software e validarlo su un caso industriale, per poi adottarlo permanentemente, com’è stato fatto. Tutte le azioni prefisse hanno dato esito positivo, conducendo ai tre risultati attesi. Nello specifico, i modelli di dettaglio del carello aeronautico sono stati validati sperimentalmente mentre la piattaforma industriale è stata collaudata con successo e adottata dall’industria aeronautica nazionale.
Nel settore automotive, le ruote dei veicoli rivestono un ruolo cruciale nella sicurezza complessiva del mezzo. Un malfunzionamento o una progettazione inadeguata possono compromettere non solo la stabilità e la manovrabilità del veicolo, ma anche mettere in serio pericolo l'incolumità degli occupanti, con conseguenze potenzialmente anche gravi.
Un elemento centrale nella progettazione di una ruota è la sua resistenza a fatica, ovvero la capacità di sopportare carichi ciclici ripetuti senza subire danni. Garantire una resistenza a fatica adeguata è essenziale per assicurare che la ruota possa mantenere il suo livello di sicurezza per tutta la durata del veicolo, senza compromettere la performance.
Tuttavia, la progettazione di una ruota non è limitata solo alla sicurezza: le case automobilistiche impongono, infatti, tutta una serie di requisiti aggiuntivi che devono essere soddisfatti, come la riduzione del peso, la manovrabilità del veicolo, la compatibilità con i sistemi frenanti, le coppe e le valvole, il design estetico e, non meno importante, l’impatto ambientale, come ad esempio la riduzione delle emissioni di CO2 in tutte le fasi di vita del prodotto.
La progettazione di una ruota diventa quindi un delicato processo di ottimizzazione, dove diversi fattori devono essere bilanciati tra loro. Spesso, questo processo richiede numerose iterazioni (normalmente più di 50) prima di arrivare alla soluzione ottimale. Ogni iterazione viene solitamente supportata da calcoli strutturali avanzati basati su metodi agli elementi finiti (FEM), e l’intero processo di ottimizzazione può richiedere diverse settimane.
L’obiettivo di questo lavoro è accelerare questo processo, riducendo drasticamente i tempi di sviluppo e garantendo soluzioni ottimali in pochi minuti, grazie all’impiego delle tecnologie di Deep Learning. La metodologia proposta per ottimizzare il processo di progettazione delle ruote sfrutta la potenza delle reti neurali e del Deep Learning per ridurre drasticamente i tempi di calcolo, senza compromettere l’accuratezza dei risultati. L’approccio si articola in due fasi principali: l'addestramento e la verifica.
1. Fase di Addestramento:
La prima fase prevede l’addestramento di una rete neurale, alimentata con dati provenienti dai calcoli strutturali FEM. In questa fase, i parametri dimensionali della ruota (le varie quote che definiscono la geometria della ruota) vengono utilizzati come input per la rete neurale. Gli output, invece, sono i risultati ottenuti dai calcoli FEM relativi agli stress, a cui la ruota è sottoposta.
Durante questa fase di addestramento, il modello impara a riconoscere le relazioni complesse tra i parametri geometrici e le risposte meccaniche (stress) della ruota, attraverso l’elaborazione di grandi quantità di dati. Questo processo di apprendimento permette alla rete neurale di acquisire una "comprensione" delle dinamiche strutturali della ruota, che consente di fare previsioni accurate senza dover ripetere le molteplici iterazioni di calcolo FEM.
2. Fase di Verifica:
Una volta addestrata, la rete neurale viene testata e validata attraverso un processo di verifica, dove i risultati predetti dalla rete vengono confrontati con quelli ottenuti tramite metodi FEM tradizionali. I risultati ottenuti dalla rete neurale sono confrontati per verificarne la coerenza e l’affidabilità rispetto ai dati provenienti dai calcoli FEM, con una ottima correlazione tra i due metodi.
Un vantaggio significativo di questa metodologia è che, una volta addestrato, il modello è in grado di generare previsioni in pochi minuti, anziché richiedere settimane per completare iterazioni FEM su decine o centinaia di configurazioni. La rete neurale è in grado di esplorare rapidamente lo spazio di progettazione, generando decine di migliaia di combinazioni di input e di output in tempi estremamente brevi. Questo consente una ricerca molto più efficiente della soluzione ottimale, permettendo al team di progettazione di concentrarsi su aspetti più creativi e innovativi, piuttosto che su iterazioni computazionali ripetitive.
Il lavoro non si limita alla descrizione della metodologia, ma include anche alcuni risultati basati su un'attività esplorativa che evidenziano l'efficacia del modello proposto. In particolare, verrà presentato un esempio pratico in cui la rete neurale è stata utilizzata per esplorare diverse configurazioni geometriche della ruota, ottimizzando simultaneamente le performance strutturali e riducendo i tempi di calcolo.
La velocità e la precisione del Deep Learning, quindi, non solo accelerano il processo di progettazione, ma offrono anche un enorme vantaggio competitivo. La possibilità di esplorare rapidamente diverse configurazioni e di ottenere soluzioni ottimali con una frequenza molto più alta rispetto ai metodi tradizionali consente di rispondere in modo più agile alle necessità del mercato e di ridurre il time-to-market del prodotto finale.
Gli adesivi anaerobici consentono l'incollaggio di parti metalliche sotto l'azione concomitante di un serraggio meccanico. Le applicazioni più rilevanti riguardano i giunti flangiati, gli accoppiamenti per interferenza e le connessioni filettate. Mentre la resistenza statica degli adesivi anaerobici è stata ampiamente studiata, il loro comportamento piezo-resistivo in presenza di sollecitazioni di taglio cicliche quando sottoposti ad una pressione di forzamento controllata, ha ricevuto molta meno attenzione nella letteratura tecnica.
Per colmare questa lacuna, il presente lavoro propone un semplice e affidabile provino di torsione per la caratterizzazione a fatica di giunzioni forzate meccanicamente e incollate con adesivo anaerobico. Progettato appositamente per essere fissato alla tavola vibrante di uno shaker elettrodinamico, il provino consiste in un perno conico calettato per forzamento e incollato ad un piatto mediante un apposito foro di accoppiamento. Un’estremità del perno è supportata orizzontalmente da una struttura torsionalmente cedevole, vincolata alla tavola vibrante. Una legge di moto sinusoidale, applicata alla tavola vibrante in direzione verticale, genera una coppia dinamica sullo strato incollato, proporzionale alla distanza tra il centro di massa del piatto e l’asse del perno conico. In questo modo, impostando la frequenza e l'ampiezza della vibrazione di eccitazione, è possibile generare e controllare il valore di tensione tangenziale agente sullo strato incollato.
Il lavoro si articola in tre fasi. La prima definisce le dimensioni complessive del provino e la rigidezza torsionale della struttura di supporto allo scopo di ottenere una frequenza fondamentale del provino prossima a 100 Hz. La seconda progetta la struttura di supporto che consente di raggiungere il valore di rigidezza torsionale desiderato. Infine, sono stati identificati i parametri operativi dello shaker in grado di generare una sollecitazione di taglio all’interfaccia pari al valore della sua resistenza statica, assicurando così il cedimento a fatica durante i test dinamici.
Gli Energy Harvester elettromagnetici (EMEHs) per il recupero di energia da vibrazioni ambientali sono comunemente conosciuti per le loro elevate prestazioni nella conversione di potenza e per le basse frequenze di funzionamento rispetto alle soluzioni che impiegano principi alternativi (i.e. piezoelettrici, elettrostatici). Questo lavoro riporta lo studio, la progettazione, lo sviluppo e la convalida sperimentale di un innovativo EMEH estremamente compatto, con funzionamento a bassa frequenza, basato su due molle ortoplanari impilate che sfruttano una promettente disposizione dei magneti. Il dispositivo è composto da due molle ortoplanari fissate esternamente ad un telaio rigido. Centralmente, le molle sono connesse da un perno filettato su cui è fissata una pila di magneti, avente una peculiare disposizione: la prima metà presenta una polarità magnetica diretta verticalmente in un verso, la seconda metà nel verso opposto. Una bobina in rame smaltato è avvolta in un alloggiamento dedicato solidale al telaio esterno. Questa disposizione riproduce un sistema massa-molla in cui, quando eccitato dinamicamente, la parte magnetica centrale oscilla assialmente, grazie alla cedevolezza delle molle, relativamente al telaio esterno. Il prototipo è stato quasi completamente realizzato in stampa 3d a filamento (FFF) in materiale Onyx (poliammide rinforzata in fibra corta di carbonio). La validazione sperimentale ha applicato al telaio una legge di moto sinusoidale con diverse ampiezze, esaminando un intervallo di frequenze fino a 30Hz. I risultati ottenuti mostrano una larga banda passante, da 10 a 30 Hz, e una consistente tensione e potenza elettrica in uscita dal convertitore.
I quadricicli a motore (categorie L6e/L7e) stanno acquisendo popolarità sul mercato e, sebbene vengano spesso percepiti come meno sicuri, è plausibile che sostituiscano gradualmente le automobili tradizionali negli scenari urbani.
Diventa pertanto prioritario disporre di strumenti in grado di valutare la sicurezza per gli occupanti durante questa fase di transizione, considerando che, data la carenza di dati incidentologici di dettaglio, tali valutazioni possono al momento basarsi esclusivamente su tecniche prospettiche.
Per esaminare l’influenza di differenti gradi di penetrazione dei quadricicli a motore sulla severità degli impatti, è stato impiegato un software di simulazione basato su un modello dinamico a ordine ridotto, sviluppato per simulare collisioni tra veicoli a quattro ruote. In primo luogo, impatti reali automobile-automobile estratti da un database incidentologico di dettaglio sono stati replicati così come realmente accaduti; successivamente, si è proceduto a sostituire gradualmente le proprietà di massa e rigidezza delle automobili coinvolte con valori tipici dei veicoli L6e/L7e, così da simulare vari livelli di introduzione dei quadricicli nella flotta circolante. Come indicatore sintetico della severità degli urti, e dunque del rischio di lesioni per gli occupanti, è stato adottato il ΔV.
I risultati mostrano che la transizione verso la piena penetrazione dei quadricicli risulta caratterizzata da valori di ΔV superiori rispetto a quelli attualmente osservati, evidenziando al contempo alcune criticità nei protocolli di impatto laterale impiegati nei crash test EuroNCAP su veicoli L6e.
In conclusione, la crescente diffusione dei quadricicli a motore potrebbe comportare un aumento significativo della severità degli incidenti fino al raggiungimento della piena penetrazione, mentre gli attuali protocolli di prova dei programmi di valutazione dei consumatori non appaiono rappresentativi delle reali condizioni di impatto. Ne deriva la necessità di supportare la diffusione dei veicoli L6e/L7e con nuove soluzioni progettuali volte a migliorarne la crashworthiness.
L’integrazione di sistemi di controllo avanzati nei veicoli riveste un ruolo di primaria importanza [1], con particolare attenzione agli attuatori del sistema di sterzo e di frenata [2]. Tali sistemi risultano essenziali per il miglioramento delle prestazioni dinamiche del veicolo, del comfort e della loro sicurezza. Per permettere lo sviluppo, l’ integrazione e il testing di questi sistemi in tempi ragionevoli è necessaria l’ adozione di simulazioni offline, fasi di testing al simulatore con strategie Model-in-the-loop e Hardware-in-the-loop per arrivare alle ultime fasi di testing su veicoli sperimentali [1]. La presente attività si inerisce all’interno di un processo volto a sviluppare una metodologia e una strumentazione per agevolare il processo di sperimentazione e validazione fisica di logiche di controllo basate sull’attuazione del sistema di sterzo dalle prime fasi di testing offline al testing su simulatore e infine su veicolo sperimentale. L’esigenza di tale ricerca nasce dalla limitata disponibilità di informazioni relative al funzionamento delle logiche di controllo comunemente installate su veicoli commerciali e dai vincoli imposti dai sistemi di serie, i quali non consentono libero accesso al software e quindi una gestione completa della coppia di sterzo. Infatti, nonostante la grande diffusione dei sistemi EPS su strada, in letteratura non sono accessibili fonti che descrivano nel dettaglio il funzionamento dei loro algoritmi di controllo [3].
In questo contesto il presente studio si concentra sullo sviluppo di una architettura software che replicando le performance di un attuatore EPS di serie serva da base di sviluppo per l’integrazione di nuove logiche di controllo sperimentali. I modelli sviluppati sono ideati per supportare la progettazione delle nuove funzionalità dalle sue fasi iniziali permettendo sia co-simulazioni offline fra i software Vi-CarRealTime e MATLAB Simulink sia simulazioni online di tipo mode-in-the-loop per poter condurre delle prime analisi soggettive.
Un aspetto centrale della ricerca consiste nella definizione della logica di controllo di base del sistema EPS e la struttura dei contributi di asservimento, tutti determinati da modelli numerici che limitano la presenza di mappe di calibrazione il cui utilizzo comporta onerose fasi di calibrazione. Una campagna sperimentale di acquisizione dati, condotta mediante un simulatore Hardware-in-the-Loop, ha consentito di validare le prestazioni della logica di controllo di base sviluppata.
Con l’obiettivo di guidare attivamente in condizioni di guida realistiche, sia per quanto concerne l’aspetto prestazionale che quello legato la sicurezza funzionale e l’assenza di bug, sono state selezionate una serie di prove in scenari di guida specifici. Tali sessioni di guida mirano a raccogliere dati relativi al funzionamento della logica valutare il feedback di sterzo percepito dai guidatori e ottimizzarlo tramite delle specifiche sessioni di tuning del sistema. Tali prove hanno anche l’obiettivo di identificare eventuali condizioni in cui la logica sviluppata non soddisfa le condizioni di sicurezza attese e adottare delle strategie di correzione.
[1] Winner H, Hakuli S, Lotz F and Singer C 2016 Handbook of Driver Assistance Systems (Cham: Springer International Publishing)
[2] Veneroso L, Alfatti F, Annicchiarico C and Capitani R 2023 IOP Conference Series: Materials Science and Engineering 1275 012041 ISSN 1757-8981
[3] Reiland N, Miernik C, Gerling D. Electronic power steering system – a mechatronic
model for simulative analysis of power consumption. The Journal of Engineering. 2019 6;
2019:3484–3488
Industrial truck frames are frequently subjected to random, variable loads, which demands reliable methods for predicting and extending their service life. In this study, as a precursor to broader fatigue studies, a preliminary reliability test is undertaken to characterize these stochastic conditions using strain-gauge data and spectral analysis. The goal is to capture a wide range of operational scenarios (for example, obstacle crossing, traveling with or without load) that can introduce complex and fluctuating stress patterns in the welded frame. The methodology comprised the following steps: firstly, the filtering out of static intervals with no external load; secondly, the removal of the mean from each signal; and thirdly, the organization of the data into grouped primary loading cases. The key analyses focused on computing Power Spectral Densities (PSDs) to identify frequency-based features and applying clustering techniques to explore whether a reduced set of strain gauges could adequately map the global stress response. In parallel, various spectral methods were compared to evaluate their relative effectiveness under real-life conditions, balancing accuracy with computational practicality. Despite the absence of definitive conclusions within this study, the preliminary observations underscore the significance of selecting suitable data acquisition strategies and lay the foundation for subsequent experimental validation. The findings of this study are expected to facilitate more comprehensive fatigue-life predictions and contribute to the development of safer and more cost-effective design methodologies for welded components operating under highly variable loading conditions.
In un’ottica di riduzione del peso dei manufatti, in particolare in settori industriali come l'automotive e i trasporti, si fa sempre più ricorso ai concetti di multimaterial design, in cui le prestazioni dei componenti vengono ottimizzate tramite l'impiego di materiali differenti. In questo ambito, l’utilizzo dei materiali compositi è sempre più diffuso, spesso in combinazione con i metalli. Tra le varie tipologie di materiali compositi, gli SMC (Sheet Moulding Compounds) sono ampiamente utilizzati per la realizzazione di parti che richiedono un buon compromesso tra prestazioni, costo e rapidità del processo produttivo. Tuttavia, l’unione meccanica di questi componenti con parti metalliche rappresenta un punto critico, per la ridotta resistenza dell’interfaccia tra metallo e composito.
Studi recenti [1] hanno dimostrato che la tale resistenza può essere notevolmente migliorata dalla presenza di strutture reticolari all’interfaccia, che vengono infiltrate dalle fibre del composito durante il processo di compression molding. Questo lavoro ha l'obiettivo di studiare la capacità delle fibre di infiltrare tali strutture reticolari, al variare di alcuni parametri geometrici delle strutture stesse, con l'intento di massimizzare la resistenza delle giunzioni ottenute. Verranno quindi prodotti giunti metallo-composito con differenti strutture reticolari all’interfaccia, e l'efficacia dell'infiltrazione sarà valutata sia tramite osservazioni al microscopio delle sezioni dei campioni, sia mediante l'esecuzione di test meccanici di strappo. Il risultato atteso di questo studio sarà l’identificazione dei parametri geometrici più significativi per ottimizzare la resistenza delle giunzioni, e l’incremento di resistenza ottenibile rispetto ad una giunzione tradizionale con una preparazione superficiale allo stato dell’arte.
[1] L. Raimondi, L. Tomesani, L. Donati, A. Zucchelli, Lattice material infiltration for hybrid metal-composite joints: Manufacturing and static strength, Composite Structures 269, 2021, 114069
La progettazione di veicoli di piccole dimensioni con powerunit ibride rappresenta una sfida complessa, in cui è fondamentale ottimizzare lo spazio disponibile, garantendo al contempo prestazioni e conformità ai vincoli normativi. Questo studio propone una metodologia per l’ibridizzazione di una monoposto da competizione, partendo dall’analisi dei volumi disponibili e dallo sviluppo di un’architettura powertrain compatta ed efficiente. Lo scopo di tale metodologia è quello di trovare una soluzione di compromesso, visto l’esiguo spazio disponibile in tali veicoli ed i numerosi componenti che costituiscono una powerunit ibrida, già in fase preliminare del progetto. Tali problematiche sono particolarmente rilevanti in una monoposto Formula SAE, che quindi è stata scelta come caso studio per definire e validare la metodologia proposta.
Il veicolo di riferimento è una monoposto di Formula SAE, inizialmente equipaggiata con un motore a combustione interna da 708 cm³. Il processo di ibridizzazione ha portato alla sostituzione del motore con una powerunit ibrida parallela in configurazione P0, composta da un motore monocilindrico da 480 cm³ e un motore elettrico da 30 kW. In particolare, il nuovo propulsore è stato progettato specificamente per questa applicazione sulla base del motore bicilindrico della Ducati 959 Superquadro, scelto per le sue prestazioni e per sfruttare il layout dell’architettura a V di 90°. Infatti, la testata di uno dei cilindri è stata sostituita da un motore elettrico custom, appositamente progettato per integrarsi perfettamente con il motore a combustione. Il motore elettrico è direttamente collegato all’albero motore tramite la catena di distribuzione originale, sfruttando sistemi di trasmissione già esistenti. Analogamente, il sistema di raffreddamento del motore elettrico è stato integrato con quello del motore termico, senza la necessità di circuiti di raffreddamento separati.
La progettazione della powerunit ha richiesto un’accurata analisi degli spazi disponibili all’interno del telaio della monoposto. Il volume utile è stato determinato tenendo conto delle geometrie del telaio, delle sospensioni, dell’abitacolo e delle limitazioni regolamentari, definendo un Available Limit Volume (ALV) entro cui i componenti della powerunit dovevano essere alloggiati. L’analisi ha evidenziato che il motore a combustione interna originale occupava circa il 30% del volume disponibile, suggerendo la possibilità di integrare il nuovo sistema ibrido senza alterare in modo significativo l’architettura della vettura.
Una fase importante della progettazione è stato lo sviluppo del pacco batterie. È stato realizzato un accumulatore che conta 270 celle cilindriche (18650) agli ioni di litio Sony VTC6, ottimizzato per sfruttare al meglio lo spazio disponibile e garantire un’adeguata distribuzione del peso. Il pacco batterie è stato posizionato nello spazio originariamente destinato al serbatoio del carburante, adattandosi perfettamente alle geometrie esistenti e contribuendo a mantenere il baricentro della vettura il più basso possibile. Per garantire sicurezza e affidabilità, il pacco batterie è stato alloggiato in un involucro in materiale composito di fibra di carbonio e kevlar, assicurando resistenza meccanica, isolamento elettrico e protezione dagli impatti.
Un aspetto chiave del progetto è stata l’ottimizzazione della strategia di controllo per la gestione della powerunit. Da un'analisi della letteratura sono stati identificati diversi modelli matematici che descrivono il funzionamento dei sistemi ibridi. In particolare, ci si è concentrati sul metodo numerico del Dynamic Programming (DP), basato sul principio di Bellman. Questo metodo è impiegato per risolvere problemi in cui è necessario prendere decisioni a più livelli, fornendo soluzioni ottimali indipendentemente dalla complessità del problema. Tuttavia, il Dynamic Programming è un metodo implementabile solo in ambiente di simulazione, poiché richiede preventivamente informazioni sull'intero campo di ottimizzazione. Tale metodo, pur essendo non implementabile in tempo reale a causa della necessità di dati a priori, è stato utilizzato per generare mappe di gestione dell’energia ottimizzate, migliorando la ripartizione della coppia tra il motore termico e quello elettrico in diverse condizioni operative. Queste mappe sono state poi integrate nella centralina del veicolo, permettendo una strategia di gestione dell’energia pre-calcolata che garantisce prestazioni ottimali su un dato circuito, anche se non adattabile dinamicamente in tempo reale alle variazioni delle condizioni di guida.
La metodologia sviluppata ha portato alla realizzazione di un powertrain ibrido compatto, conforme ai regolamenti di Formula Student UK e capace di mantenere le prestazioni del veicolo a combustione originale. I risultati sperimentali hanno confermato l’efficacia della progettazione, ottenendo buone prestazioni e un miglior sfruttamento dell’energia disponibile.
Abstract:
I simulatori di guida di tipo Hardware-in-the-Loop (HiL) sono validi strumenti di lavoro che permettono di supportare i tecnici durante molte delle fasi di sviluppo di una nuova vettura, assicurando efficienza e flessibilità nell’intero ciclo di vita del prodotto. Ciononostante, questi approcci non sono semplici da mettere in atto e, introducendo reali componenti all’interno della stazione di guida, introducono un elevato grado di complessità e richiedono del lavoro aggiuntivo necessario ad interfacciare i componenti reali della vettura, i componenti attivi necessari per imporre le condizioni di moto e di carico su tali componenti e infine i modelli numerici impiegati per simulare il comportamento di quanto non fisicamente installati sul banco (modello di veicolo, pneumatico, etc.) [1].
Relativamente ai componenti meccatronici della vettura presenti nel test rig, anche il solo processo di emulazione dei segnali del network della vettura, sfruttando i tipici protocolli di comunicazione automotive, è visto come una delle maggiori difficoltà pratiche. Le ragioni di ciò risiedono nel fatto che il grado di interconnessione (logica e funzionale) fra tutti i componenti della vettura è elevato e replicarlo in modo esatto all’interno del simulatore di guida è complesso; in aggiunta, non sono presenti in letteratura molte metodologie strutturate per affrontare questa attività e quelle disponibili commercialmente, oltre ad eseguire operazioni basilari e specifiche, sono intrinsecamente legate a specifici dispositivi hardware.
Infine, affrontando il tema dei componenti attivi usati per riprodurre condizioni di moto e/o carico sui componenti della vettura (impianti frenanti, sistemi di sterzo, coilover), non è banale definire il grado di interfaccia fra i comandi del guidatore, tali componenti attivi ed infine i modelli numerici; i sistemi devono infatti riprodurre condizioni del tutto analoghe a quelle sperimentate in vettura nella realtà senza alterare il funzionamento e, infine, devono garantire un’interfaccia con i modelli numerici impiegando variabili di controllo fisicamente rilevanti e robuste. Se l’interfaccia con i modelli numerici, infatti, avviene utilizzando variabili deboli si rischia che le sessioni di guida producano dei risultati non allineati a quelli misurati nelle prove sperimentali in pista, facendo venire meno tutti i presupposti con cui nascono i simulatori HiL [1, 2].
La presente attività, nel dettaglio, analizza questi aspetti nell’ambito dell’impianto frenante della vettura, presentando la remotizzazione del test rig Hardware-in-the-Loop rispetto alla stazione di guida dove siede il guidatore.
Nelle prime sezioni dell’articolo viene ripercorsa la rilevanza dell’introduzione dell’impianto frenante all’interno di un simulatore di guida in ottica di sviluppo, debug e calibrazione componente in modo anticipato ed in ambiente sicuro e ripetibile [3]. Successivamente, l’importanza e la necessità di un metodo capace di prefigurare il grado di interconnessione fra tutti i componenti inclusi nel simulatore ed i modelli numerici viene presentato ed ampiamente discusso. Dopo tali fasi, viene proposta una nuova metodologia di integrazione di tali componenti in ambiente MATLAB-Simulink e l’architettura di controllo dei componenti fisici presenti sul banco. I vantaggi strategici e di tempo permessi dalla metodologia esposta sono discussi nel dettaglio, permettendo di comprendere quanto la proposta risponda ad una reale necessità industriale. Infine, la metodologia presentata viene applicata su un caso reale e, al fine di valutare il corretto esito dell’attività, vengono eseguite alcune sessioni di guida impiegando il simulatore. L’analisi dei dati pubblicati dai componenti inclusi nel banco HiL conferma, oltre alla positività dell’esito, i vantaggi che possono essere ottenuti dall’impiego di approcci Hardware-in-the-Loop remotizzati nel campo dei simulatori di guida.
In conclusione, l’articolo oggettiva i risparmi di tempo garantiti dal metodo di integrazione proposto e con essi le implicazioni strategiche nel passaggio ad approcci Hardware-in-the-Loop.
Obiettivi:
L’attività presentata all’interno dell’articolo mira a descrivere una nuova metodologia di integrazione fra elementi reali e virtuali all’interno di simulatori di guida HiL con l’obiettivo di semplificare il processo di setup del simulatore. Nell’applicare questa metodologia, viene scelto un caso studio che coinvolge l’impianto frenante della vettura e viene presentata una nuova architettura capace di garantire la remotizzazione del test rig rispetto alla stazione di guida. La validazione della procedura, ottenuta mediante sessioni di guida, ha come obiettivo confermare la corretta funzionalità dei componenti inclusi nel banco; infine, viene analizzato l’effetto della metodologia proposta sui tempi necessari all’esecuzione di queste attività rispetto allo stato dell’arte.
Metodologia:
Prevalentemente numerica, corroborata da validazione sperimentale (componenti reali, ambiente simulato).
Riferimenti:
1. Anticaglia, Alessio, et al. "Enabling the capabilities of Hardware in the Loop for steering feel characterization on a dynamic simulator." International Munich Chassis Symposium. Berlin, Heidelberg: Springer Berlin Heidelberg, 2023.
2. Veneroso, L., et al. "Modelling, testing and validation of an innovative AEB control logic on a Hardware-in-the-loop test bench." IOP Conference Series: Materials Science and Engineering. Vol. 1275. No. 1. IOP Publishing, 2023.
3. Heydrich, Marius, et al. "Hardware-in-the-loop testing of a hybrid brake-by-wire system for electric vehicles." SAE International Journal of Vehicle Dynamics, Stability, and NVH 6.10-06-04-0031 (2022): 477-487.
Obiettivi
Questo lavoro si propone di analizzare le caratteristiche dinamiche di sistemi rotore-cuscinetti in presenza di difetti localizzati sulle piste interne ed esterne dei cuscinetti a rulli, con particolare attenzione alle applicazioni nel campo del condition based monitoring. L'obiettivo principale è avanzare lo sviluppo di un modello analitico in grado di riprodurre gli effetti dinamici legati all'interazione non-hertziana tra elementi volventi e difetti superficiali, migliorando la comprensione dei meccanismi fisici coinvolti nel contatto imperfetto.
Metodologia
È stato implementato un modello dinamico analitico non lineare per un rotore flessibile a quattro gradi di libertà supportato agli estremi da due cuscinetti flessibili. Le forze di contatto non-hertziano sviluppate a livello dei contatti corpo volvente-piste sono valutate con un approccio numerico basato su lookup tables per descrivere la relazione forza-deformazione negli elementi volventi in prossimità dei difetti. La metodologia prevede la formulazione di un modello di contatto non-hertziano che considera la geometria reale del difetto e il carico istantaneo sull'elemento volvente, che permette la creazione di una mappatura pre-calcolata delle caratteristiche di contatto in funzione della posizione relativa e del carico applicato in modo da ridurre i tempi di calcolo generalmente proibitivi.
Risultati
I risultati del modello sono quindi validati tramite indagini sperimentali effettuate su un banco prova dedicato equipaggiato con quattro cuscinetti SKF 22240 CCK/W33 strumentati a diversi livelli di carico e di entità del difetto.
Il modello dimostra una capacità predittiva superiore rispetto agli approcci hertziani classici, specialmente nella riproduzione delle componenti armoniche e sub-armoniche nello spettro di vibrazione. L'analisi in dominio frequenza rivela che la presenza di difetti sulle piste genera componenti caratteristiche con ampiezze modulate dall'entità del difetto.
Conclusioni
Lo studio conferma che l'inclusione del contatto non-hertziano è importante per una corretta modellazione della dinamica del sistema in presenza di difetti localizzati. La metodologia proposta consente di:
I risultati aprono nuove prospettive per lo sviluppo di sistemi di diagnostica predittiva basati su modelli fisici avanzati.
One of the most critical aspects of design for an analyst or designer is understanding the service loads that a system or component will experience. In a standard finite element (FE) analysis, the service load history is applied to the FE model to generate the corresponding history of stresses and strains, which are necessary for further evaluation. However, for components operating in complex environments, accurately measuring or predicting the service load history can be particularly challenging. Instrumenting a prototype with load transducers is often an expensive and time-consuming process and, most importantly, may physically alter the component, changing its mass, stiffness, and load path, causing discrepancies between the measured and actual loads. In this context, this paper presents a load identification method, enhancing the mathematics behind the load identification theory and reducing the uncertainties inherent in the standard approach, primarily due to the placement, number, and orientation of transducers, as well as the mathematical approach itself.
Il monitoraggio della salute strutturale delle macchine è un aspetto cruciale per garantirne l’affidabilità e l’operatività. In questo contesto, la conoscenza accurata del campo di spostamento e deformazione dell’intera geometria risulta fondamentale. Gli algoritmi di ricostruzione modale offrono un approccio efficace per ottenere tali informazioni a partire da misure discrete di spostamenti e deformazioni in punti strategici della struttura. Attraverso una combinazione lineare di modi opportunamente selezionati, è possibile ricostruire l’intero campo di deformazione con elevata precisione.
Un elemento chiave di questa metodologia è la scelta ottimale del numero e del tipo di modi da trattenere, poiché tale selezione incide direttamente sulla qualità della ricostruzione. Un numero insufficiente di modi può portare a una rappresentazione incompleta della deformata reale, mentre un numero eccessivo potrebbe introdurre contributi indesiderati, aumentando l’errore complessivo. Per affrontare questa problematica, si propone un algoritmo avanzato in grado di identificare e combinare in modo ottimale i modi più rappresentativi, garantendo una ricostruzione accurata e minimizzando l’errore di stima in ogni istante temporale.
A tal fine, vengono analizzate e confrontate diverse tecniche numeriche per ottimizzare la selezione dei modi, con particolare attenzione ai segnali di deformazione variabili nel tempo. L’efficacia degli algoritmi sviluppati è inizialmente verificata su segnali sintetici ottenuti da simulazioni agli elementi finiti (FEM) in regime transitorio, con carichi variabili nel tempo. Il confronto tra i segnali FEM di riferimento e quelli ricostruiti consente di valutare la precisione e l'affidabilità della metodologia proposta.
Infine, per validare ulteriormente l’approccio in condizioni sperimentali, si propone il design di un setup basato sulla tecnica di Digital Image Correlation (DIC), la quale consente di tracciare il movimento degli oggetti analizzando lo spostamento di pattern per una sequenza di immagini. Questo sistema consente di monitorare la deformata di provini sottoposti a deformazioni o carichi controllati, acquisendo misure sperimentali da elaborare tramite gli algoritmi di ricostruzione modale. L’obiettivo finale è dimostrare l’applicabilità e l’efficacia della metodologia sia in ambienti simulati che in contesti sperimentali reali, ponendo le basi per futuri sviluppi nel monitoraggio strutturale delle macchine.
In numerose attività lavorative e sportive l’avambraccio è soggetto a movimenti ripetitivi e spesso a urti dovuti a impatto a diversa velocità dell’utensile o dell’apparecchiatura impugnata con superfici di varia natura. L’azione dinamica si trasmette lungo la catena cinematica del braccio e produce danni a livello delle articolazioni, tra cui molto frequente è l’epicondilite laterale nota anche come gomito del tennista, malattia degenerativa legata all’infiammazione dei tendini che collegano i muscoli dell’avambraccio alla parte esterna del gomito (epicondilo laterale). Questo problema è particolarmente diffuso tra i maniscalchi a causa del concomitante effetto della forza impressa al martello e della rigidezza del corpo che viene colpito, che produce importanti vibrazioni che si trasmettono lungo il braccio. L'esposizione ripetuta a queste vibrazioni ad alta ampiezza genera uno stress significativo sull'apparato muscolo-scheletrico con conseguente disagio, affaticamento e lesioni a lungo termine. Questa condizione, insieme ad altri disturbi da trauma cumulativo (CTD), deriva dall'uso continuo di muscoli stabilizzatori per contrastare le oscillazioni trasmesse attraverso l'impugnatura del martello.
Obiettivi
I martelli tradizionali, progettati principalmente per la funzionalità e la durata, non considerano gli effetti di queste significative vibrazioni generate dalla rapida decelerazione della testa del martello al momento dell'impatto. Per la gravità degli effetti degenerativi, esistono tuttavia numerosi studi che affrontano la problematica sia in termini di sviluppo di impugnature ergonomiche sia in termini di mitigazione e smorzamento delle vibrazioni indotte all’impatto. Questo lavoro si propone come obiettivo la realizzazione di un’analisi comparativa preliminare delle prestazioni dinamiche di un martello tradizionale e di un martello modificato per isolare la massa battente dal manico e quindi limitare la trasmissione di vibrazioni lungo il braccio.
Metodologia
Il lavoro si avvale di una serie di acquisizioni sperimentali sul campo mediante accelerometri posizionati sui martelli tradizionale e modificato e sull’avambraccio dell’operatore professionale dai quali si ricavano condizioni di esercizio dello strumento. In aggiunta sono stati svolti esperimenti di laboratorio per valutare la funzione di risposta dei due martelli e quantificare l’effetto smorzamento del sistema di isolamento tra martello e manico. Le informazioni ricavate permettono di sviluppare il modello analitico predittivo del comportamento dei martelli e di confrontare le previsioni con le misure realizzate in esercizio.
Risultati e Conclusioni
I risultati di questa analisi preliminare evidenziano la capacità del modello analitico di cogliere correttamente le prestazioni dei due martelli e forniscono prospettive molto incoraggianti, poiché costituiscono la base per valutare ulteriori potenziali miglioramenti costruttivi e per impostare lo studio biomeccanico dell’operazione lavorativa.
Negli ultimi anni l’interesse verso l’ambito NVH e quello del comfort acustico è cresciuto significativamente, spinto dalla necessità di ridurre il rumore negli spazi abitativi, lavorativi e pubblici. L’interazione tra vibrazioni strutturali ed onde acustiche gioca un ruolo cruciale in molteplici applicazioni ingegneristiche, dalla progettazione di edifici e veicoli fino allo sviluppo di dispositivi industriali. In questo scenario è stato creato Computed Acoustic Finite Element (CAFE), un solutore open source dell’equazione di Helmholtz agli elementi finiti, il quale include un solutore strutturale ed è in grado di risolvere direttamente i problemi di interazione acustico-strutturale, utilizzando geometrie discretizzate anche esse mediante risorse open source. Il presente lavoro riguarda dunque la comprensione e l’implementazione della metodologia utilizzata per la discretizzazione del campo acustico e dell’accoppiamento tra due differenti fisiche utilizzando gli elementi finiti.
2. Metodologia
Il codice è stato creato per avere un mezzo proprietario che permettesse lo studio del campo acustico. Il punto di partenza è quindi la discretizzazione dell’equazione di Helmholtz agli elementi finiti e la successiva scrittura di diverse condizioni al contorno per il campo acustico. In particolare, è stata posta attenzione sulla scrittura delle PML (Perfectly matched layer) delle zone di dominio computazionale che permettono di simulare un campo infinito. Infine, in CAFE è stato implementato un codice, sviluppato anch’esso internamente, che permette la risoluzione del campo strutturale. L’accoppiamento agli elementi finiti ha così permesso la creazione del modulo vibro acustico.
3. Risultati
Per validare il codice è stato deciso di confrontarlo con software numerici commerciali, in particolare il caso studio prevede la simulazione della generazione di onde acustiche dovute al movimento di una struttura in un campo acustico. Sono state considerate differenti velocità della struttura, differenti fluidi così come condizioni al contorno.
Il confronto dei risultati ottenuti è stato effettuato scegliendo come variabile d’interesse la pressione acustica all’interno del condotto, la quale è stata misurata in diversi punti e confrontata con i casi benchmark. I risultati mostrano come CAFE riesca a replicare l’andamento delle pressioni ottenute dalle simulazioni condotte con software commerciali come COMSOL Multiphysics, anche utilizzando diverse condizioni al contorno, il che indica come il software possa fornire risultati affidabili.
4. Conclusioni
Tale lavoro ha permesso la comprensione dell’utilizzo degli elementi finiti per simulare il campo acustico. In particolare sono stati utilizzati diversi tipi di elementi comprendendo quale fosse il più adatto alle simulazioni condotte, inoltre diverse condizioni al contorno del campo acustico sono state implementate e validate. I promettenti risultati ottenuti evidenziano come sia possibile utilizzare CAFE per simulazioni multi-fisiche. Nel prossimo futuro il codice sarà utilizzato per studiare come il moto medio del fluido e l’eventuale la presenza di moti vorticosi possano influenzare il comportamento della struttura e la sua interazione con il fluido.
Keywords: AI-integrated method, time-frequency analysis, Statistical Process Control (SPC), Principal Component Analysis (PCA), Support Vector Machine (SVM).
Objectives: In modern automotive transmission manufacturing, increasingly stringent Noise, Vibration, and Harshness (NVH) requirements [1] demand high-precision finishing of heat-treated gears, typically achieved through grinding or honing [2]. While Statistical Process Control (SPC) methods are commonly used to adjust process parameters based on component measurements, they fail to capture transient phenomena that can still compromise final product quality. Predicting the quality of finished components from real-time process data is an open research challenge [3], [4]. The aim of the present work is to propose a predictive AI-integrated method for gear quality assessment, leveraging vibration signal analysis.
Methodology: The method is based on continuous data acquisition via sensors installed on machine tools, integrated with SPC and involves time-frequency analysis of signals acquired via accelerometers. The proposed methodology extends the approach introduced in [5], where Principal Component Analysis (PCA) and a Support Vector Machine (SVM) model were used for bearing fault diagnosis through vibration spectrogram analysis. In this work, the principal components (eigen-spectrograms) are used to identify different machine operating conditions, providing a simplified representation of the initial dataset. These components were then used to train the SVM classification model to detect gear tooth defects.
Results: The model was trained and tested on an experimental dataset collected during machining, categorizing samples into three quality classes. The results demonstrate that the proposed method can accurately and efficiently distinguish between different quality levels, confirming previous findings on the reliability of vibration-based monitoring in grinding processes [3].
Conclusions: Findings suggest that the proposed model is suitable for industrial implementation in in-process monitoring. Furthermore, experimental evidence indicates that the non-stationary phenomena identified through principal component analysis are responsible for surface waviness on gear flanks, which in turn leads to unacceptable vibrations during transmission operation [2]. These results align with existing studies on grinding process dynamics and expand on previous methodologies for data-driven condition monitoring [5].
[1] K. Genuit, B. Schulte-Fortkamp, A. Fiebig, and M. Haverkamp, “Bewertung von Fahrzeuggeräuschen,” Sound-Engineering im Automobilbereich, pp. 109–181, 2010, doi: 10.1007/978-3-642-01415-4_4..
[2] B. Karpuschewski, H. J. Knoche, and M. Hipke, ‘Gear finishing by abrasive processes’, CIRP Annals, vol. 57, no. 2, pp. 621–640, Jan. 2008, doi: 10.1016/J.CIRP.2008.09.002.
[3] B. Karpuschewski and I. Inasaki, ‘Monitoring Systems for Grinding Processes’, Condition Monitoring and Control for Intelligent Manufacturing, pp. 83–107, Aug. 2006, doi: 10.1007/1-84628-269-1_4.
[4] K. Wegener, F. Bleicher, P. Krajnik, H. W. Hoffmeister, and C. Brecher, ‘Recent developments in grinding machines’, CIRP Annals, vol. 66, no. 2, pp. 779–802, Jan. 2017, doi: 10.1016/J.CIRP.2017.05.006.
[5] E. Brusa, C. Delprete, and L. G. Di Maggio, ‘Eigen-spectrograms: An interpretable feature space for bearing fault diagnosis based on artificial intelligence and image processing’, Mechanics of Advanced Materials and Structures, vol. 30, no. 22, pp. 4639–4651, Nov. 2023, doi: 10.1080/15376494.2022.2102274.
I biocompositi a matrice polimerica e fibre naturali stanno emergendo come materiali di grande interesse grazie alla loro versatilità applicativa e al potenziale ruolo di alternativa sostenibile ai compositi tradizionali. Tuttavia, tali biocompositi presentano alcune limitazioni, tra cui l'elevato assorbimento di umidità e la scarsa adesione fibra-matrice, che compromettono l’efficace trasferimento dello stress all’interfaccia. L'incorporazione di nanomateriali rappresenta una strategia promettente per mitigare tali problematiche, grazie alla loro elevata superficie specifica, che consente di migliorare la tenacità della matrice e rafforzare l'adesione all’interfaccia fibra-matrice. In questo studio sono state condotte prove sperimentali per valutare l'effetto di diverse tipologie di nanoparticelle sulle proprietà meccaniche di biocompositi in fibra naturale. In particolare, sono state analizzate variazioni di rigidezza, resistenza, allungamento a rottura, tenacità a frattura e resistenza all'usura al variare della frazione volumetrica delle nanoparticelle. Inoltre, è stato studiato l'effetto dell'invecchiamento indotto da raggi UV e umidità sulle proprietà meccaniche a trazione, al fine di valutare la durabilità dei materiali in condizioni operative reali. I risultati ottenuti offrono un importante contributo all'ottimizzazione dei biocompositi tramite la dispersione di nanoparticelle, mettendone in evidenza punti di forza e criticità e ampliandone così le potenziali applicazioni industriali.
L’attività di ricerca qui presentata propone un approccio semi-numerico per simulare il comportamento meccanico e i campi di tensioni in componenti in materiale composito, prodotti mediante deposizione di filamenti continui di fibra e matrice polimerica. L'approccio considera la morfologia del componente alla mesoscala, caratteristica della tecnologia di produzione basata su filamenti, e che differenzia il componente da quelli ottenuti con processi come la laminazione di tessuti pre-impregnati. I punti chiave dell'approccio sono:
• Rivolto alla ottimizzazione topologica: tiene conto delle traiettorie di deposizione non rettilinee e dei gradienti locali di frazione di rinforzo.
• Efficienza: utilizza discretizzazioni numeriche (mesh) non conformi alla geometria dei rinforzi, semplificandone la creazione rispetto a mesh conformi.
• Proprietà elastiche: le traiettorie dei filamenti rinforzati vengono sovra-imposte agli elementi della mesh, che vengono localmente aggregati e ricevono proprietà elastiche calcolate con un metodo derivato dal modello di Mori-Tanaka.
• Stima analitica delle tensioni alla mesoscala: consente una stima analitica delle tensioni nel filamento rinforzato, nel quadro di un approccio multi-scala.
L’approccio è stato validato sperimentalmente su componenti reali, confrontando le previsioni del modello con le misurazioni del campo di spostamento e di deformazione ottenuti mediante la tecnica della correlazione di immagini (Digital Image Correlation, DIC) e analizzando le superfici di frattura.
In conclusione, la buona concordanza tra i risultati sperimentali e le previsioni del modello rende l’approccio uno strumento promettente per valutare il comportamento meccanico dei componenti prodotti con questa tecnologia, potenzialmente implementabile anche in algoritmi di ottimizzazione topologica per la pianificazione dei percorsi delle fibre.
Building on the work presented in [1], this study extends a fast stress retrieval method to long-fiber angle-ply laminates subjected to constant bending and torque moments. The fiber/matrix interface stress state is efficiently estimated using global deformation data obtained from a finite element analysis performed on a coarse model, potentially employing a homogenized material. Radial basis functions (RBF) are utilized to bridge the macroscale and microscale, enabling the extraction of appropriate boundary conditions at the representative volume element (RVE) level. A collocation-based Kansa method, also leveraging RBF, is then applied to a carefully selected set of points to determine the local stress distribution. The accuracy of the proposed approach is assessed by comparing its results with high-fidelity FEM sub-modeling.
[1] Chiappa, A., Groth, C., & Biancolini, M. E. (2023). A two-scale RBF meshless method for the interface stress retrieval in simply bended and torqued long-fibres laminates. Composite Structures, 306, 116600.
Co-cured composite joints are highly prone to debonding and delamination due to the low through-thickness strength of layered composites and the high peel and shear stresses arising at the edges of the bonded interface. Several toughening strategies have been proposed to improve their fracture toughness. Among them, z-pinning, which consists of inserting thin fibrous or metal rods through the thickness of the uncured material, resists delamination growth by forming a crack bridging zone in the wake of the crack front. Compared to conventional z-pins, staple-like (i.e., U-shaped) pins may provide additional load transfer paths between the adherends and further reduce stress concentrations at joint edges. Thus, this study assesses the effect of conventional and U-shaped z-pins on the ultimate tensile strength and the damage response of stepped-lap joints.
To this purpose, single-step lap joints with a cross-ply sequence were reinforced using stainless-steel z-pins inserted near the overlap edges and then tested under tensile loads. Experimental results reveal that the onset and growth of delamination at the joint interface govern the ultimate failure of unpinned and pinned joints. In order to further investigate the z-pin toughening mechanisms, an FE model of unpinned and pinned joints was developed using cohesive damage laws to account for both joint and pin-laminate debonding. Numerical results show good agreement with experimental observations in terms of ultimate strength, force-strain curves, and debonding-crack growth. The proposed model correctly predicts the beneficial effect of through-thickness z-pins on the static strength of the joints and their damage tolerance, demonstrating that z-pins do not delay the occurrence of delamination but resist its propagation by reducing the energy available at the crack front.
The damage tolerance approach enables the design of lightweight composite structures, provided that damage progression remains controlled throughout their operational life. However, the fatigue-driven growth of delaminations resulting from low-velocity impact (LVI) remains poorly understood. The prevailing no-growth design philosophy assumes that delaminations in the high-cycle fatigue regime exhibit an extended plateau phase with negligible propagation. However, recent findings suggest that this plateau phase may stem from the limitations of conventional non-destructive evaluation (NDE) techniques, rather than an actual absence of damage evolution. In particular, C-SCAN ultrasonic inspections, commonly employed for damage assessment, may fail to detect internal delaminations encapsulated within outer ones due to the shadowing effect, potentially leading to an underestimation of fatigue-driven damage progression. This raises concerns about the reliability of traditional inspection methods for monitoring damage in critical composite structures.
As part of the TU-LEARN (Structural Life Extension Enhanced by Artificial Intelligence) project, funded by Unione Europea – Next Generation EU under the PRIN 2022 PNRR – D.D. n. 1409 del 14-09-2022 program, this study aims to enhance the understanding of LVI damage propagation mechanisms under fatigue loading. An experimental campaign was conducted on Carbon Fibre Reinforced Polymer (CFRP) coupons with a [(45,-45,90,0)]₂s stacking sequence, representative of aerospace-grade laminates. The methodology involved LVI tests following the ASTM D7136 standard, performed at an impact energy of 15 J using a 4.567 kg drop mass to induce a representative damage state. The post-impact behavior was assessed through compression after impact (CAI) fatigue tests, in accordance with the ASTM D7137 standard, under compressive-compressive cyclic loading with a stress ratio R = 0.1 and frequency f = 4 Hz.
To monitor damage progression at multiple fatigue stages, an ultrasonic guided wave (UGW)-based Structural Health Monitoring (SHM) system was integrated, complementing conventional C-SCAN inspections. This multi-sensor approach enabled a more detailed assessment of delamination growth, highlighting potential limitations in the conventional no-growth assumption. The UGW-SHM system demonstrated the capability to track internal damage progression, even in regions where C-SCAN proved insufficient.
The findings underscore the need for advanced NDE techniques to ensure a more reliable assessment of fatigue-driven damage evolution in composite structures. The integration of UGW-based SHM enhances the detection capabilities beyond traditional ultrasonic inspections, offering a more comprehensive evaluation of internal damage progression. These results contribute to refining damage tolerance strategies and improving predictive maintenance frameworks for aerospace and other safety-critical applications.
In questo lavoro vengono presentati i risultati del progetto DECARBON, scalability grant nell’ambito del Centro nazionale per la Mobilità Sostenibile (MOST).
I materiali compositi rinforzati con fibre di carbonio (CFRP) sono candidati eccellenti per la progettazione di componenti automobilistici leggeri. Le attuali tecnologie di produzione si basano sullo stampaggio in autoclave o sulla formatura a caldo di polimeri termoindurenti o termoplastici rinforzati con fibre di carbonio continue. Stanno però emergendo nuove tecnologie per il riciclo delle fibre di carbonio, un processo che richiede un consumo energetico e un’emissione di CO₂ significativamente inferiori rispetto alla produzione del materiale vergine. Tuttavia, l’adozione di queste alternative più sostenibili è ancora poco diffusa in ambito industriale, a causa della mancanza di metodi di lavorazione efficaci, conoscenze sui materiali e strumenti di progettazione. Il progetto mira a colmare queste lacune attraverso la caratterizzazione del comportamento meccanico di compositi riciclati sostenibili, per finire con la realizzazione e test di un dimostratore di cofano automobilistico conforme ai requisiti di impatto con i pedoni.
Finanziato dall'Unione europea – NextGenerationEU (Centro Nazionale Mobilità Sostenibile, CN00000023, Decreto MUR n. 1033 - 17/06/2022, SPOKE 11 Materiali Innovativi & Alleggerimento). I punti di vista e le opinioni espresse sono tuttavia solo quelli degli autori e non riflettono necessariamente quelli dell'Unione europea o della Commissione europea. Né l'Unione europea né la Commissione europea possono essere ritenute responsabili per essi.
The agricultural sector is at the centre of an authentical technological revolution. In this context, digitalization is increasingly playing a predominant role in this sector. Indeed, progressively more vehicles and machineries are equipped with IoT devices with the aim to optimize the entire agricultural process within which the machinery is involved according to precision farming principles. From this perspective the use of autonomous driving rover can represent one of the best solutions that best resumes the aforementioned technological trend. Furthermore, agricultural rovers can be the remedy to contrast the decline of agricultural workers ensuring, at the same time, the growing food demand. This work focused on studying the dynamic behaviour of a wheeled agricultural rover, used in orchards or vineyards applications. For this purpose, a model of agricultural rover was developed using a multibody software. In particular, the study aims to compare the behaviour of the same rover equipped with three different kinds of steering system: Ackermann steering, Differential Wheel-Drive steering and Independent Steering. First the parametric model of the rover, used to carry on the simulations, is presented. Then, the three different steering systems and how them are implemented within the model are described. At the end of the analysis, the best system from a dynamic point of view is defined by observing variations in forces and trajectory deviations with respect to a reference path during operations.
Most of the railway lines in European countries are electrified, which makes railway transportation more eco-friendly when compared to road transportation. Nonetheless, while increasing running speeds and hauled loads could improve the attractiveness and competitiveness of the railway system for freight transportation, this brings several con-cerns in terms of running safety. It is well known from the literature that due to the delays in the air brake system, longitudinal compressive forces (LCFs) are generated between consecutive vehicles during braking operations, with possible generation of lateral force components that increase the risk of derailment during curve negotiation.
The IRS40421 [1] defines a statistical method to assess the safety of new freight trains based on the values of LCFs, which can be obtained from longitudinal train dynamics (LTD) simulations. The latter consider a train as a system of lumped masses, each one with a single degree of freedom (DOF) along the track curvilinear abscissa. On the other hand, the EN14363 standard [2] defines different safety indexes that derive from the lat-eral and vertical wheel-rail contact forces, which can be calculated from multibody (MB) simulations of individual vehicles/small groups of vehicles.
The objective of the present paper is to assess the running safety of trains during air brake operations on curved track sections with the two methods, comparing the results and investigating whether the IRS40421 is indeed more conservative.
To achieve the objectives of the work, a computational framework is built to simulate the running dynamics during stop braking operations characterized by a high derailment risk. All simulations consider a reference train with a head locomotive trailing 40 wagons. In the train composition, all wagons have the same length (18 m) and axle-load (22.5 ton), except for the 3 wagons in the middle. The axle-load of the wagons in the middle trio are changed so that the middle wagon is always the lightest in the composition: on this light wagon, the highest derailment risk occurs. The main simulation parameters are sampled via a Latin hypercube sampling (LHS), to test a wide range of possible configuration of the space of the input parameters.
For each configuration, a preliminary LTD simulation is run using a dedicated ver-sion of the TrainDy code developed at the Tor Vergata University, which is the reference code approved by the UIC for the LTD calculation with classic air brake system. The out-puts of the TrainDy LTD simulation include the position and speed evolution of each wagon in the train as well as the values of the in-train forces. Therefore, with these values, it is possible to calculate the LCFs and compare them with the permissible values, thus assessing the running safety according to the prescriptions of the IRS 40421.
After running the TrainDy simulation, for each configuration, an MB simulation is run for the wagons in the central trio. The MB model of the wagon trio is built starting from a well-established model of the Y25 bogie, developed by the railway research group from Politecnico di Torino in past activities and implemented in SIMPACK. The results of each MB simulation include the safety indexes defined by the EN14363 standard on all wheels of the middle wagon of the trio. These include the derailment ratio, the unloading ratio and the sum of the guiding forces. Therefore, it is possible to compare these values against the limits defined in the EN14363 standard and identify the running safety of the middle wagon with higher accuracy, based on the values of the wheel-rail contact forces.
The results obtained for all input configurations are grouped into the following main categories, where Positive/Negative means that the train is considered safe/unsafe and the first word is for the IRS4041, while the second refers to the EN14363:
1. Positive-Positive.
2. Positive-Negative.
3. Negative-Positive.
4. Negative-Negative.
The results show that in most cases, the two methods are in good agreement (either condition 1 or 4 is obtained), while the number of discrepancies is limited. Please note that condition 2 is the most undesirable, as the method in the IRS40421 is conceived to be more conservative with respect to EN14363.
Work is still needed to investigate whether the criteria of IRS40421 should be modi-fied to ensure higher safety levels, as cases falling into category 2 are undesired.
References
1. IRS 40421:2021. Rules for the consist and braking of international freight trains: new IRS 40421.
2. EN 14363:2016. Railway applications - Testing and Simulation for the acceptance of running characteristics of railway vehicles - Running Behaviour and stationary tests.
Keywords: twin-disc; wear; tread braking; wheel-rail contact; railways; similitude model.
1. Objective
The wheel-rail contact represents the most critical aspect for the safe and reliable operation of railway vehicles. In particular, the wear process, caused by the rail-wheel interaction, modifies their profiles, negatively impacting the running performances and safety of the vehicle. For this reason, it is crucial to characterise accurately the tribological properties of steels commonly used in the railway industry. These investigations are usually performed using tribometers, such as “pin on disc”, “ball on disc” or “twin-disc” tribometers. To tackle this problem, the Politecnico di Torino railway research group designed an innovative scaled twin-disc test rig, capable of simulating faithfully the full-scale scenario, thanks to the Pascal’s similitude model adopted. As an upgrade to the initial design, a tread braking system was subsequently conceived, along with a novel similitude model, capable of replicating the thermal behaviour of brake blocks. The objective of this paper is to describe in detail the design of the bench and its final configuration, with great focus on the specifications, characteristics and capabilities of the new twin-disc rig.
2. Methods
The original configuration of the bench was designed using Pascal’s similitude model, which ensures that the contact pressure at the wheel-rail interface is the same in both scaled and full-scale systems. As a further novelty, the discs are shaped to the actual rail and wheel profiles, with an additional correction on the rail profile to compensate for the non-zero curvature in longitudinal direction, thus ensuring the proper scaling of the contact patch.
The discs of novel test bench are independently powered by brushless motors, to run tests at different angular speeds and creep levels. The normal load, which presses the discs against each other, is adjusted through a system of compressed helical springs, whose stiffness keeps the pressure constant throughout the tests. The bench can replicate the contact occurring during common conditions of both freight and passenger wagons. The quantity of material removed due to wear is measured trough a laser system. This measurement is then used to tune wear coefficients for different wear laws.
As an improvement to this initial configuration, a tread braking system that can be installed on the twin-disc test bench was designed. As the bench was originally conceived to investigate wear, following Pascal’s similitude model, the adaptation also required the definition of a different scaling rule for investigating thermal phenomena. Therefore, an ad-hoc thermal scaling rule was derived, through the identification of a set of non-dimensional numbers from the thermal equations. The thermal similitude model was validated with finite elements models of the shoe and wheel, thus confirming that it is possible to obtain the same temperature field in the full-scale and scaled systems. Whilst the thermal scaling rule is suited for drag braking operations, it cannot be extended to stop braking operations, as it would clash with the existing limits imposed by Pascal’s scaling strategy.
Based on the derived drag braking thermal scaling rule, the main components of the scaled tread braking system were designed. The brake blocks, made of materials commonly used in the railway industry, are pressed against the wheel disc by pneumatic cylinders, strong enough to perform both 1Bg and 2Bg test configurations. Design choices such as the drilling of slotted holes and the use of a self-aligning ball-bearing allow the brake block to adapt to the profile of the wheel. Furthermore, a cooling system based on air fans and a nozzle was conceived, to adjust the air flow speed and hence properly scale the convection coefficient.
3. Results
The design activity led to the construction of a novel twin-disc test rig, capable of performing both wear and tread braking experiments. For both types of tests, a dedicated similitude model is implemented, and this allows to relate the test results to the full-scale counterparts.
4. Conclusions
The bench is currently being used for preliminary tests and calibrations. Future developments of the activity will deal with the identification of a non-linear correlation between the data obtained from experimental tests, run with Pascal’s similitude model, and finite element models of stop braking operations.
Le attività alpinistiche ed i lavori in sospensione su corda, sempre più diffusi nell'ambito dell'edilizia, sono intrinsecamente affetti da pericoli oggettivi. Il Centro Studi Materiali e Tecniche (CSMT) del Club Alpino Italiano (CAI) da parecchi decenni ha dato un contributo significativo e riconosciuto a livello internazionale nel miglioramento della sicurezza nello svolgimenti di tali attività.
Una delle manovre fondamentali più comuni è quella rappresentata dalla discesa su di una corda. Molto spesso si realizza nella cosiddetta discesa in corda doppia: essa consiste nella discesa controllata su due rami paralleli di corda fissati ad un ancoraggio. Nel caso di discese molto lunghe che possono arrivare anche a parecchie centinaia di metri la manovra viene ripetuta numerose volte: le corde infatti hanno generalmente una lunghezza molto inferiore, alcune decine di metri. Nelle fasi di passaggio da un tratto, o lunghezza, di corda al successivo si presentano situazioni di potenziale pericolo che sono infatti causa di incidenti, purtroppo anche mortali.
Il lavoro vuole presentare lo sviluppo di un dispositivo originale avente lo scopo di aiutare gli alpinisti ad evitare alcuni potenziali errori che si possono commettere in tali situazioni. Il dispositivo proposto deve soddisfare parecchi requisiti di progetto: deve risultare molto leggero (il materiale di sicurezza che normalmente ci si porta dietro può già essere di parecchi chilogrammi), di semplice utilizzo, abbastanza economico (per promuoverne la diffusione trattandosi di un accessorio utile ma non essenziale né di uso frequente) ed eventualmente compatibile con altro materiale già in dotazione (moschettoni, freni, etc.).
Per questi motivi il dispositivo che sarà descritto è proposto come componente stampabile con una comune stampante 3D con tecnologia ad estrusione di filamento (FFF o FDM) facilmente disponibile a costi veramente accessibili.
Il lavoro illustrerà le fasi di sviluppo e progettazione del componente, nonché le verifiche di funzionalità del prototipo realizzato e sperimentato.
The transition towards Nearly Zero Energy Buildings (NZEB) is a fundamental objective aligned with European Union sustainability goals, necessitating the integration of bio-inspired and fully recyclable materials in lightweight, energy-efficient construction elements. Traditional construction materials often suffer from high embodied energy, with concrete and steel contributing nearly 39% of global CO2 emissions from building operations and construction.
Objectives
To bridge this gap, our work pioneers the use of fully recycled wood-based inks for 3D printing architected metamaterials, providing a sustainable alternative to conventional wood and polymer-based composites. By harnessing the principles of bio-inspiration and additive manufacturing, we achieve over 90% material efficiency with minimal waste, contributing to the advancement of NZEB goals.
Methods
Herein, we present an innovative approach to three-dimensional (3D) printing of bone-inspired metamaterials using a fully recycled wood-based ink. Traditional wood processing methods rely on subtractive manufacturing, leading to material losses of up to 30%. In contrast, our work harnesses a water-based direct ink writing (DIW) technique that reconstitutes waste wood into a printable ink composed of cellulose nanocrystals (CNCs), cellulose nanofibrils (CNFs), and lignin—closely mimicking the natural hierarchical structuring of wood. By leveraging this approach, we fabricate architected, damage-tolerant bio-inspired metamaterials with tunable mechanical properties, designed to emulate the multi-scale organization of bone. The metamaterial design is bone-inspired due to bone’s unique hierarchical architecture, which provides an optimal balance of strength, toughness, and lightweight characteristics. Bone achieves its remarkable mechanical efficiency through a multi-scale structure composed of a dense outer cortical layer and an inner trabecular network that enhances energy absorption and damage tolerance. Mimicking these features, our printed metamaterials integrate a combination of high-density and porous regions, optimizing mechanical resilience and load-bearing capacity. Furthermore, the alignment of cellulose nanofibrils within the printed structure replicates the anisotropic properties of bone, ensuring enhanced mechanical response under various loading conditions.
Results
Our process involves a combination of freeze-drying and controlled heat treatment to densify the printed structures and enhance their mechanical performance. The printed metamaterials exhibit a compressive strength of up to 31 MPa, and shape fidelity within 95% accuracy assessed via synchrotron imaging. The combination of CNCs and CNFs provides the structural framework, while lignin acts as a natural binder, ensuring the stability and cohesion of the printed parts, as demonstrated via synchrotron-based image-guided failure assessment analyses. In-depth mechanical characterization through image-guided mechanical analysis reveals that the printed metamaterials exhibit enhanced stiffness, toughness, and energy dissipation capabilities compared to conventionally processed wood-based composites. The microstructural analysis using scanning electron microscopy (SEM) and synchrotron imaging further elucidates the internal morphology and crystallinity of the printed structures, confirming their similarity to both natural wood and bone in terms of structural anisotropy and load-bearing capacity. To further ensure structural stability, numerical analyses, including finite element modeling (FEM), are conducted to evaluate load distribution, deformation behavior, and failure mechanisms of the metamaterial designs under various loading conditions.
Conclusion
The ability to 3D print complex, hierarchical architectures with enhanced mechanical resilience and reduced waste generation offers a promising pathway for next-generation green buildings and bio-inspired engineering solutions. Our findings highlight the potential for bio-based additive manufacturing to transform material utilization in both biomedical and structural applications, reinforcing the critical role of biomimicry in sustainable engineering. This work paves the way for the scalable production of high-performance bio-inspired materials, enabling new possibilities in sustainable design and functional material development.
Architected materials represent a transformative advancement in material science, offering unprecedented control over mechanical properties by tailoring structural topology. These materials are poised to revolutionize industries where lightweight, high-strength, and damage-tolerant materials are essential, including aerospace, biomedical implants, and mechanical metamaterials. However, a persistent challenge in their design is the trade-off between strength and ductility, where enhancing one property often compromises the other. Addressing this issue is critical to unlocking new frontiers in engineering materials capable of withstanding extreme conditions while maintaining structural integrity. Nature offers a blueprint for overcoming these limitations through hierarchical structuring and controlled deformation mechanisms. In particular, twinning mechanisms, which are well-documented in metallic and mineral structures, provide an effective way to enhance ductility while delaying catastrophic failure. In natural materials such as α-Ti, brass, and even some crystalline biominerals, twin boundaries act as stress redistribution pathways, enabling greater deformation tolerance and energy dissipation under load.
Objectives
Inspired by these natural strategies, this study presents an integrated approach combining boundary twinning (TB) and topology optimization to simultaneously enhance strength and ductility in architected materials. By leveraging these mechanisms, we aim to bridge the gap between brittleness and mechanical resilience, paving the way for materials with superior energy absorption and failure resistance. The integration of these bio-inspired principles can lead to the development of novel structural solutions capable of withstanding impact, fatigue, and extreme environmental conditions while maintaining high performance over time.
Methods
Three lattice configurations were investigated: (i) a baseline FCC strut-based lattice, (ii) a twinned variant introducing mirror-symmetric unit cell arrangements to redistribute stress, and (iii) an optimized version incorporating topology optimization to minimize peak stresses within struts. Finite element analysis (FEA) simulations were conducted alongside experimental validation through uniaxial compression tests on 3D-printed specimens (40 × 40 × 40 mm), fabricated from photopolymer resin via digital light processing (DLP). Digital Image Correlation (DIC) was employed to obtain full-field strain distributions, providing a detailed characterization of local deformation patterns, stress redistributions, and failure mechanisms.
Results
Results indicate that twinning enhances ductility by approximately 15% through stress delocalization and the formation of symmetric shear bands yet does not significantly alter ultimate strength. The optimized lattice, incorporating both TBs and topology-driven modifications, exhibits an 89% increase in deformation capacity and a 60% improvement in peak load capacity compared to the baseline. Furthermore, energy absorption was improved by over 75%, as evidenced by the integrated area under the stress-strain curves obtained from both numerical simulations and experimental testing. This increase in energy absorption is particularly relevant for applications that require impact resistance and fatigue tolerance, such as protective gear, crash-resistant automotive components, and high-performance aerospace materials.
FEA simulations predict failure modes with high accuracy but underestimate the role of self-contact interactions in large-strain deformation. Computationally, topology optimization led to a redistribution of material in high-stress regions, reducing peak stress by approximately 30%, as confirmed by von Mises stress maps. The transition from stretching-dominated to bending-dominated deformation in the optimized lattice was further validated using modal analysis, revealing an increase in first-mode buckling resistance by a factor of 2.1. These results suggest that such architected materials can not only sustain higher loads but also maintain structural integrity over extended loading cycles, a key requirement for materials intended for long-term structural applications.
Conclusion
The findings demonstrate that combining twinning and topology optimization effectively shifts the failure mechanism from stretching-dominated to bending-dominated behavior, thereby improving energy absorption, mechanical resilience, and overall damage tolerance. This research highlights a scalable, bio-inspired design approach for architected materials, with far-reaching implications for the next generation of lightweight, damage-tolerant materials in structural and biomedical applications. Beyond their use in aerospace and mechanical components, the implications of this research extend to regenerative medicine, where architected scaffolds with tailored mechanical properties could improve bone regeneration and tissue integration.
Le tecnologie di Additive Manufacturing (AM) hanno compiuto significativi progressi, in particolare il Large Format Additive Manufacturing (LFAM), che sta attirando attenzione per la possibilità di realizzare componenti di grandi dimensioni e con geometrie complesse. Sebbene esistano alcuni studi sulla funzionalizzazione di parti AM prodotte tramite Fused Filament Fabrication (FFF) ed utilizzando la tecnologia Cold Spray (CS) per la deposizione di un rivestimento metallico, essi si sono concentrati su applicazioni di piccole dimensioni. Tali studi non hanno ancora esplorato appieno il potenziale della tecnologia CS per la funzionalizzazione di parti di maggiori dimensioni realizzate con polimeri di utilizzo comune, come il policarbonato rinforzato con fibra di carbonio (CFR-PC). Questo studio mira a colmare questa lacuna sviluppando un approccio ibrido LFAM che utilizza la tecnologia FGF per produrre substrati in CFR-PC e la tecnologia CS per applicare un rivestimento metallico, nello specifico alluminio.
Questo approccio sfrutta la libertà nel design delle parti offerta dal FGF per la produzione di componenti polimerici complessi, combinandola con l’abilità unica del CS di legare materiali dissimili, come alluminio e CFR-PC, senza sottoporre il polimero a temperature elevate che potrebbero causarne la fusione o degradazione .
La metodologia sperimentale utilizza due sistemi robotici: uno per il FGF, per la fabbricazione del substrato polimerico composito, e uno per il CS, per l’applicazione del rivestimento metallico. Il CFR-PC è stato selezionato essendo un polimero ad alte prestazioni comunemente utilizzato nel FGF, capace di offrire un bilanciamento ottimale tra proprietà meccaniche, termiche e di facilità di lavorazione. L'alluminio è stato inizialmente scelto per la sua morbidezza, caratteristica cruciale per evitare danni al substrato in PC durante la deposizione. Lo strato di alluminio funzionalizza il substrato in CFR-PC, migliorandone sia le proprietà meccaniche, come resistenza e durezza, che la conduttività termica ed elettrica. Sebbene nei primi test sia stato utilizzato alluminio puro, futuri sviluppi si concentreranno sulla deposizione di leghe di alluminio con proprietà superiori sopra il primo strato di alluminio puro già depositato.
I test preliminari dimostrano che il CS consente la creazione di uno strato metallico durevole ed efficacemente legato, preservando l’integrità del substrato polimerico. I risultati confermano il successo della deposizione dell’alluminio sul substrato in CFR-PC, con il rivestimento metallico che si lega efficacemente al materiale composito. Gli sforzi attuali si concentrano sulla produzione di campioni per la caratterizzazione delle proprietà dei materiali ibridi ottenuti.
Questa ricerca fonda le basi per una tecnica ibrida LFAM che combina la libertà progettuale del FGF con la capacità del CS di legare materiali dissimili senza causare degradazione termica. Questo approccio apre la strada alla produzione di componenti LFAM compositi-metallici ad alte prestazioni per applicazioni avanzate.
Additive manufacturing offers an exceptional opportunity to create complex geometries, enabling the production of lightweight components through cellular solids, which are not feasible with traditional manufacturing methods. Among these cellular solids, triply periodic minimal surfaces (TPMS) have garnered significant attention due to their unique properties. TPMS are intricate, three-dimensional structures that repeat periodically in all directions and possess zero mean curvature, meaning they locally minimize surface area. These structures effectively distribute stress and exhibit excellent mechanical properties. Their periodic nature reduces stress concentrations, thereby enhancing strength-to-weight ratios and improving energy absorption and resilience under load. This leads to controlled deformation, which boosts performance and material efficiency. This research aims to develop a comprehensive framework for predicting the elastic properties of Triply Periodic Minimal Surface (TPMS) structures using homogenization techniques and Artificial Neural Networks (ANN).
The study begins with the construction of various cells starting from four fundamental TPMS structures, namely Primitive, Gyroid, Diamond, and I-WP. The new cells are generated as linear combinations of the mathematical equations defining the four fundamental TPMS.
Each cell is then subjected to Finite Element Analysis (FEA) to determine its elastic properties. This involves creating detailed models of the cells and simulating their behavior under different loading conditions to calculate the equivalent compliance matrix. A Python script dialoguing with NTop software is developed to automate the data collection process. This script runs multiple simulations, varying parameters such as cell size and material properties, to generate a comprehensive dataset. The collected data is then used to train a linear Artificial Neural Network (ANN). The ANN is designed to predict the coefficients of the compliance matrix of TPMS structures based on the equation parameters. The network is trained using a portion of the dataset and validated using the remaining data to ensure accuracy and reliability.
The results demonstrate that the ANN can accurately predict the elastic properties of TPMS structures with high precision. The trained network shows excellent agreement with the FEA results, indicating that the proposed method is both efficient and reliable. Key findings include high accuracy, with the ANN predictions closely matching the FEA results, minimal error margins, and significant reduction in computational time required for predicting elastic properties compared to traditional FEA methods. The framework is applicable to various TPMS structures, demonstrating its potential for widespread use in engineering applications.
The study successfully develops a robust framework for predicting the elastic properties of TPMS structures using homogenization and ANN. The proposed method offers significant advantages in terms of accuracy, efficiency, and versatility. By automating the data collection and prediction processes, the framework enhances the design and optimization of TPMS structures, making them more accessible for practical applications. Future work will focus on expanding the dataset to include a wider range of TPMS geometries and exploring the application of the framework to other material properties. Also, the fatigue properties of these structures will be investigated.
This research highlights the potential of combining homogenization techniques with machine learning to advance the field of material science and engineering. The developed framework not only improves the understanding of TPMS structures but also provides a valuable tool for engineers and designers seeking to optimize materials for specific applications.
La produzione tramite manifattura additiva, in particolare la tecnica di fusione a letto di polvere, ha permesso negli ultimi anni la realizzazione di componenti metallici di forma complessa. Tra i vari materiali utilizzabili, l’Inconel 718 ha dimostrato una vasta impiegabilità grazie alle sue ottime proprietà di resistenza meccanica ed alla corrosione. Queste proprietà vengono mantenute anche alle alte temperature fino a circa 700°C. I componenti metallici prodotti tramite questa tecnica presentano, tuttavia, asperità superficiali e porosità interne che influenzano negativamente la loro resistenza meccanica ed in particolare la resistenza a fatica. L’obiettivo del seguente lavoro consiste nel proporre un modello statistico, basato sull’utilizzo della teoria della distanza critica, per calcolare i coefficienti di concentrazione delle tensioni a fatica Kf dovuti alle valle di rugosità ed alle porosità interne.
2. Metodi
Sono state impiegate tre geometrie di provini: una liscia senza intaglio, una con intaglio blando nominalmente pari a 1 mm ed una con intaglio severo e nominalmente pari a 0.2 mm. In aggiunta, tutti i provini con intaglio severo, metà dei provini con intaglio blando e metà dei provini lisci sono stati lavorati al tornio per ridurre la rugosità superficiale. Sono state dunque ottenute due condizioni superficiali, una definita “as-built” e l’altra definita “machined” in seguito alla lavorazione per asportazione di truciolo. In seguito ai test a fatica, effettuati con un rapporto di carico R=0.05, i risultati sperimentali dei provini machined con intaglio blando e severo sono stati utilizzati per il calcolo della distanza critica e della resistenza intrinseca a fatica in accordo ai metodi della linea e del punto. I provini lisci machined non sono stati impiegati per il calcolo della distanza critica dato che le analisi frattografiche hanno rilevato la presenza di porosità in corrispondenza delle zone di iniziazione della cricca. Il microscopio ottico, in seguito a delle sezioni perpendicolari all’asse, è stato utilizzato per caratterizzare il diametro e la distanza dalla superficie esterna delle porosità dei provini. Queste due grandezze sono state analizzate con le distribuzioni di probabilità di Gumbel, valori estremi generalizzata e esponenziale. La morfologia superficiale dei provini lisci (machined e as-built) e con intaglio blando (as-built) è stata, invece, caratterizzata grazie all’utilizzo di un profilometro ottico. I risultati ottenuti sono stati utilizzati per implementare simulazioni ad elementi finiti, in particolare simulazioni 3D per quanto riguarda i pori e simulazioni 2D con elementi piani assialsimmetrici per i profili di rugosità superficiale. I valori di Kf ottenuti dalle simulazioni in accordo al metodo della linea ed al metodo del punto sono stati analizzati con la distribuzione di probabiltà di Gumbel ed i valori al 99% di probabilità sono stati calcolati.
3. Risultati
I provini lisci ed i provini con intaglio blando sono stati impiegati per validare la procedura proposta. Il Kf totale per i provini lisci machined e as-built è stato calcolato come il prodotto tra i valori al 99% di probabilità dei Kf dovuti ai pori ed alla rugosità. La scelta di effettuare il prodotto, oltre che cautelativa, è stata motivata dalle analisi frattografiche che hanno dimostrato una interazione tra pori e valli di rugosità superficiali nelle zone di iniziazione della cricca. I valori di Kf dovuti ai pori sono stati considerati identici nei provini lisci machined e as-built considerata la limitata influenza della tornitura sulle porosità interne. Lo stesso ragionamento è stato implementato nel caso dei provini as-built con intaglio blando, mentre il solo Kf dovuto ai pori è stato considerato influente per la resistenza a fatica dei provini machined con intaglio blando. I valori numerici dei Kf dovuti alle valli di rugosità sono risultati in definitiva superiori rispetto ai corrispondenti valori ottenuti dalle porosità.
4. Conclusioni
La resistenza a fatica dei provini lisci e intagliato blando (machined e as-built) è stata valutata in termini di tensione alternata e numero di cicli a rottura e tramite il metodo della linea ed il metodo del punto. I risultati ottenuti tramite il metodo della linea hanno dimostrato una maggiore compatibilità con i dati sperimentali. Considerato l’alto gradiente di tensione assiale dovuto alle valli di rugosità, la spiegazione di quanto ottenuto è stata motivata considerando che il punto individuato per il calcolo del Kf dovuto alla rugosità superficiale si è trovato al di fuori della zona iniziale ad alto gradiente. Questo ha dunque portato ad una sottostima dei valori di Kf. La metodologia calibrata e proposta nel seguente lavoro verrà in seguito validata dagli autori anche per provini di Inconel 718 ottenuti tramite manifattura additiva e con l’impiego di polvere ottenuta da processi di riciclo.
L’impiego della tecnologia additive manufacturing (AM) con processo di fusione a letto di polvere tramite laser (LPBF) sta crescendo enormemente nell’attuale panorama industriale poiché offre la possibilità di realizzare geometrie molto complesse. Di contro, le stampanti LPBF sono tipicamente caratterizzate da volumi di stampa contenuti e questo ne rende difficile l’applicazione al caso di componenti di grandi dimensioni, come quelli impiegati nell’industria dei parchi di divertimento. Un approccio promettente, per ovviare a questa limitazione, è quello di saldare i componenti ottenuti mediante AM con parti ottenute mediante lavorazioni convenzionali. A tal riguardo, in letteratura vi è scarsità di lavori dedicati allo studio delle proprietà meccaniche delle parti AM saldate, specialmente in termini di resistenza a fatica. Di conseguenza, questo lavoro si focalizza sulla caratterizzazione della resistenza a fatica di giunti dissimili (ovvero con diversa microstruttura delle parti saldate) ottenuti mediante saldatura ad arco di una piastra realizzata tramite LPBF e di una piastra ottenuta da laminazione, entrambe in AISI 316L. In particolare, è stata eseguita una campagna di prove sperimentali applicando carichi ciclici di pura trazione, con rapporto di ciclo R=0.05, a tre diverse geometrie di giunto saldato, ovvero giunti testa a testa e giunti a croce sia a cordone portante che a cordone non portante. In aggiunta, i pochi dati sperimentali disponibili in letteratura e relativi a giunti testa a testa in AISI 316L sono stati confrontati con i nuovi dati sperimentali conseguiti in questo lavoro. I risultati ottenuti hanno mostrato che le normative esistenti per la progettazione a fatica di giunti saldati in acciaio strutturale non sono in grado di cogliere correttamente il comportamento di giunti dissimili tra una parte ottenuta da AM e una parte da processo convenzionale di laminazione. Sono state quindi definite nuove classi di resistenza a fatica dedicate ai giunti dissimili, elaborando statisticamente i risultati sperimentali disponibili. Infine, tutti i dati sperimentali sono stati rianalizzati mediante il metodo della tensione di picco, o Peak Stress Method (PSM), approccio ingegneristico basato sui fattori di Intensificazione delle tensioni, che consente di stimare rapidamente la resistenza a fatica di giunti saldati mediante analisi agli elementi finiti con mesh piuttosto rade. Come risultato dell’indagine, è stata calibrata una nuova curva di progettazione a fatica per acciai inox ed è stata poi sottoposta a validazione per mezzo dei dati sperimentali a fatica generati sia da giunti dissimili che da giunti con parti entrambe ottenute mediante processo manifatturiero convenzionale.
Obiettivo
L’impiego di materiali con proprietà complementari è una strategia chiave per ottimizzare le prestazioni di componenti destinati ad applicazioni critiche. In questo studio, vengono analizzati componenti mono-materiale (AISI 316L e CoCrMo) e bi-materiale (CoCrMo-AISI 316L), prodotti mediante Laser Powder Bed Fusion (PBF-LB). L’AISI 316L è largamente utilizzato per la sua eccellente resistenza alla corrosione e buona duttilità, caratteristiche essenziali per impieghi in ambito biomedico e industriale. Il CoCrMo, invece, è noto per l’elevata resistenza meccanica e all’usura, rendendolo ideale per componenti sottoposti a sollecitazioni elevate. La combinazione di questi materiali in strutture bi-materiale mira a sfruttare i vantaggi di entrambi, ottenendo componenti con proprietà bilanciate in termini di resistenza, duttilità e durabilità.
Metodi
Campioni di AISI 316L, CoCrMo e CoCrMo-AISI 316L sono stati fabbricati con parametri di processo ottimizzati per garantire la qualità strutturale. L’analisi metallografica è stata condotta mediante microscopia ottica (OM) ed elettronica a scansione (SEM) per studiare la distribuzione dei difetti e le caratteristiche microstrutturali. La diffrazione a raggi X (XRD) è stata utilizzata per identificare le fasi cristalline, mentre prove meccaniche di trazione, condotte secondo ASTM E8, hanno permesso di valutare modulo elastico, resistenza a snervamento, resistenza a trazione e allungamento a rottura.
Risultati
L’analisi metallografica ha evidenziato una bassa porosità nei campioni mono-materiale, con difetti prevalentemente attribuibili a porosità gassosa e mancanza di fusione. La microstruttura dell’AISI 316L ha mostrato una struttura austenitica stabile, mentre il CoCrMo ha presentato una combinazione di fasi cristalline che influenzano le sue proprietà meccaniche. I test di trazione hanno confermato differenze significative tra i due materiali in termini di resistenza e duttilità, con un comportamento meccanico coerente con le rispettive applicazioni industriali. Nei campioni bi-materiale, l’analisi dell’interfaccia ha evidenziato l’influenza dei parametri di processo sulla continuità microstrutturale e sulle prestazioni meccaniche.
Conclusioni
L’integrazione di AISI 316L e CoCrMo in un unico componente permette di sfruttare la resistenza alla corrosione e la duttilità dell’acciaio inossidabile, combinandole con la durezza e la resistenza meccanica del CoCrMo. I risultati ottenuti forniscono indicazioni utili per l’ingegnerizzazione di strutture bi-materiale ad alte prestazioni, con potenziali applicazioni nei settori biomedicale, aerospaziale e industriale.
I compositi sandwich rappresentano una soluzione ingegneristica consolidata per applicazioni che richiedono un elevato rapporto resistenza/peso, trovando impiego in settori che spaziano dall’aeronautica all’automotive, fino al restauro conservativo. Tuttavia, le soluzioni tradizionali basate su core a nido d’ape o schiuma presentano limitazioni legate alla suscettibilità a fenomeni di delaminazione e frattura del core, specialmente in geometrie complesse. Inoltre, l’impatto ambientale dei materiali convenzionali solleva crescenti preoccupazioni in termini di sostenibilità e riciclabilità.
OBIETTIVI
Nell’ambito del progetto 3D-ECOCORE, volto allo sviluppo di una nuova generazione di compositi sandwich sostenibili, si propone un core innovativo ispirato alla microstruttura porosa dell’esoscheletro del riccio di mare, realizzato tramite tecniche di manifattura additiva con materiali polimerici biodegradabili. Questa struttura bioispirata, caratterizzata da una tassellazione di Voronoi tridimensionale, è concepita per migliorare le prestazioni meccaniche intrinseche del core.
METODOLOGIA
Il presente lavoro si concentra sulla caratterizzazione e sulla modellazione computazionale del core stampato in 3D, con l’obiettivo di confrontarne il comportamento strutturale in diverse configurazioni geometriche rispetto a core convenzionali in schiuma di densità comparabile. Sono stati eseguiti test meccanici in condizioni quasi statiche per valutare la risposta del core a diverse tipologie di sollecitazione, quali compressione e flessione.
Parallelamente è stato sviluppato un modello numerico agli elementi finiti e per ottimizzare l’efficienza computazionale, ma mantenendo un’adeguata accuratezza, si è ricorso all’impiego di un materiale equivalente che rappresenti il comportamento macroscopico del core eterogeneo.
RISULTATI E CONCLUSIONI
I risultati di questa indagine mirano a dimostrare come la progettazione basata sulla bioispirazione e l’utilizzo della stampa 3D possano condurre a core strutturali con prestazioni meccaniche equivalenti o superiori rispetto alle soluzioni tradizionali, aprendo nuove prospettive per applicazioni leggere e con un ridotto impatto ambientale.
PAROLE CHIAVE
Additive manufacturing, Sandwich structures, Bio-Inspired, Ecologic.
Objective: This study evaluates the real-world environmental impact of electric vehicle (EV) usage in Italy, with a specific focus on the city of Florence. It aims to address existing gaps in Life Cycle Assessment (LCA) studies of the use phase, which often neglect dynamic conditions such as temperature variability, electricity grid mix composition, and traffic conditions.
Methodology: A computational LCA method is applied, using Python-based modelling and real-time data integration via APIs. This approach allows for a more precise evaluation of EV environmental performance by considering dynamic elements that affect energy use and emissions.
Results: The findings highlight significant variations in environmental impact depending on real-world conditions. Traffic congestion, lower temperatures, and a carbon-intensive electricity grid contribute to increased emissions and reduced efficiency, while battery
degradation further affects overall performance. Additionally, this study introduces an innovative methodology that integrates LCA with real-world dynamic data through a computational tool, improving the reliability of environmental impact assessments.
Conclusion: This work serves as the basis for a more holistic investigation of EV use- phase effects, considering real-world dynamics. It also opens possibilities for future research, like Vehicle-to-Grid applications, where flexible consumers can support the grid and, if properly optimized, contribute to reducing overall environmental impact. The insights provided may help inform and enhance the development of more sustainable mobility and energy policies for policymakers and stakeholders.
Objectives
This study aims to conduct a systematic literature review of the environmental impact of industrial applications using Rare Earth Elements (REEs) classified as Critical Raw Materials (CRMs) such as Neodymium alloys. These materials are essential components of permanent magnets used in Electrical Machines (EMs), e.g., automotive applications, wind turbine generators, and various consumer electric and electronic products. The study aims to assess the current state of scientific knowledge on the environmental challenges of these components during their life cycle, from extraction to end-of-life (EoL) management, which is a fundamental phase according to the European strategy on CRM. Such data are functional to improve the design of systems in the direction of environmental-conscious approach.
Methods
This systematic review follows a structured methodology, beginning with a comprehensive search on multiple databases using a combination of primary and secondary keywords. The selection process involves several steps, including selection by title, abstract, and full-text evaluation to ensure inclusion of relevant studies. The review follows established guidelines for systematic literature reviews to maintain reproducibility of the study.
Results
The literature review provides an overview of the current scientific literature on the environmental impact of rare earth elements in permanent magnets. It identifies key results, research gaps, and the strengths and limitations of existing studies. This review also highlights emerging trends and potential areas for future research.
Conclusions
In the context of Ecodesign, Circular Economy principles, and the growing importance of Digital Product Passport (DPP) for Critical Materials, this literature review highlights the need for other research to fill knowledge gaps. This work provides information on the environmental consequences of the use of rare earth elements and highlights areas that require attention to support the development of more sustainable and efficient materials management strategies.
In a world where population growth requires new agricultural machines and techniques to increase farming productivity, the amount of pollutant emissions from these machines is expected to grow as well to meet food demand. For this reason, agricultural machines need also to achieve better fuel efficiency in terms of emissions for unit of production. Electrification is currently one of the most promising options to both increase machine efficiency and productivity thanks to the possibility of introducing electric systems with higher levels of controllability. However, from the powertrain point of view, there are several ways to introduce the contribution of an electric system. In this paper, a comparison of different hybrid electric configurations of an orchard tractor is performed to highlight which could produce the higher environmental benefits with the lower impact on performance. The numerical analysis starts with load scenarios measured during field activities, to have the achievement of mission profile as minimum requirement of the powertrain architecture.
Objective
The Oil & Gas industry represents a fundamental pillar of the global energy system, providing essential resources for various sectors. Its highly complex processes can interact with the environment at various stages, from extraction to refining, transportation, and final use. In a context where sustainability is becoming increasingly relevant, Life Cycle Assessment (LCA) is a well-established and valuable method for analyzing environmental impacts and identifying areas for improvement. This study focuses on assessing the environmental impact of baseplate structures, which provide support for various systems in Oil&Gas applications during both operation and transportation. The main objective is to identify the key factors influencing environmental impact calculations and to develop a predictive model that can assist engineers in estimating LCA outcomes already in the design phase.
Methodology
The data foundation for the predictive model is the Life Cycle Assessment (LCA) of various baseplates used in Oil & Gas applications. The study was conducted using a "cradle-to-gate" approach, which considers the entire production cycle up to the point of leaving the manufacturing site, encompassing raw material extraction, manufacturing processes, assembly, and transportation. Environmental impact was quantified using the Global Warming Potential (GWP) indicator. Based on LCA results, key parameters influencing environmental impact were identified, including baseplate mass, material type, transportation distance, geographical scenario, and recycling rate. Subsequently, a sensitivity analysis was performed on five out of six available structures, using these parameters as input factors for a Design of Experiment (DoE) analysis based on a full factorial (FF) design. The remaining baseplate was used as a reference configuration, as its characteristics establish various and reliable benchmark conditions.
Results
The analysis systematically assessed the influence of various parameters on the environmental performance of the baseplates. The results highlight that the combination of factors, rather than individual parameters, plays a crucial role in determining the impact on Global Warming Potential. In particular, baseplate mass and recycling rate emerged as the primary determining factors, followed by transportation distance and geographical scenario.
This analysis led to the development of a robust predictive model capable of estimating the environmental impact of new baseplate configurations. The model provides a valuable tool for designers, allowing them to evaluate design choices in terms of sustainability from the early stages of product development.
Conclusions
The results provide a clear understanding of the key parameters influencing the environmental impact of baseplates, offering strong support for sustainable design in the Oil & Gas sector. The implementation of the predictive model enables designers to estimate the LCA of structures from the initial phases of product development, facilitating more informed decisions aimed at reducing environmental impact. This approach not only enhances the decision-making process but also promotes the adoption of more sustainable practices within the Oil & Gas industry, providing practical support and an additional perspective in design choices to achieve significant environmental benefits.
PLASTRON ha l’obiettivo di migliorare la sostenibilità delle comunità costiere nella gestione dei rifiuti di plastica, fornendo conoscenze e strumenti per favorire la transizione verso modelli efficienti di economia circolare nella gestione delle risorse, in linea con le politiche del Green Deal e con le azioni europee per il raggiungimento della neutralità climatica e la protezione degli habitat marini. Un team franco-italiano multidisciplinare (chimica, economia, ingegneria) e transdisciplinare (designer, consulenti legali, industriali) sta unendo i propri sforzi. Verranno condotti studi sperimentali sull’economia circolare, attraverso l’attuazione di piccole iniziative locali a basso investimento per la raccolta di plastica dalle coste, dai porti turistici e dal mare.
Questi studi si concentreranno sulla definizione di protocolli per migliorare la gestione e l’integrazione dei rifiuti nel ciclo di raccolta, creando beni di valore a partire dai rifiuti riciclati. Per ampliare le possibilità di produzione, verranno condotti studi sull’uso di materiali riciclati provenienti da marine litter nella manifattura additiva. Sebbene esista un mercato secondario per la plastica riciclata, esso si concentra principalmente sul recupero di rifiuti di alta qualità provenienti dalla raccolta comunale e industriale, facilmente selezionabili per tipo di polimero. Tuttavia, i rifiuti recuperati dalle spiagge e dal mare sono misti e più degradati. Il team di PLASTRON sta studiando come questi rifiuti possano acquisire valore tecnico ed economico, esplorando il loro utilizzo attraverso la miscelazione con altre plastiche meno degradate e con additivi naturali derivanti da scarti di attività agronomiche locali.
Studi sperimentali di economia circolare sono in corso in alcuni siti costieri pilota, con azioni mirate al recupero e al riuso dei rifiuti plastici, con particolare attenzione al recupero di reti e materiali da pesca, che rappresentano una minaccia per la fauna marina. Queste azioni sperimentali permettono di studiare e perfezionare un modello economico circolare, che favorisca la sostenibilità basata sul riutilizzo locale dei rifiuti come materie prime seconde e nuovi beni pubblici o commerciabili reinseribili nel circuito economico attraverso la stampa 3D.
In questo lavoro viene implementato un approccio del ciclo di vita per confrontare le prestazioni ambientali di tecnologie innovative come giunti dissimili giunti ibridi metallo-composito e componenti prodotti con tecnologia Additive Manufacturing (AM).
Lo studio fa parte di un progetto più ampio il cui obiettivo è sviluppare soluzioni che migliorino le prestazioni e la durata dei componenti e riducano il loro impatto ambientale durante tutto il ciclo di vita promuovendo i principi dell'economia circolare, la riciclabilità e la produzione di strutture sostenibili.
Per i giunti dissimili, l'uso dell’AM è particolarmente promettente in quanto può migliorare la sostenibilità e la circolarità dei processi di produzione.
Nel caso dei giunti ibridi, l'obiettivo è combinare materiali diversi per creare compositi più resistenti e durevoli che possano migliorare l'affidabilità degli elementi strutturali. Questo approccio supporta la circolarità della catena di approvvigionamento di diversi settori, tra cui industriale, automobilistico, navale e aerospaziale, sempre più focalizzati su materiali leggeri per aumentare l'efficienza e ridurre le emissioni di carbonio.
L'obiettivo principale dello studio è stabilire una solida base per il processo decisionale e guidare la progettazione di componenti che devono funzionare bene sia in termini di proprietà meccaniche che di prestazioni ambientali. Gli scenari da confrontare riguardano componenti che svolgono la stessa funzione strutturale ma prodotti utilizzando materiali e tecniche di giunzione diverse; in particolare, gli scenari includeranno casi con materiali standard (ad esempio, giunti in acciaio saldati), casi con giunti dissimili realizzati con diverse tecniche innovative, con materiali di base prodotti attraverso vari processi e componenti ibridi.
Objectives
This study proposes a novel strain energy density-based approach to describe brittle fracture in ideal materials from the macroscale down to the atomic scale. The primary goal is to understand the limitations of classical continuum fracture mechanics, which fails at sizes of a few nanometers due to atomic discreteness. Using numerical simulations, the study investigates the behavior of single-crack silicon specimens of varying sizes, assessing the transition from continuum-based to atomistic-based fracture descriptions.
Methodology
The study employs Molecular Statistics (MS) simulations on cracked silicon specimens subjected to Mode I loading. Strain energy density is defined as a function of interatomic potential and averaged over the fracture process zone (FPZ). A gradient attenuation function is used to homogenize atomic strain energy density, allowing comparison with continuum-based fracture mechanics models. The approach is validated through Finite Element Method (FEM) analyses on similar sample geometries.
Results
Results show that the fracture process zone (FPZ) is scale-independent, measuring approximately 0.4 nm. This confirms that brittle fracture is ultimately governed by atomic bond breaking, regardless of specimen size. However, continuum mechanics models fail when the singular stress field length falls below 4-5 times the FPZ. Classical linear elastic fracture mechanics (LEFM) underestimates the critical strain energy density at fracture for specimen widths smaller than 40-50 nm. The newly proposed model, however, remains valid even at the nanoscale.
Conclusions
This study demonstrates that the discrete strain energy density formulation is scale-independent and accurately describes fracture from the macroscale to the atomic level. Continuum-based fracture mechanics fail below a critical size linked to the FPZ, while the atomistic approach remains valid. These findings provide new insights for modeling fracture in nanomaterials and micro/nano-scale devices, emphasizing the importance of considering the discrete nature of matter when predicting mechanical behavior.
La progettazione di sistemi meccanici porta sempre più spesso ad adottare materiali differenti per i singoli componenti al fine di ottimizzare le prestazioni. Una soluzione di recente diffusione per il collegamento di tali componenti, in particolare nel settore automotive, è l’adozione di giunti dissimili saldati ad arco, i quali in condizioni di servizio devono poter sopportare carichi ciclici elevati. L’assenza nelle normative tecniche di classi di resistenza per giunti dissimili rende necessario lo studio della resistenza a fatica di tali giunzioni saldate. Nel presente lavoro, sono stati considerati giunti dissimili saldati ad arco, costituiti da un perno in ghisa sferoidale (EN-GJS-500-7) inserito con gioco nel foro di una flangia in acciaio strutturale (S355) e saldato a quest’ultima con cordone d’angolo. Il comportamento a fatica di tali giunti è stato analizzato sperimentalmente al fine di determinare le classi di resistenza e confrontarle con le classi proposte in normativa per giunti saldati in acciaio. Prima di eseguire i test a fatica, su una selezione di giunti è stata valutata la morfologia dei materiali post-saldatura mediante analisi metallografiche, sono stati misurati i profili di micro-durezza e, infine, sono stati misurati i profili delle tensioni residue mediante la tecnica della diffrazione a raggi X. I giunti sono stati testati in condizioni as-welded a pura flessione, pura torsione e flesso-torsione, sia in fase che fuori fase, con rapporto di ciclo R = 0.1. Le superfici di frattura dei giunti sono state analizzate per individuare le posizioni di innesco delle cricche di fatica e la direzione di successiva propagazione. I risultati sperimentali a fatica sono stati rianalizzati per definire le classi di resistenza di giunti perno-su-flangia nel caso di giunzioni dissimili ghisa sferoidale e acciaio.
Defining generic response loads for vibration fatigue analysis presents a significant challenge, particularly when the structure or excitation is not known a priori. This issue is critical in the development of advanced methodologies for damage assessment, where a well-defined representation of loads enables both improved training and robust testing strategies. Structural damage is intrinsically linked to the dynamic response of the system, which alters the excitation’s frequency content due to resonance effects. Consequently, stress frequency distributions often exhibit bimodal or wideband power spectral density characteristics. This research proposes a parametric approach to defining such generic responses and establishes a connection between these parameters and spectral indices commonly used in statistical damage assessment methods. Furthermore, the study systematically explores and defines the parameter space governing both power spectral densities and spectral indices across multiple structural configurations.
Nell’ambito della progettazione a fatica di giunzioni saldate tramite approcci locali, il metodo della tensione di picco (Peak Stress Method – PSM) consente una rapida stima dei fattori di intensificazione delle tensioni per intagli (NSIFs) attraverso analisi agli elementi finiti con mesh relativamente grossolane. Attraverso gli NSIFs, la densità di energia di deformazione, mediata in un volume di controllo che abbraccia il punto di innesco, può essere ricavata analiticamente e adottata come parametro di danneggiamento a fatica. Tuttavia, all’interno del volume di controllo, il contributo in termini di energia di deformazione dato dai termini tensionali di ordine superiore, non singolari, deve poter essere considerato trascurabile. In questo lavoro, oltre 150 dati provenienti da prove sperimentali a fatica su giunti saldati ad arco in acciaio avente tensione di snervamento compresa tra 306 MPa e 960 MPa, ottenuti da piatti di spessore compreso tra i 2 e i 5 mm, sono stati rianalizzati secondo il Peak Stress Method in termini di tensione equivalente di picco. Infine, l’influenza dei termini tensionali di ordine superiore all’interno del volume di controllo è discussa per tutti i casi analizzati.
Il progresso tecnologico e l’aumento delle esigenze di prestazioni nelle applicazioni sportive hanno reso sempre più rilevante lo studio dei carichi dinamici e dei fenomeni di fatica che influenzano gli strumenti utilizzati nelle attività sportive. In particolare, nel pattinaggio artistico su ghiaccio, le lame dei pattini rappresentano un elemento cruciale per la sicurezza e la performance degli atleti, in quanto devono sopportare carichi statici, dinamici e impulsivi durante movimenti complessi come salti, atterraggi e spin.
In questo lavoro è analizzata la rottura per fatica di una lama di pattino da ghiaccio di un'atleta olimpica, con lo scopo di estendere la conoscenza del comportamento di questi materiali soggetti a carichi variabili ed impulsivi, ma anche di valutare possibili parametri e limiti per la sicurezza dell'atleta.
Mediante una approfondita analisi al microscopio ottico e a quello SEM, si evince che la rottura ha avuto origine a partire da un'inclusione sorttopelle, e si è estesa per gran parte della sezione resistente della lama in corrispondenza del punto maggiormente sollecitato a flessione. La valutazione del probabile susseguirsi dei carichi da impatto dovuti a salti e piroette, nonchè l'analisi FEM della lama comprensiva della cedevelozza del ghiaccio e degli effetti dinamici durante l'uso, ha restituito, attraverso un'analisi classica di innesco e propagazione per fatica del difetto, dei risultati quantitativi consistenti con le proprietà ed il processo di trasformazione e lavorazione del materiale, in considerazione dell'uso particolarmente gravoso dell'attrezzo.
This study explores the use of spectral methods for fatigue life assessment, considering the effects of material plasticity. While these methods are widely used for high-cycle fatigue in the linear elastic regime, their application to low-cycle fatigue remains more complex due to nonlinear material behaviour. By incorporating models such as Neuber’s rule and the Ramberg-Osgood formulation, this work examines how spectral methods can be adapted to account for elastic-plastic effects. A comparison is made between fatigue life estimations obtained with spectral approaches and results from time-domain nonlinear simulations. The study provides insights into the applicability of strain-based spectral methods, contributing to a better understanding of their potential and limitations in fatigue assessment.
Le pinze bipolari sono strumenti chirurgici utilizzati per l’elettrocoagulazione dei tessuti biologici durante interventi chirurgici in vari campi medici. Sono costituite da due elettrodi posti alle estremità dei loro rebbi, che, quando vengono chiusi, permettono il passaggio di una corrente elettrica ad alta frequenza, generando calore. La corrente elettrica è limitata ai punti di contatto tra gli elettrodi, evitando la dispersione del calore nell'area circostante del tessuto biologico e quindi limitandone i danni. Infatti, la coagulazione avviene tra 40 e 65°C; temperature superiori introducono, invece, danni quali essicazione (90-100°C), ebollizione e vaporizzazione (>100°C). È dunque importante mantenere temperature relativamente basse e circoscritte all’area in cui viene condotto l’intervento. L’analisi del danneggiamento introdotto può essere condotta analizzando l’andamento termico del tessuto con la termografia a infrarossi, essendo una tecnica non invasiva, non a contatto e precisa nel rilevare i gradienti termici.
Lo studio sperimentale analizza tre tipi di tessuto ex-vivo di origine animale: fegato, materia bianca e materia grigia del cervello. Tre diverse pinze bipolari, multiuso e monouso con rivestimento in argento sulla sola punta o sugli interi rebbi, sono state utilizzate per valutare e confrontare il diverso andamento termico generato dal passaggio di corrente sulla superficie dei tessuti biologici. Tutte le prove hanno seguito un protocollo univoco, in modo da rendere ripetibili e confrontabili i dati raccolti: si sono confrontate 3 diverse potenze (5, 10 e 15W) per un tempo limite di 5s, imponendo una distanza fissa a 3mm tra i rebbi e posizionando le pinze sempre con la stessa inclinazione di 45° e distanza di penetrazione nel tessuto di 1mm. Tutte le prove sono state ripetute 5 volte per avere una statistica dei dati raccolti. Il riscaldamento è stato monitorato con una termocamera FLIR Titanium, calibrando in precedenza la finestra di misura termica con prove su un corpo nero di riferimento. Sono state condotte 135 prove totali, i cui risultati sono stati analizzati con il software Altair (FLIR) e Matlab (Mathworks) per l’analisi statistica.
Dai risultati è emerso che a 5W le pinze si comportano similmente sui vari tessuti, mentre con l’aumento della potenza le pinze monouso sono più efficaci e permettono di avere un riscaldamento minore nella zona limitrofa all’intervento, per tutti i tipi di materiale biologico analizzato. Le temperature massime sono raggiunte per il fegato, superando i 150°C a 15W. Tali temperature hanno indotto vaporizzazione delle cellule e sono quindi eccessive per il tessuto biologico oggetto di studio. Alle stesse potenze, temperature inferiori sono invece ottenute per il cervello (<100°C) a causa della diversa composizione chimica dei tessuti.
Lo studio sperimentale ha mostrato come, attraverso la termografia, si possa quantificare il danno tissutale e valutarne la sua estensione superficiale in funzione della potenza e del tempo di esecuzione delle prove. In particolare, per alcune delle prove ad alta potenza su pinze multiuso, la zona che raggiunge temperature superiore ai 65°C, limite superiore per l’elettrocoagulazione, si estende anche oltre i rebbi delle pinze. Ciò non avviene per pinze monouso rivestite con materiali altamente conduttivi. Lo studio offre quindi un feedback quantitativo nella progettazione di questi strumenti chirurgici e potrebbe in futuro dare indicazioni utili ai chirurghi nella scelta delle pinze più opportune per ogni intervento.
Carbon-based polymeric nanocomposites combine low-cost polymers with high-performance carbon nanostructures like carbon nanotubes, nanoplates, and graphene. The addition of small amounts of these nanofillers enhances the material’s electrical, thermal, and mechanical properties. However, achieving good dispersion and homogeneity of these nanofillers in the polymer is crucial for maximizing performance. Nanoparticles tend to self-aggregate, hindering their potential. Current methods to assess dispersion, such as TEM and SEM, are expensive and time-consuming, prompting the need for faster, non-destructive evaluation techniques. Methods like acoustic microscopy, dynamic scanning calorimetry, and infrared thermography are gaining attention for their efficiency. Active infrared thermography uses heat sources like flash lamps or pulsed lasers to detect thermal irregularities caused by filler dispersion. Pulsed laser thermography enhances sensitivity but has a limited field of view.
In this work an innovative non-destructive pulsed thermographic approach utilizing a nanosecond pulsed laser as a heat source is adopted for assessing the presence of nanoparticle aggregates in nanocomposites. Using a cooled infrared camera fitted with a macro lens to enhance the geometric resolution of the images (up to 6 microns), various dispersion levels of carbon nanotube (CNT) loaded epoxy resin nanocomposites were examined. The method significantly improves energy resolution by effectively utilizing the high energy flux injected by the laser in a short timeframe. Clusters with distinct shapes and sizes (as small as 30 microns) were spotted as being embedded in the matrix. This study marks a breakthrough in image quality and time savings for quick non-destructive assessments in nanostructured composite manufacturing. By integrating the inspection method with a robotized manipulator and by using intelligent image processing software, this approach would enable fast, remote, and detailed in-line quality control of large nanocomposite parts.
L’Additive Manufacturing e in particolare la tecnologia Laser Powder Bed Fusion (L-PBF) è soggetto alla formazione di difetti tipici come keyhole porosity e lack of fusion, spesso causati da variazioni improvvise nei parametri di processo. La tomografia a raggi X rappresenta il metodo di controllo non distruttivo più efficace per la caratterizzazione di tali difetti, ma i suoi costi elevati e i tempi di analisi prolungati ne limitano l’impiego in ambito industriale.
Recenti lavori di ricerca hanno dimostrato il potenziale della termografia a infrarossi, sia in modalità online che offline, come alternativa più rapida ed economica, con risultati promettenti su materiali come acciai e superleghe di nickel. Tuttavia, l’applicazione di questa tecnica all’alluminio AlSi10Mg presenta criticità specifiche, legate alla maggiore velocità del processo, alla bassa e variabile emissività del materiale e alla sua elevata diffusività termica.
In questo lavoro è stato sviluppato un piano sperimentale controllato, in cui sono stati introdotti difetti artificiali rappresentativi delle principali anomalie del processo (keyhole, lack of fusion) con diverse forme, profondità e dimensioni. La termografia è stata applicata come controllo offline e online, e i risultati ottenuti sono stati confrontati con quelli della tomografia a raggi X per verificare la capacità della tecnica nel rilevare e caratterizzare quantitativamente i difetti, considerando l'effettiva geometria e volume del difetto generato. L’analisi ha permesso di identificare i limiti e le potenzialità della termografia come controllo non distruttivo dell’L-PBF su alluminio, contribuendo allo sviluppo di strategie di controllo più efficienti per la produzione additiva.
Il calore specifico dissipato per ciclo Q (o dissipazione intrinseca) si è dimostrato un parametro utile quale indice del danneggiamento per fatica di provini in acciaio e può essere valutato rapidamente e semplicemente attraverso misure di temperatura del provino nel corso di una prova. L’approccio sperimentale basato su Q è stato validato per mezzo di un numero elevato di risultati sperimentali generati da prove eseguite in differenti condizioni che sono stati sintetizzati in un’unica banda di dispersione, valida per un dato materiale. Più precisamente, il parametro Q ha permesso di sintetizzare i) effetti geometrici di intaglio, ii) diverse tipologie di sollecitazione (assiali, torsionali o multiassiali) iii) la tensione media, in quest’ultimo caso correggendo Q con un ben definito livello di temperatura associato alla tensione media che ha portato alla definizione di un nuovo parametro termodinamico Q.
Nel presente lavoro è stato utilizzato l’approccio basato sulla dissipazione intrinseca per la valutazione della resistenza a fatica di provini lisci, estratti da una testa di biella di un motore navale realizzata in acciaio legato 42CrMo4 temprato e rinvenuto. Sono state eseguite prove a fatica ad ampiezza costante in controllo di deformazione e tensione adottando rapporti nominali di ciclo R=-1 e R=0.3, rispettivamente. Per ogni provino, è stata monitorata l’evoluzione del parametro Q nel corso della prova utilizzando una tecnica sperimentale consolidata e basata sulla misura del gradiente di raffreddamento del materiale a seguito di una brusca interruzione della prova. Dopo l’elaborazione dei risultati, sono state ottenute due tipologie di curve a fatica: 1) le tradizionali curve tensione – numero di cicli, ciascuna di esse interpolata su risultati relativi alla medesima geometria e rapporto di ciclo, 2) la singola curva Q, interpolata su tutti i risultati sperimentali indipendentemente dalla geometria e rapporto di ciclo R, assumendo Q* come parametro rappresentativo al 50% della vita totale a fatica.
Nitinol is a shape memory alloy exhibiting superelasticity above a defined transformation temperature. The ability to recover from high deformations of the order of 6-8 % has facilitated the development of collapsible/expandable cardiovascular medical devices. Post-deployment operative conditions of NiTi implants determines a predominant austenite phase within the implant structure, which undergoes cyclic loadings primarily driven by blood pressure variations during the cardiac cycle.
It is, therefore, relevant to investigate the thermomechanical response of stable austenitic nitinol under cyclic loading. This loading scenario is characterised by low load amplitudes which are not sufficient to activate or further progress phase transformation and the associated elastocaloric effect. The Tehermoelastic effect is then assumed to be the main thermo-mechanical heat source.
Previous experimental studies have evidenced significant departures from the temperature changes predicted by the classic Thermoelastic Effect theory. In the present study, the modulation of the temperature under sinusoidal loading has been analysed, allowing to identify an inversion of the thermoelastic signal response that is actived during the load cycle as the mean stress value increases.
It is in particular postulated that there is a gradual shifting from a thirst order to a second order thermoelastic response which is confirmed by fitting the temperature fluctuation with the existing thermoelastic analytical laws.
This study introduces a novel non-destructive methodology based on step-heating laser thermography technique to evaluate the mechanical strength of dissimilar aluminium joints produced through probeless friction stir spot welding (P-FSSW). The proposed approach enables the quantitative analysis of the thermo-mechanically stirred region, distinguishing two different morphologies (ductile and mixed) correlated with the joint’s ultimate mechanical strength. Eleven welded joints were analysed by using two of them used for calibration through thermographic tests, Chisel and scanning electron microscopy (SEM) analyses. At the same time, nine underwent tensile-shear tests were carried out to correlate thermographic parameters (A1, A2) with maximum force (Fmax).
Statistical analysis revealed that the ductile area (A2) is the most significant parameter, exhibiting a robust correlation with Fmax (r = 0.81). A simplified regression model based on A2 demonstrated high reliability (adjusted R² = 0.60). This methodology provides a significant advancement in non-destructive quality control for P-FSSW joints, paving the way for its integration into industrial applications.
Laser powder bed fusion (LPBF) technology has now reached a significant level of commercial maturity, offering some of the most reliable solutions in the additive manufacturing (AM) field. Components are manufactured for sectors, such as automotive and aerospace, that require high performance levels as well as critical quality standards. However, AM processes introduce defects that result in high variability of mechanical properties and low reproducibility. This entails the need to thoroughly understand the behaviour of the materials used, studying their response to the different types of stresses typical of real-world applications. The research activity presented is based on the analysis of the mechanical properties of the aluminium alloy AlSi10Mg, which is widely used due to its good strength-to-density ratio. Since the heat treatment applied is among the factors that most influence the mechanical characteristics and the presence of defects in AM components, focus is put on the comparison between the as-built condition and T6 heat treatment, composed by a solution phase followed by quenching and artificial ageing. Static tensile and torsion tests are initially carried out to determine the material's ultimate tensile strength and ductility, and further laboratory tests are performed to analyse the variation of surface roughness due to different printing orientations, relative density and hardness (Brinell tests). Real components often experience cyclic loading conditions during their service life: for this reason, the experimental campaign focuses on the characterisation of fatigue behaviour, both uniaxial with tension-compression load cycles and multiaxial with axial/torsional in-phase load cycles. For each case study, the chosen load ratio is R = -1 and the objective is to determine the trend of the S/N curves in the range of high number of life-cycles.
Recent advances in additive manufacturing (AM) of metals revolutionised the production of metal parts, enabling complex geometries and creating customised and geometrically complex mechanical parts which would otherwise be almost impossible to achieve.
This study deals with a specific class of AM methods for the production of metals, fused filament fabrication (FFF). The FFF process embeds three fundamental steps: printing, debinding, and sintering.
The printing step consists of a metal filament, containing metal particles evenly infused within a polymeric binder, being extruded during the process. The filament is heated to its melting point and then deposited through the extruder layer-by-layer to create a three-dimensional object. After printing, the parts undergo debinding, to remove the polymeric binder, leaving behind a porous structure that is then densified through a process called sintering.
This manufacturing technique introduces unique types of defects, residual stress and anisotropic mechanical properties. These features inevitably affect the mechanical properties of the manufactured material and make it highly unpredictable. Therefore, careful analysis of such characteristics and advancing the understanding of their effect on the material structural response is essential for making this technology viable in practical engineering applications.
This study focused on FFF manufactured 316L stainless steel. 316L stainless steel, due to its many qualities like high corrosion resistance, biocompatibility and high strength, finds applications in a wide range of industries. Combined with the fact that it is one of the first metallic materials available for production using FFF technology, 316L stainless steel presents an intriguing subject for study.
FFF 3D printing technology allows the customisation of a large number of manufacturing process parameters. The goal of this experiment was to unravel the importance that processing parameters have on the tensile mechanical properties of the manufactured 316L specimens. The following parameters were considered: nozzle temperature, print bed temperature, layer thickness, print speed, layer orientation and infill percentage. Levels for each of the parameters were chosen based on their recommended range of values. Due to the large number of parameters and a mixed number of levels in the experiment, the experiment was set up using a D-optimal design of the experiment (DOE). This approach reduced the required measurements and samples to a manageable amount.
Miniaturized samples were fabricated and mechanically tested using a DEBEN Microtest tensile testing system, capable of applying up to 5 kN force with a precision down to 1 mN.
Given the limitation in the size of the sample and whole testing setup, Digital Image Correlation (DIC) was employed to evaluate the engineering strain during the tensile tests. Camera and lens were carefully selected according to the considered sample size to obtain good quality photos and reduce noise in the measured strain. Finally, to improve the accuracy of the DIC measuring system, the spackle pattern was applied on a lightly polished surface of the sample using the airbrush and black paint.
Post-processing analysis of the tensile behaviour of each configuration allowed the extraction of: Young’s modulus, yield strength, ultimate tensile strength, strain at break and toughness.
The measured data was analysed to determine the influence of each manufacturing parameter and its levels on the material’s mechanical properties. Statistical analysis, specifically the ANOVA method, was used to quantify the effect of each parameter and their levels on the analyses mechanical characteristics extracted from the tensile tests. This approach provided a clear understanding of how manufacturing parameters dictate the final material static performance, enabling the optimisation of printing parameters for enhanced mechanical properties.
〖Carolina Schillaci〗^1, 〖Alberto Boschetto〗^2, 〖Luana Bottini〗^2, Niccolò Burattini2, Luca Cortese2, Gabriele Cortis2,〖Pietro Foti〗^1, 〖Daniela Pilone〗^1, 〖Filippo Berto〗^1
1Department of Chemical Engineering, Materials and Environment, La Sapienza University of Rome, Via Eudossiana 18, 00184, Rome, Italy
2 Department of Mechanical Engineering, Materials and Environment, La Sapienza University of Rome, Via Eudossiana 18, 00184, Rome, Italy
Lattice structures are porous structures of growing interest, due to their fascinating performances, such as large specific surface area, low elastic modulus, and high stiffness-to-weight ratio. These advantages make lattice structures highly suitable for applications across various industries, including biomedical, automotive, and aerospace; all sectors where fatigue strength is crucial for extending service life.
Among lattice structures, triply periodic minimal surface structures (TPMS) have demonstrated superior mechanical properties compared to their equivalent strut-based ones. However, accurately fabricating these complex geometries remains challenging with conventional manufacturing methods.
This study aims at investigating the static behaviour of Ti6Al4V gyroid-type lattice structures produced through selective laser melting (SLM). The effects of different thermal treatments above 700°C are evaluated in terms of microstructure. Static compression tests are performed to assess the impact of these treatments on lattice mechanical properties: the samples subjected to a heat treatment at temperatures above 900°C exhibited greater toughness and a lower yield strength.
Additive Manufacturing (AM) empowers the creation of high-performance
cellular materials, underscoring the increasing need for programmable and
predictable energy absorption capabilities. This study evaluates the impact ofa precisely tuned fused filament fabrication (FFF) process on the energyabsorption and failure characteristics of 2D-thermoplastic lattice materialsthrough multiscale experiments and predictive modeling. Macroscale in-planecompression testing of both thick- and thin-walled lattices,along with theirμ-CT imaging,reveal relative density-dependent damage mechanisms and failure modes, prompting the development of a robust predictive modeling framework to capture process-induced performance variation and damage.
For lower relative density lattices, an FE model based on the extended
Drucker–Prager material model, incorporating Bridgman’s correction with
crazing failure criteria, accurately captures the crushing response. As lattice density increases, interfacial damage along bead-bead interfaces becomes predominant, necessitating the enrichment of the model with a microscale cohesive zone model to capture interfacial debonding. The predictive modeling introduces an enhancement factor, offering a straightforward method to assess the impact of the AM process on energy absorption performance, thereby facilitating the inverse design of FFF-printed lattices.
This approach provides a critical evaluation of how FFF processes can be
optimized to achieve the highest attainable performance and mitigate failuresin architected materials.
Nel contesto attuale, la sostenibilità rappresenta una sfida centrale per l'industria manifatturiera, chiamata a bilanciare innovazione, efficienza e riduzione dell'impatto ambientale. La transizione verso un modello produttivo circolare richiede la progettazione di macchinari in grado di estendere il proprio ciclo di vita attraverso strategie di rifabbricazione, preservando il livello di funzionalità e prestazione su più cicli di vita. In questo scenario, la normativa svolge un ruolo cruciale nel definire standard che incentivino la durabilità e la sicurezza di una macchina rifabbricata, così come fondamentale diventa la capacità di quantificare l’effetto ambientale ed economico delle scelte progettuali per la rifabbricazione.
Come approfondito nel lavoro “Machinery Regulation and Remanufacturing - a link between Machinery Safety and Sustainability” l’adozione del Regolamento UE 2023/1230 sulle Macchine segna una svolta cruciale verso l’integrazione della sicurezza, nel processo di remanufacturing, come requisito fondamentale per assicurare la definizione di “Come Nuovo”. Questa interpretazione normativa si allinea al Regolamento UE 2024/1781 sui requisiti di progettazione ecocompatibile, che sancisce i principi della progettazione sostenibile incentivando prodotti durevoli, sicuri e rifabbricabili.
Lo studio unisce due dimensioni critiche: (1) la valutazione metodologica dell’accettabilità della rigenerazione sotto il Regolamento Macchine e (2) l’ottimizzazione strutturale per cicli multipli di rifabbricazione. La prima dimensione definisce criteri per i macchinari rifabbricati, stabilendo soglie progettuali di accettabilità che bilanciano il fisiologico accumulo di un danno con la possibilità di poter garantire una prestazione strutturale pari al nuovo in seconda o n-esima vita. La seconda dimensione utilizza una valutazione del Ciclo di Vita (LCA o LCC) parametrica per quantificare come parametri progettuali strutturali—quali dimensione e forma—influenzino direttamente il numero di cicli di rigenerazione possibili, determinando così l’impatto ambientale a lungo termine (es. consumo di risorse) e la sostenibilità economica.
In conclusione, il lavoro fornisce un duplice contributo: avanza metodologie di progettazione circolare in linea con le normative UE e dimostra come la LCA parametrica possa tradurre scelte progettuali strutturali in risultati ambientali ed economici misurabili. I risultati evidenziano la necessità di allineare standard tecnici, quadri normativi e strategie di ecodesign per raggiungere una sostenibilità sistemica nel settore delle macchine industriali.
Questo studio adotta un approccio quantitativo per rispondere in modo rigoroso a un quesito legittimo, spesso affrontato con risposte semplicistiche: è più sostenibile manutenere un’auto esistente o sostituirla con una nuova? Per rispondere a questa domanda, è stato sviluppato un modello comparativo di Life Cycle Assessment (LCA) che analizza due scenari: il primo in cui l’utente decide di prolungare la vita del proprio veicolo attraverso manutenzione e riparazioni, e il secondo in cui opta per la sostituzione con un’auto nuova.
L’analisi adottata è olistica e considera l’intero ciclo di vita dell’auto, comprendendo la produzione, l’uso, la manutenzione, le riparazioni e la fase di fine vita. Un aspetto innovativo di questo studio è l’inclusione dettagliata dei maintenance log dei veicoli, che consente una valutazione più accurata dell’impatto ambientale legato agli interventi di riparazione e sostituzione dei componenti. Inoltre, viene considerato l’invecchiamento del veicolo, analizzando come le prestazioni e l’efficienza varino nel tempo.
Un elemento chiave di questo lavoro è lo sviluppo di un modello specifico che pesa la responsabilità ambientale della produzione e dello smaltimento dell’auto in base agli anni di possesso o ai chilometri percorsi. Questo significa che un utente che acquista un’auto usata è responsabile solo in parte del suo impatto produttivo e di fine vita, mentre un acquirente di un veicolo nuovo si assume l’intero carico ambientale associato.
Un ulteriore sviluppo consiste nella creazione di un tool interattivo con interfaccia grafica user-friendly, attualmente in fase di sviluppo, che permetterà agli utenti di valutare autonomamente diverse configurazioni e scenari d’uso. Questo strumento potrà supportare decisioni informate, favorendo un approccio più consapevole alla sostenibilità nel settore automotive. I risultati di questo studio forniscono una base quantitativa utile per utenti privati, aziende e policymakers interessati a ottimizzare l’impatto ambientale della mobilità attraverso scelte più sostenibili.
L’interesse industriale e accademico per i materiali sostenibili è in continua crescita. Questi materiali sono progettati per ridurre l’uso di risorse non rinnovabili, limitare le emissioni di gas climalteranti (GHG) e risultare riciclabili o biodegradabili.
Tuttavia, per garantire un processo di progettazione realmente circolare e sostenibile, è fondamentale fornire ai progettisti parametri quantitativi che consentano scelte consapevoli. Così come la caratterizzazione delle proprietà meccaniche assicura l’integrità strutturale, la quantificazione del Potenziale di Cambiamento Climatico (GWP) dei nuovi materiali è essenziale per minimizzare l’impatto ambientale del sistema progettato. Un approccio quantitativo consente di evitare fenomeni come il greenwashing, operare scelte efficaci tra più materiali e impostare ottimizzazioni multidisciplinari che considerino integrità strutturale, costo e sostenibilità.
L’obiettivo del presente lavoro è stimare il Potenziale di Cambiamento Climatico (GWP) associato alla produzione di un chilogrammo di materiale, insieme ai parametri meccanici tradizionali quali modulo elastico, tensione a rottura, allungamento a rottura e densità. Lo studio viene condotto su provini da laboratorio, valutando l'impatto ambientale secondo le normative ISO di riferimento e considerando non solo la fase produttiva, ma anche il trasporto e lo smaltimento.
I materiali analizzati sono il polilattato (PLA) e alcuni suoi compositi, ottenuti dall’aggiunta di fibre naturali di scarto (es. Posidonia oceanica e Chamaerops humilis o Palma Nana) alla matrice. L’analisi di impatto ambientale è condotta sia su scala laboratoriale (produzione del provino) sia su scala industriale, al fine di quantificare il coefficiente di scale-down derivante dall’efficienza dei processi produttivi su larga scala.
I risultati dimostrano che, con il giusto processo produttivo, è possibile migliorare le caratteristiche meccaniche e, al contempo, ridurre l'impatto ambientale rispetto al materiale di partenza (PLA non caricato). La caratterizzazione proposta costituisce la base necessaria per un processo progettuale olistico che integri impatto ambientale, integrità strutturale, costo ed eventuali altri parametri. Questo approccio è inoltre estendibile alla progettazione di componenti, dove la discriminante in termini di impatto ambientale assoluto potrebbe dipendere non solo dal ciclo di vita del materiale, ma anche dalla quantità di materiale utilizzata.
The automotive sector is currently facing intense regulatory demands to enhance the sustainability profile of new vehicles. Within this evolving framework, a great effort is currently devoted to the introduction of a series of innovations targeted at reducing the environmental impact of cars Life Cycle (LC), among which lightweight design is one of the most effective. This study develops a customized framework to assess the potential of lightweighting in reducing the environmental effects caused by passenger road transportation. More specifically, the work relies on Life Cycle Assessment (LCA) modelling of use phase, and it makes available a model able to evaluate the influence of mass reduction for a wide range of applications (in terms of propulsion technology, car size, and electricity grid mix) and for the Life Cycle Impact Assessment (LCIA) categories most relevant within the automotive field. The main advantage of such an approach lies in capability of estimating the use-phase effects via readily applicable indicators with strongly reduced need for data collection, thus resulting in a considerable saving in both time and personnel involvement. The utility of the refined framework is finally demonstrated through the application to a real-life case study, the re-design of a C-segment car roof which provides the investigation of different lightweight alternatives both in terms of materials and manufacturing processes.
Keywords
Materials selection, Performance index, Life cycle approach, Environmental Impact, Design for environmental sustainability
Abstract
The need to strengthen the strategies for product life cycle optimization, which in principle are the most efficient for environmental protection in product design, requires interventions starting from the conception and design phases, in which a reasoned and efficient management of the choice of materials plays a decisive role, in the face of an increasingly broad spectrum of product requirements.
In this work, the possibility of extending the performance functions used for a materials selection approach based on efficient combinations of properties for the purposes of the specific application (performance indices), developed according to the Ashby method, is investigated, in order to include environmental aspects linked to the whole life cycle of the material, and to search for an optimal choice that integrates these aspects with the requirements aimed at guaranteeing the primary functionalities.
With this aim, an integrated approach to the optimal choice of materials is outlined, which allows the management of design parameters of different nature (material properties, significant geometric parameters), taking into account various types of requirements: functional, economic, environmental. Regarding this last aspect, through the introduction of specific formulations of the impact of the life cycle combined with the performance functions, material selection metrics are obtained which are able to take into account a wide range of implications on the environment. In the most general form the latter are attributable to all the processes constituting the main phases of the life cycle of the material, but they can also be modulated and parameterized with respect to the specificities of the product to which the choice of material applies.
The advantages of using metrics extended to the product life cycle, also in this specific field of design, parameterized according to some determining factors for the environmental impacts, generally confirm the need to implement in the development of metrics for environmentally sustainable design the holistic vision necessary to avoid design choices that limit themselves to shift the environmental criticalities between the life cycle phases, without pursuing an efficient balance so to outline an effectively sustainable solution.
Il cold spray è una tecnica di deposizione allo stato solido di polveri metalliche che presenta diverse peculiarità che la rendono attrattiva in molte applicazioni di interesse tecnico.
Il cold spray consiste nell'accelerare le polveri metalliche attraverso un ugello convergente-divergente fino a velocità supersoniche, tali da indurre, una volta raggiunto il substrato su cui depositare le polveri, l'adesione delle polveri stesse grazie all'elevata deformazione plastica e l'elevata velocità di deformazione.
Grazie alle poche limitazioni in termini di materiale da spruzzare (l'unica proprietà necessaria è una certa duttilità) e di combinazione dei materiali della polvere e del substrato, alla possibilità di spruzzare miscele di materiali differenti e alla mancanza di limiti relativi allo spessore dei depositi ottenibili, oltre alla elevata velocità di deposizione (si può arrivare a 15 kg/h), il cold spray è oggi considerato una tecnica molto attrattiva in sede di riparazione e remanufacturing, al fine di allungare la vita utile di componenti eserciti e/o danneggiati.
Nel presente lavoro, dopo aver introdotto il processo ed aver discusso vantaggi e punti critici dell'applicazione del cold spray come tecnica di riparazione/remanufacturing, si descrivono alcune applicazioni sviluppate dagli autori in ambito strutturale e se ne discutono i risultati criticamente.
In questo studio è stata condotta una caratterizzazione termo-meccanica di compositi rinforzati con fibre di basalto e matrice termoplastica a base di metilmetacrilato riciclabile, al fine di valutarne il potenziale per applicazioni strutturali. Le prove meccaniche quasi statiche hanno evidenziato proprietà meccaniche comparabili a quelle di compositi tradizionali con resine termoindurenti e rinforzo in fibra di vetro. Le prove di impatto fuori piano, condotte mediante test con drop dart, hanno evidenziato una buona capacità di assorbimento dell’energia a diverse temperature (-40°C, 80°C e temperatura ambiente), confermando la duttilità e la robustezza del materiale in un ampio range termico.
Le analisi termiche condotte, comprensive di Differential Scanning Calorimetry (DSC), Thermogravimetric Analysis (TGA) e Dynamic Mechanical Analysis (DMA), hanno permesso di approfondire la risposta del materiale in diverse condizioni operative. Le analisi hanno confermato che il composito con fibra di basalto presenta un incremento della temperatura di transizione vetrosa (Tg), con un valore massimo di 102°C rispetto a 80.3°C della sola resina, e un miglioramento della stabilità termica dovuto alla presenza delle fibre. L’analisi DMA ha ulteriormente confermato la stabilità termica, con un modulo elastico che non subisce significative variazioni fino a 85°C, mantenendosi su valori elevati di rigidezza.
L’aumento della temperatura di transizione vetrosa e la maggiore stabilità termica conferiti dal rinforzo in fibra di basalto rendono questi compositi adatti all’impiego in diversi settori quali automotive, energetico e trasporti, dove sono richieste buone prestazioni termomeccaniche associate alla possibilità di un riciclo più efficiente.
I concetti di limite di fatica, secondo la meccanica classica, e di soglia di propagazione a fatica, secondo la meccanica della frattura, sono legati tra loro dalla cosiddetta curva R ciclica, che esprime la dipendenza della soglia di propagazione a fatica di cricche fisicamente corte dalla lunghezza di cricca stessa. Conoscere la curva R ciclica consente da un lato di migliorare la comprensione dei fenomeni di propagazione a fatica nel materiale in esame e dall’altro di affinare le previsioni di vita a fatica dei componenti strutturali. La sua determinazione sperimentale prevede l’impiego di provini standard, ad esempio i ‘Single Edge Notch Bend’ (SENB), con un intaglio iniziale particolarmente affilato per contenere i carichi applicati in fase di pre-criccaggio e minimizzarne i possibili effetti sequenza. Successivamente, i provini vengono pre-criccati per mezzo di sollecitazioni di puro modo I di compressione ciclica, in modo da indurre tensioni residue di trazione in prossimità dell’apice della pre-cricca, tali da mantenere la pre-cricca aperta in fase di scarico ed evitare la formazione di fenomeni di chiusura. Infine, per ottenere la curva R ciclica si eseguono, in sequenza, una serie di test di propagazione a fatica, in modo da determinare il valore di soglia di propagazione a fatica al variare dell’estensione della cricca propagante. In questo lavoro, è stata analizzata sperimentalmente la soglia di propagazione a fatica di cricche corte in un acciaio 42CrMo4 temprato e rinvenuto, con provini estratti dalla testa di biella di un motore navale. Poiché la criticità maggiore risiede nel dover misurare con elevata accuratezza la lunghezza della cricca di fatica, per confronto sono stati applicati contemporaneamente quattro diversi metodi di misura della dimensione di cricca. In particolare, la misura di cricca è stata effettuata con osservazione diretta mediante microscopio digitale, con il metodo della caduta di potenziale elettrico in corrente continua (DCPD), da misure estensimetriche secondo il metodo della cedevolezza e per mezzo di ‘crack gages’. In accordo alla norma ISO 12108-2018, la soglia di propagazione della cricca a fatica è stata definita come il range del fattore di intensificazione delle tensioni equivalente ΔK in corrispondenza ad una velocità di propagazione della cricca inferiore a 10^(-10) m/ciclo.
Adhesive bonded joints are increasingly used in contexts where lightweight and multi-material structures are needed, including aerospace and automotive. In light of this, a proper characterization of their durability is essential to satisfy the functional and safety requirements during their application. An issue possibly correlated with this need is related to the difficulty in experimentally replicating the complexity of the real loading conditions which the joints are subjected to in their final application. In particular, a characterization based on static strength or even mono-axial fatigue strength could fail in completely describing the mechanical response of an adhesive joint subjected to multiple loading sources. A multiaxial fatigue characterization is needed to properly consider these aspects. Several studies dealing with the Multiaxial Proportional Fatigue (MPF) of adhesive joints exist in literature, while the Multiaxial Non-Proportional Fatigue (MNPF) on the same kind of joints is a relatively unexplored topic. In this work, a theoretical and experimental assessment of fatigue life of an adhesive bonded joint subjected to both MPF and MNPF loading conditions is carried out. To do this, a butt joint was selected to undergo pure axial, pure torsional and combined axial and torsional fatigue tests. The joint was designed in order to assure that peak tensile and shear stresses were localized in the same zone. The substrates were manufactured in S355 steel and using a two-component epoxy adhesive to bond them together. The study considered several fatigue-life prediction models, including stress- and strain-based uniaxial equivalent fatigue parameter, critical plane approaches (e.g.: Findley, Brown-Miller, Fatemi-Socie), and invariant-based criteria (e.g.: Drucker-Prager, Von Mises). The findings of this study will contribute to developing sound predictive models for estimating fatigue life under real loading conditions, facilitating the extrapolation of the results from simple coupon tests to full-scale structural applications and enhancing the safety and reliability of adhesively bonded structures.
Il seguente articolo tratta la previsione numerica di resistenza al piede di giunti saldati con cordone ad angolo, nel caso si applichino carichi statici o affaticanti. In particolare, si pone come primo obiettivo la determinazione di un processo di analisi che possa essere applicato in larga scala a livello industriale su giunti di notevole complessità geometrica e di elevata numerosità, al fine di rendere il processo veloce ed affidabile e di consentire rapide iterazioni di design ed ottimizzazione, minimizzando le risorse computazionali richieste.
Tramite una comparazione basata su FEM, si applica il metodo proposto, denominato ENLO-SED che integra i risultati provenienti da un approccio di tipo energetico, quale la Densità di Energia di Deformazione (SED) e le Tensioni Strutturali ricavate mediante l'approccio delle Forze Nodali.
I risultati mostrano le correlazioni tra i due metodi in termini di previsione e si pone attenzione sui punti di forza del metodo in merito alla sua applicazione in modelli FEM in larga scala, dove il numero e complessità dei giunti saldati rappresentano un ostacolo all’applicazione più classica del metodo.
Sono discusse le differenze in termini di tempi e complessità di pre-processing e di calcolo, mostrando i benefici in ambito industriale del metodo ENLO-SED che permette una rapida investigazione della resistenza sia statica che a fatica di giunti critici, anche dalle prime fasi della progettazione.
In conclusione il metodo ENLO-SED si propone quindi di essere idoneo all’impiego pratico da parte di istituti di ricerca ed aziende per le strutture saldate in metallo. In particolare, si mostrano le correlazioni tra i due metodi in termini di risultati e si pone attenzione sui punti di forza del metodo in merito alla sua applicazione in modelli FEM in larga scala, dove il numero e complessità dei giunti saldati rappresentano un ostacolo all’applicazione più classica del metodo. Sono infine discussi gli sviluppi futuri del metodo nel mondo dell’industria ed accademico.
Negli ultimi decenni, la crescente diffusione dei dispositivi elettronici ha reso sempre più rilevante l’analisi dell'affidabilità dei componenti elettronici, specialmente in applicazioni critiche come il settore aerospaziale e automotive. Tra le principali cause di guasto, oltre ai carichi termici, vi sono le sollecitazioni meccaniche di tipo vibrazionale, che possono portare a fenomeni di fatica strutturale nei componenti saldati su circuiti stampati (PCB). Questo lavoro ha come obiettivo quello di sviluppare un metodo semplice ma efficace per la previsione della vita a fatica di tali componenti, basato su un approccio numerico validato sperimentalmente. Il metodo proposto parte dallo sviluppo di un modello solido agli elementi finiti (FEM) del sistema PCB-componente, progettato per replicare fedelmente il comportamento dinamico reale e da questo avanza per proporre uno sviluppo semplificato. L’analisi è stata condotta nel dominio della frequenza, combinando e confrontando dati sperimentali ottenuti sollecitando con carichi random attraverso uno shaker elettro attuato i componenti e le simulazioni numeriche. I risultati ottenuti hanno evidenziato un’ottima correlazione tra le previsioni numeriche e i dati sperimentali, confermando la validità del metodo proposto.
Parole Chiave: Fatica vibrazionale PCBa, Affidabilità dei componenti elettronici, modellazione PCBa
La brasatura è un processo di giunzione efficiente ed economico per l'assemblaggio di componenti metallici. Questa tecnologia è ampiamente utilizzata in diversi settori industriali, tra cui quello automobilistico e quello energetico. Tra i principali vantaggi di questa tecnologia vi sono l’efficienza energetica, la versatilità e la possibilità di eseguire il processo in atmosfera controllata. Quest’ultimo aspetto è fondamentale per limitare la formazione di ossidi superficiali sui metalli di base, garantendo un'adeguata bagnabilità e adesione del metallo d'apporto. Tale caratteristica risulta particolarmente vantaggiosa per materiali ad alta reattività, come le leghe di alluminio.
Nonostante i numerosi vantaggi, l’integrità strutturale dei componenti brasati costituisce una criticità, soprattutto quando sollecitati a carichi ciclici. Infatti, la presenza del giunto, e quindi del cordone di brasatura, introduce una concentrazione delle tensioni locali ed un indebolimento del materiale, favorendo la nucleazione di cricche. Di conseguenza, le zone di transizione tra il metallo di base e il cordone di brasatura costituiscono punti di innesco preferenziali per i fenomeni di danneggiamento meccanico. In questo contesto, risulta quindi essenziale sviluppare metodologie affidabili per prevedere la vita a fatica dei componenti brasati. Tuttavia, nonostante molti componenti brasati siano soggetti a carichi affaticanti durante il loro utilizzo, attualmente non esistono approcci consolidati per valutarne le loro prestazioni resistenziali.
In questo studio viene presentata un’analisi del comportamento a fatica di giunzioni saldo-brasate realizzate su componenti di scambiatori di calore a microcanali in leghe di alluminio della serie 3000. Questi componenti brasati sono spesso soggetti a carichi ciclici complessi durante il loro funzionamento, principalmente a causa delle pulsazioni di pressione indotte dall’azione dei compressori che alimentano le batterie. Tali sollecitazioni possono presentare ampiezze variabili e tensioni medie fluttuanti, e possono raggiungere un numero di cicli molto elevato nell’arco della vita utile del componente. Di conseguenza, la progettazione di questi componenti deve garantire l’integrità strutturale alle condizioni operative previste per l’intero ciclo di vita. Successivamente, vengono applicati diversi criteri locali e non per la stima di un parametro di danneggiamento a fatica efficace anche per configurazioni geometriche differenti per questa tipologia di saldatura e materiale.
Most freight trains use a pneumatic braking system that does not ensure synchronised
braking between different wagons. This lack of synchronisation results in significant in-train
forces during emergency braking, which is sometimes triggered by the railway
infrastructure when certain speed thresholds are exceeded. The magnitude of these forces
depends on several factors, including train length, mass, load distribution and the specific
braking operation being performed, e.g. after acceleration or from coasting conditions.
Excessive compressive in-train forces can lead to wagon derailment, particularly when
light wagons are travelling through curves with small radii. Conversely, excessive tensile
forces can compromise the integrity of the coupling system, leading to premature fatigue
failures, interrupting train service and requiring the recovery of separated train sections. In
the light of the above framework, and to increase the applicability of the results, this study
carries out an investigation of the fatigue behaviour for the International Union of Railways
(UIC) unified coupling system, using load spectra generated by the UIC TrainDy software.
The calculated trains are statistically generated and have the same mass and length in
order to provide a significant variability for the load spectra used by the finite element
analysis. The aim is to develop a maintenance model that is capable of predicting the
extent of damage to the screw couplings of freight wagons during their service life. Based
on a systematic and automated analysis of realistic load cycles, the model will allow the
optimisation of maintenance strategies and, at the same time, the improvement of railway
efficiency.
This study addresses, within the framework of fracture mechanics, the structural analysis of the DEMO divertor - a key component in fusion reactors - subjected to particularly severe loading conditions.
A global model of the divertor was developed using Finite Element Method (FEM) analysis, including all structural subcomponents. Thermal and Internal pressure load cases were considered. The FEM analysis enabled the identification of critical areas prone to stress concentration.
Based on the global results, a submodeling technique was applied to analyze locally critical components with higher resolution. On these sub-models, a Linear Elastic Fracture Mechanics (LEFM) analysis was performed using the FRANC3D software. Static semi-elliptical cracks were introduced in various configurations, and the Stress Intensity Factor was evaluated to assess their criticality.
Subsequently, an incremental crack growth analysis was conducted to simulate crack propagation based on the local stress field, also accounting for directional variations.
Finally, a Lifetime Analysis was carried out using Paris' law, estimating the remaining fatigue life of components under the given loading conditions and in the presence of cracks at the identified critical points.
The entire procedure was repeated for each subcomponent and loading condition, resulting in a broad and detailed understanding of the fracture response of the system. This approach provides crucial insights for the design, inspection, and long-term maintenance of the divertor.
La manifattura additiva è una nuova tecnica di produzione di materiali che combina diversi vantaggi tecnologici, come la capacità di costruire componenti di forma complessa in tempi relativamente brevi e utilizzando un processo relativamente circolare [1]. Tuttavia, ci sono ancora molte sfide da superare per quanto riguarda la valutazione dell'integrità strutturale e la caratterizzazione di questi materiali. Per quanto riguarda la caratterizzazione di microstrutture eterogenee o anisotrope, la presenza di tensioni residue e difetti indotti, o la dipendenza delle proprietà del materiale dalla direzione e dall'orientamento della costruzione, può comportare la definizione di procedure di prova e analisi ad hoc. Le dinamiche relative al comportamento a fatica di questi materiali non sono ancora pienamente comprese e quindi sono necessarie nuove metodologie per studiarne il relativo danneggiamento ed eventualmente stimare il limite di resistenza del materiale in modo rapido [1-2].
La meccanica sperimentale fornisce un supporto prezioso sia per la verifica dell'integrità strutturale sia per la caratterizzazione dei materiali [3-9]. In particolare, la termografia a infrarossi, utilizzata per la caratterizzazione rapida dei materiali, consente di rilevare precocemente i danni nel materiale e di studiarli in tempi relativamente brevi. Sfruttando l'autoriscaldamento del materiale [3-5], è possibile valutare il comportamento a fatica del materiale da livelli di sollecitazione molto bassi fino alla rottura. Le metodologie basate sull'energia [6-9], fondate sulla valutazione di variabili quantificabili come la temperatura e la deformazione, hanno dimostrato la loro efficacia nell'identificazione del danno, anche in presenza di piccoli difetti superficiali, e nella separazione del comportamento inelastico da quello anelastico del materiale. Più in dettaglio, negli ultimi anni, la stima dell'energia dissipata durante i processi di fatica attraverso la valutazione delle fluttuazioni di temperatura (ampiezza della seconda armonica [7-9]) ha dimostrato un notevole potenziale per l'analisi precisa del comportamento dei materiali attraverso la valutazione di un parametro resistente all'influenza di numerosi fattori di disturbo.
Il presente lavoro presenta i risultati preliminari della caratterizzazione a fatica della lega AlSi10Mg-AM prodotta mediante fusione laser selettiva, utilizzando metodi rapidi. L’ampiezza della seconda armonica termica e l'area sotto il ciclo di isteresi sono utilizzate come indici di danno e per studiare il comportamento del materiale. La seconda armonica termica rappresenterà, inoltre, non solo gli effetti dissipativi ma anche quelli termoelastici, aspetto che complica notevolmente la valutazione del comportamento del materiale.
BIBLIOGRAFIA
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Il lavoro di ricerca è stato condotto all’interno del progetto Scalabilty denominato ECO-FRIEND e ha visto la collaborazione di tre sedi universitarie più la partecipazione dell’azienda Stellantis.
L’obiettivo principale del progetto è stato quello di realizzare schiume sia rigide che flessibili bio-based per la realizzazione di componenti per interni automobilistici. In particolare, differenti schiume sono state sintetizzate utilizzando materiali bio-based derivanti da rifiuti rinnovabili come l’olio da cucina e confrontate in termini di proprietà termofisiche. A tal proposito, l’analisi termofisica è stata condotta mediante l’utilizzo di tecniche termografiche attive. Tali tecniche, grazie all’utilizzo di sorgenti di eccitazione esterna, consentono di investigare la risposta termica del materiale e di stimare la diffusività termica.
L’obiettivo del lavoro di ricerca è stato quello di sviluppare delle procedure di prova ed analisi dei dati per la valutazione delle proprietà termofisiche di provini e componenti con tecniche termografiche. Infatti, esiste uno Standard di prova per la misura della diffusività termica con tecnica termografica (termografia flash), ma applicabile solo su provini di determinate dimensioni e non su componenti reali.
Differenti prove con differenti tecniche attive sono state condotte su provini campione, al fine di ottenere un parametro termografico in grado di descrivere il comportamento termico della schiuma e quindi di ottenere la stima delle grandezze termofisiche.
Carbon-ceramic brake discs are widely used in high-performance and safety-critical applications due to their excellent thermal resistance, durability and braking efficiency. A crucial characteristic for high-performance brake discs is their ability to withstand the extreme temperatures generated during braking. Since braking converts kinetic energy into heat, understanding how this heat propagates through the disc is essential. Efficient heat dissipation prevents thermal stress, material degradation, and performance loss, ensuring durability and consistent braking efficiency. This study investigates the local thermal diffusivity of brake-discs using lock-in thermography, with the objective of analyzing the heat propagation along its thickness when subjected to laser heating. The experiment has been conducted at two locations: one on a rib and the other on a cooling channel, and three separate directions have been considered for the analysis to capture the anisotropic thermal behavior of the brake disc. The first direction is parallel to the carbon fibers, the second direction is perpendicular to the fibers, and the third direction is set at a 45° angle to provide information on intermediate heat propagation characteristics. This approach allow a comprehensive evaluation of how the orientation of the material fibers affects thermal diffusivity and heat transfer efficiency. Post-processing has involved the application of a 1D fast Fourier transform (FFT) algorithm to extract amplitude and phase maps. The phase maps show variations in thermal diffusivity, influenced by the material’s anisotropy and structural differences (rib vs. cooling channel). The propagation of the thermal wave along the thickness varies with the selected measurement points, confirming that the local geometry affects the heat transfer characteristics. The analysis of thermal diffusivity across different fiber orientations reveal a pronounced anisotropy in heat propagation. The measured diffusivity is significantly higher in the direction parallel to the carbon fibers, where heat conduction is more efficient, while it is considerably lower in the perpendicular direction due to the obstructive effect of fiber-matrix interfaces. The intermediate measurement at 45° exhibited a smooth transition in thermal behavior and show the greatest variability depending on structural differences at the measurement points (rib vs. cooling channel). These findings underscore the critical influence of fiber orientation on thermal management and demonstrate that thermography can serve as a valuable tool for advanced quality control in brake disc manufacturing.
The aerospace industry's growing demand for lightweight and sustainable solutions is driving the increased adoption of thermoplastic matrix composites. These materials offer enhanced processability and recyclability, notably through advanced welding techniques like ultrasonic welding (USW). USW provides high-quality, repeatable joints, but its widespread aerospace implementation requires robust non-destructive testing (NDT) methods to ensure structural integrity and optimize process parameters.
Infrared thermography (IR-NDT) is a promising candidate NDT technique due to its ability to detect internal defects across large surfaces, with easily integrated setups and rapid post-processing. This study proposes an innovative integrated IR-NDT setup, utilizing vibrothermography, to monitor and optimize USW of carbon fiber-reinforced LM-PAEK thermoplastic composite panels.
The USW process, employing sonotrode-induced vibrations and an energy director layer, generates localized heating via viscoelastic straining and hysteretic heat, thereby welding the adherends. Optimal weld quality depends on precise parameter tuning, including vertical stroke (amplitude), welding time, applied pressure, step size, and rest time. Understanding these parameters is crucial for enhancing joint quality and mechanical performance.
Vibrothermography exploits the principle that mechanical vibrations induce heat dissipation, concentrated at defect interfaces like cracks or delaminations, creating thermal signatures on the surface. In this work, a high-speed (100 Hz) cooled-sensor infrared camera (Flir SC 7000) monitors the welding quality. To assess the welded area, the same sonotrode applies controlled vibrations post-welding, utilizing reduced vibration time and amplitude. The resulting transient heat distribution effectively marks off the welded spot boundaries and the effective welded area.
This methodology enables rapid and reliable inspection of welded joints, with potential for online monitoring of USW procedures on complex geometries and varying material compositions. The proposed approach significantly advances quality assurance in aerospace composite structures assembled by USW, fostering broader industrial adoption of this joining technique.
Laser-based Powder Bed Fusion of Metals (LPBF) is an advanced additive manufacturing technology that enables the production of geometrically complex components using metallic alloys, such as AISI 316L steel. However, LPBF-processed materials typically exhibit higher porosity and microdefect densities compared to those produced by more traditional fabrication methods. Consequently, while static mechanical properties may still meet design specifications, fatigue reliability is often compromised. Furthermore, fatigue optimisation is challenged by the limitations of standard fatigue characterization procedures, which are time-consuming, costly, and frequently yield highly dispersed results. These limitations stem from factors such as microdefect-induced brittleness and residual stresses resulting from suboptimal post-processing thermal treatments.
This study investigates the application of thermographic methods as a potentially efficient approach to assess the intrinsic fatigue behaviour of LPBF materials. Thermographic methods, as employed herein, involve monitoring thermomechanical metrics derived from surface temperature measurements during cyclic fatigue loading. The capacity to effectively capture these temperature-based metrics during stepwise tests with incrementally increasing load amplitudes enables the early detection of intrinsic heat dissipation. The stress amplitude associated with a significant increase of dissipation rate correlates with the onset of irreversible microdamage accumulation, ultimately resulting in fatigue failure. Therefore, thermographic methods offer the potential to determine material-intrinsic fatigue stress thresholds in a relatively rapid and effective manner.
The extension of thermographic methodologies to the evaluation of LPBF metals is particularly relevant for industries that may benefit most from this technology, e.g. the biomedical and aerospace sectors. These sectors, characterized by stringent regulatory requirements for material qualification in fatigue-prone applications, stand to benefit significantly from the enhanced efficiency that the thermographic fatigue assessment may offer.
Specifically, this study explores the feasibility of a stepwise Thermographic-Method approach based on the evaluation of temperature harmonic metrics. These have the advantage to be obtainable at early stages of each stepwise loading block, by high-frequency sampling of the temperature signal over a few seconds. The acquired dataset is then fully post-processed within seconds, yielding near-real-time full-field maps of the amplitude and phase of the first and second temperature harmonics. These harmonics are subsequently employed to monitor both the development of localized damage, via thermoelastic signal maps, and the local/average level of intrinsic dissipation associated with each loading block.
The results demonstrate that the chosen thermographic metrics effectively monitor the structural health evolution of the test coupons during the incremental stepped fatigue tests. Each metric correlates with the material status through distinct mechanisms, which are presented and discussed.
Negli ultimi anni sono stati sviluppati nuovi processi di produzione e tecniche di giunzione per ridurre il peso, migliorando al contempo la sostenibilità e la circolarità nella progettazione di componenti e strutture. In questo contesto, il monitoraggio delle strutture mediante tecniche non distruttive può fornire informazioni utili sulla presenza di difetti che possono compromettere la resistenza del materiale e portare a cedimenti precoci inaspettati. Rilevare, quantificare e quindi riparare i componenti può prolungarne la vita, aumentando la sostenibilità.
L'obiettivo di questo lavoro è la caratterizzazione non distruttiva, mediante tecniche termografiche, di materiali ibridi costituiti da una struttura sandwich in cui il materiale di base (AlSi10Mg prodotto mediante Additive Manufacturing) è rivestito con pelli in fibra di carbonio. In particolare, è stata studiata la presenza di distacchi tra il materiale di base e il rivestimento su diversi campioni classificati in base alla direzione di costruzione 3D del materiale di base: 0°, 45°, 90°.
Sono state eseguite diverse prove adottando la termografia lock-in e step, utilizzando due lampade alogene con una potenza totale di 1300 W. I dati sono stati analizzati con diversi algoritmi ed è stata eseguita una valutazione quantitativa dell'area danneggiata. Inoltre, l'Analisi delle Tensioni Termoelastiche (TSA) è stata utilizzata come tecnica NDT per valutare l'area danneggiata prima delle prove di trazione e flessione. Infine, sono state investigate possibili correlazioni tra le proprietà meccaniche e le aree danneggiate utilizzando strumenti statistici.
Il presente lavoro di ricerca propone un metodo di prova non distruttiva (NDT) utilizzando la termografia a infrarossi per ispezionare tubi con fori e asole realizzati mediante elettroerosione e manifattura additiva. Infatti, una delle principali criticità nella progettazione di componenti come le palette di turbina è garantire un raffreddamento efficace delle superfici e un flusso in ingresso ottimale, fattori cruciali per le loro prestazioni. In questo contesto, la portata e la geometria del getto, come nel caso dei fori di raffreddamento o delle fessure di ingresso, sono determinanti per ottimizzare le condizioni di raffreddamento e prevenire danni termici. Il CO2 è stato utilizzato come gas poichè opaco nell'infrarosso, in particolare alla lunghezza d'onda intorno a 4.3 µm, per verificare l'apertura e valutare la forma del flusso proveniente dai fori e dalle asole esaminate. Per ottenere il contrasto del segnale, è stato impiegato uno sfondo caldo controllato come riferimento, e una termocamera raffreddata con apposito filtro CO2 ha monitorato la risposta termica per rilevare variazioni del flusso causate dalle diverse geometrie. I test hanno incluso diverse dimensioni, passo e rapporti di aspetto, confrontando i risultati tra manifattura additiva e elettroerosione in varie condizioni. Inoltre, l'analisi post-elaborazione degli indici quantitativi e delle caratteristiche termiche specifiche ha consentito una valutazione non distruttiva dei fori, utilizzando diverse tecnologie, e ha fornito una valutazione delle condizioni di apertura, dell'uscita, della geometria e della forma del flusso. I parametri come il rapporto mm/pixel, la temperatura dello sfondo, la temperatura e la pressione all'interno del tubo campione, insieme all'impatto degli effetti 3D sul segnale termico in uscita dai fori, sono stati analizzati in dettaglio con approccio statistico per garantire una valutazione quantitativa e ripetibile del segnale termico nelle condizioni di progetto.
Integrated Framework for Design for Additive Manufacturing and Metrology: An Industrial Overview
Martina Malarco , Matteo Viti , Alessandro Abati , Stefano Gottardo, Luca Ammannato, Lokesh Chandrabalan
Abstract:
Over the last decade, there have been rapid developments in the metal additive manufacturing processes, particularly with respect to Powder Bed Fusion-Laser Beam/Metal (PBF-LB/M) . These developments and leveraging the ability of PBF-LB/M process to produce complex geometries with intricate features led to the widespread utilization and implementation in the gas turbine industry. However, a critical challenge in this context lies in evaluating critical internal geometrical features to correctly asses the component quality, functionality and provide feedback to evaluate the fabrication process stability. This work highlights the importance of a feature based assessment to precisely evaluate quality of the part produced in PBF/LB-M with the aid of industrial case study. Furthermore, the criticalities in selection of an adequate measurement system according to the design features are underlined by comparing dimensional measurements on the case study using state-of-the-art X-Ray Computed Tomography (XCT) and optical scan techniques to evaluate the wall thickness of critical internal structures and mechanically compliant features. Conclusively, an integrated framework from an industrial perspective combining the essentials of Design for Additive Manufacturing and Metrology is proposed not only to assess the part quality but also correctly evaluate the PBF/LB-M process stability.
Keywords: Powder Bed Fusion-Laser Beam/Metal, Internal geometrical features, X-Ray Computed Tomography, Integrated Framework, Process Stability
Questo studio presenta un approccio di machine learning (ML) probabilistico per prevedere e migliorare le prestazioni a fatica dei componenti in SS316L prodotti tramite additive manufacturing (AM). Utilizzando come input i principali parametri di processo (PP), i trattamenti termici, i trattamenti superficiali e il volume di rischio, il modello sviluppato mira a fornire stime statistiche della resistenza a fatica, offrendo importanti informazioni per prolungarne la vita utile dei componenti.
Utilizzando un database di prove a fatica sperimentali tratto dalla letteratura, è stata impiegata una rete neurale Bayesiana (BNN) per discernere l’incertezza del modello, dovuta ai limiti dei dati, dall’incertezza intrinseca del fenomeno della fatica. Per separare questo contributo d’incertezza da quello sperimentale, la BNN è stata addestrata su curve Tensione-Numero di cicli (PSN) con livelli di affidabilità (R90) e fiducia (C90) del 90%, comunemente adottati nella pratica industriale. Inoltre, la BNN consente di stimare l’incertezza del modello di ML, dovuta esclusivamente alla sua architettura e al processo di addestramento.
I risultati della BNN sono curve R90C90 con una distribuzione ereditata dal database di addestramento, offrendo un'indicazione dell’affidabilità delle previsioni del modello di ML e fornendo uno strumento sicuro e basato sui dati per la progettazione di componenti prodotti tramite AM. Questo approccio permette di prevedere in modo robusto le curve PSN, dimostrando una maggiore affidabilità rispetto ai modelli deterministici di ML. Inoltre, l'influenza dei PP sulla vita a fatica, come l’orientamento della parte, la potenza del laser, la velocità delle passate, la distanza tra le passate e lo spessore dello strato, è stata analizzata con l’architettura BNN sviluppata, rivelandone gli effetti combinati.
In conclusione, la BNN proposta migliora l'affidabilità e l’interpretabilità dei modelli deterministici di ML applicati alla progettazione a fatica, fornendo strumenti basati sui dati sperimentali in grado di prevedere accuratamente le curve PSN a partire dai PP. Inoltre, integra una stima probabilistica dell'affidabilità del modello, che può essere utilizzata per garantire una progettazione affidabile e sicura.
Obiettivo:
Lo studio si propone di indagare il comportamento di frattura in strutture lattice basate su Triply Periodic Minimal Surfaces (TPMS) impiegando un approccio multiscala innovativo. L’obiettivo principale di questo lavoro è l’identificazione di un modello in grado di descrivere il meccanismo di nucleazione e propagazione del danno in una regione lattice, impiegando una geometria da provino standard Compact Tension (CT). Questo provino è stato progettato per presentare un trasferimento di carico controllato: dalle interfacce dei perni in materiale pieno ad un’area centrale in lattice passante per il piano ideale di frattura. L’approccio metodologico si ispira a procedure consolidate, ma introduce una nuova prospettiva per la comprensione dell’interazione micro-meso scala, che regola la frattura nei materiali cellulari.
Metodi:
La ricerca si è articolata in due fasi complementari. In un primo stadio, il provino è stato simulato sotto carico a livello macroscopico, modellando ogni regione di lattice come un materiale omogeneizzato equivalente, andando così a definire lo stato di coazione globale del provino. Questi dati sono stati utilizzati come condizioni al contorno per il sottomodello locale con strutture fedelmente riprodotte, sfruttando una distribuzione innovativa di celle soggette a Periodic Boundary Conditions (PBCs). Questo doppio approccio ha permesso di analizzare efficientemente la risposta meccanica del provino durante una simulazione di Fatigue Crack Grow Rate (FCGR) in ambiente eXtended Finite Element Method (XFEM), con notevoli risparmi in termini computazionali e di complessità simulativa.
Risultati:
Le analisi numeriche hanno evidenziato una dinamica della frattura che si discosta dalla teoria classica della Frattura Lineare Elastica (LEFM). È stata osservata una distribuzione asimmetrica delle tensioni, con zone a maggior concentrazione di tensione che favoriscono la nucleazione e la propagazione del danno. Questi risultati hanno portato allo sviluppo di un modello predittivo modificato, in grado di descrivere in maniera più accurata la complessa dinamica della frattura, in stretta correlazione con l’evoluzione delle condizioni locali del materiale. I dati sperimentali supportano la validità dell’approccio multiscala, evidenziando la ripetibilità e la robustezza dei risultati ottenuti.
Conclusioni:
L’integrazione di simulazioni macroscopiche e locali ha dimostrato di essere un metodo efficace per decifrare i complessi meccanismi di frattura nelle strutture lattice TPMS. Il modello predittivo sviluppato offre nuove prospettive per l’impiego dei materiali cellulari ottenibili tramite Additive Manufacturing (AM) e sulla loro durabilità.
Grazie alla loro configurazione strutturale avanzata, i metamateriali permettono di ottenere proprietà fisiche inusuali, impossibili da ritrovare nei materiali convenzionali. Possono fornire prestazioni strutturali, dissipare il calore, filtrare vibrazioni o accelerazioni sismiche e perturbare campi magnetici. Questa capacità deriva dalla progettazione mirata delle loro strutture fondamentali su diverse scale, che consente di ottenere combinazioni uniche di caratteristiche multifisiche. Il settore aerospaziale è particolarmente interessato a queste soluzioni, poiché necessita di materiali in grado di garantire elevate prestazioni riducendo al minimo peso e ingombro. Tuttavia, la complessità di tali strutture rende difficile l’applicazione di modelli teorici tradizionali e, al contempo, non esistono strumenti di progettazione consolidati che permettano di combinare e ottimizzare la topologia delle strutture per adattarle a esigenze specifiche.
In questo lavoro verrà presentato un approccio alla progettazione multifisica di un metamateriale 3D a sezione costante, di particolare interesse per le strutture a pannelli sandwich tipiche in ambito aeronautico. La geometria della sezione è modulare e parametrica, costruita mediante funzioni di Bézier. La combinazione dei parametri utilizzati è in grado di generare un’ampia gamma di configurazioni topologiche. I codici sviluppati sono in grado di creare il modello numerico parametrico, effettuare simulazioni numeriche FEM multifisiche e ricercare la soluzione ottimale per l’applicazione attraverso l’utilizzo di algoritmi di ottimizzazione.
La geometria ottimizzata è stata riprodotta mediante manifattura additiva in numerosi esemplari che sono stati caratterizzati sperimentalmente per validare i risultati dei moduli numerici sviluppati.
Le attività presentate e i relativi risultati concorrono agli obiettivi del progetto P20227JSS3 “Innovative multiphysical approach to aerospace metamaterials design” finanziato dal MUR su fondi PRIN2022PNRR, che vede coinvolte nel gruppo di ricerca l’Università della Tuscia, l’Università di Bergamo e l’Università di Roma Tor Vergata.
Academia and industry have been shown in recent years an increasing interest in lattices realized through additive manufacturing (AM). Such architecture porous structures have a behaviour influence by various factors, including unit cell topology, base material, heat treatments, and relative density. In the present work, an experimental campaign regarding the compressive mechanical behaviour of AM solid-based gyroid lattices made of Ti6Al4V alloy is presented. The work directly investigates the effects of the relative density through specimens characterized by different relative densities values (12.5%, 25%, 37.5%, and 50%); moreover, two sets of specimens per each relative density have been realized to evaluate the effect of two different post-treatment techniques; in particular, the HIP process have been considered to assess if other cheaper solutions may lead to similar beneficial effects on the fatigue properties when dealing with lattices. Micro-CT scans, microstructural, postmortem analysis and finite element analysis are included to better interpret the achieved results. Finally, a comparison with a wider fatigue dataset retrieved from literature is performed in an effort to obtain a more comprehensive understanding of the compressive behaviour of lattices. The results clearly showed that optimized process parameters and cheaper heat treatments ensures beneficial effects similar to those expected by HIP. Furthermore, accuracy and limitations of easy-to-use methodologies to account for the reduction in strength due to the change in relative density presented in literature, such as effective and normalized stress, have been evaluated.
Triply Periodic Minimal Surface (TPMS) cellular structures have been widely employed in various engineering applications to reduce component weight while maintaining mechanical performance. Unlike truss-based lattice structures, TPMS allow for a homogeneous redistribution of stress, thus reducing the risk of localised yielding and fracture. Despite extensive research on cellular solids, their potential to enhance the performance of mechanical joints remains largely unexplored.
This study delves into the application of TPMS in an adhesive joint, specifically a shaft-hub assembly. The hub was redesigned using three distinct types of cells, namely gyroid, split-P, and diamond.
The specimens were modelled using nTop software, ensuring conformity with the circular profile of the hub, and adhering to the constraints imposed by the additive manufacturing (AM) process. The overall dimensions of the components range from an inner diameter of 20 mm and an outer diameter of 48 mm, with the cellular architectures confined within a diameter range of 24 to 36 mm. To analyse structural performance variations, during the design phase three levels of volume fraction—40%, 45%, and 50%—were considered. A static simulation was performed within a linear elastic framework to inspect the distribution of von Mises stress and evaluate whether plastic deformation or failure may occur locally.
Then, samples with a volume fraction of 50% were printed in AISI 316L stainless steel via Metal Laser Powder Bed Fusion (M-LPBF). Push-out experimental tests have been carried out to assess the effect of the design on the performance of the joint.
This preliminary research unveils the potential benefits of introducing cellular solids within cylindrical couplings, offering an effective strategy to improve mechanical performance. However, further analyses are required to gain a deeper understanding of the subject and explore additional benefits that may be achieved through this innovative design methodology.
La simulazione accurata delle manovre operative è fondamentale per migliorare la capacità predittiva dei modelli MultiBody di veicoli terrestri, in particolare nella stima dei carichi strutturali. Questo studio si concentra su un carrello elevatore prodotto da Toyota Material Handling Manufacturing Italia, analizzando l'affidabilità della simulazione di un’operazione critica: l’attraversamento di un dosso. Un elemento chiave dell’analisi è la corretta rappresentazione delle sottostrutture più flessibili del veicolo, con particolare attenzione al gruppo montante e forche. Per affrontare questa problematica, sono stati sviluppati due approcci per la modellazione del montante: la sua rappresentazione come corpo flessibile tramite un modello agli elementi finiti e l’impiego della riduzione modale, che consente di diminuire la complessità computazionale senza compromettere significativamente l’accuratezza della descrizione dinamica. L'affidabilità della riduzione modale è stata verificata sperimentalmente mediante un'analisi modale eseguita con martello strumentato, confrontando le frequenze e le forme modali misurate con quelle ottenute numericamente. Le prestazioni dei tre modelli sviluppati (corpi rigidi, corpo flessibile agli elementi finiti e modello con riduzione modale) sono state confrontate in termini di efficienza computazionale e accuratezza. Quest'ultima è stata valutata attraverso il confronto con i segnali sperimentali acquisiti durante una campagna di test su un veicolo strumentato, in cui è stata riprodotta la manovra di superamento dell’ostacolo.
Negli ultimi anni, i sistemi di assistenza alla guida (ADAS) si stanno diffondendo sempre più, con l'obiettivo di ridurre significativamente il numero di incidenti stradali e contribuire al raggiungimento del traguardo di zero vittime sulla strada entro il 2050, come stabilito dall'Unione Europea [1]. Tra le soluzioni ADAS, i sistemi L2 e L3 mostrano il maggiore potenziale nella prevenzione degli incidenti più gravi, in quanto non si limitano a intervenire in situazioni di emergenza, ma assumono un ruolo attivo nella guida del veicolo [2]. Tuttavia, affinché la loro diffusione possa accelerare, è fondamentale che il loro comportamento risulti prevedibile e coerente con le aspettative degli utenti in termini di sicurezza, comfort e prestazioni. L’interesse dei costruttori automobilistici per queste tecnologie è in continua crescita, così come la necessità di metodologie flessibili per il loro sviluppo e la valutazione delle prestazioni. L’analisi della letteratura evidenzia una mancanza di standardizzazione nei KPI e nelle metodologie di valutazione, spesso limitate a scenari stazionari su tratti rettilinei. Al contrario, la nostra proposta, permette di classificare e analizzare le prestazioni dei sistemi L2 e L3 anche in condizioni non stazionarie, come la percorrenza di curve, situazioni spesso trascurate ma critiche per la percezione della sicurezza da parte dell’utente.
Obiettivi:
L'obiettivo dell'attività è sviluppare una metodologia strutturata per l’analisi e la validazione dei sistemi ADAS L2-L3, identificando specifici Key Performance Indicator (KPI) utili a semplificare e ottimizzare le fasi di progettazione e test. L’uso di modelli numerici e simulatori di guida si rivela un elemento chiave per garantire agilità e accuratezza in queste fasi.
Metodologia:
In particolare, il lavoro si concentra sullo sviluppo di un algoritmo di Lane Centering, progettato per garantire il corretto funzionamento anche in traiettorie curvilinee e durante i transitori. Dopo la definizione della strategia di controllo, il sistema viene validato offline attraverso KPI specifici che sintetizzano la qualità dell’intervento. Successivamente su un simulatore Hardware-in-the-Loop, lo stesso algoritmo viene confrontato con la guida manuale di utenti non professionisti. Questa fase consente di analizzare le discrepanze tra il comportamento del sistema ADAS e quello umano di riferimento, migliorando così l’affidabilità e l’accettabilità della tecnologia.
Le campagne sperimentali sono state condotte su un banco prova fornito da Meccanica 42 S.r.l., che integra il sistema sterzante e l’impianto frenante reale di una vettura commerciale, garantendo una valutazione realistica delle prestazioni in ambiente virtuale [3,4].
Conclusioni:
L'adozione di questa metodologia consente una riduzione significativa dei tempi e dei costi di validazione, minimizzando la necessità di test su strada e abbattendo i rischi associati. Inoltre, il nostro approccio permette di individuare in modo efficace i componenti critici del sistema e gli aspetti del veicolo che influenzano maggiormente le prestazioni, facilitando così una gestione più efficiente delle risorse già nelle prime fasi di sviluppo.
[1] European Climate, Infrastructure and Environment Executive Agency., EU road safety: towards “Vision Zero”. LU: Publications Office, 2022. Accessed: May 27, 2024. [Online]. Available: https://data.europa.eu/doi/10.2840/701809
[2] Aleksa, M.; Schaub, A.; Erdelean, I.; Wittmann, S.; Soteropoulos, A.; Fürdös, A. Impact analysis of Advanced Driver Assistance Systems (ADAS) regarding road safety – computing reduction potentials. Eur. Transp. Res. Rev. 2024, 16, 39. https: //doi.org/10.1186/s12544-024-00654-0.
[3] F. Alfatti, C. Annicchiarico, and R. Capitani, ‘Hardware in the Loop Methodology for AEB system development’, IOP Conf. Ser.: Mater. Sci. Eng., vol. 1275, no. 1, p. 012040, Feb. 2023, doi: 10.1088/1757-899X/1275/1/012040.
[4] L. Veneroso, F. Alfatti, C. Annicchiarico, and R. Capitani, ‘Modelling, testing and validation of an innovative AEB control logic on a Hardware-in-the-loop test bench’, IOP Conf. Ser.: Mater. Sci. Eng., vol. 1275, no. 1, p. 012041, Feb. 2023, doi: 10.1088/1757-899X/1275/1/012041.
Technological advances and the introduction of increasingly stringent emissions regulations have forced a major overhaul of traditional propulsion systems, making the operating conditions of internal combustion engines increasingly complex and difficult to manage. In this context, switching to engines powered by alternative fuels, such as hydrogen, is one of the most promising solutions to reduce environmental impact without sacrificing performance. However, the use of hydrogen poses new design challenges, particularly for critical components such as the valve system, which have to operate under extremely severe thermal, mechanical and tribological conditions.
The present work focuses on the operating and contact conditions of the valve system of an innovative hydrogen engine in order to predict the operating conditions of valves and their interactions with valve seats, with a special focus on fundamental quantities such as equivalent stresses, contact pressures, and relative slippages and to estimate the amount of worn material.
In this study, we focus on the modeling of vibro-acoustic phenomena [1], employing Isogeometric Analysis (IGA) and projection-based reduced-order models (PROM). The chosen numerical approach relies on the use of Non-Uniform Rational B-Splines (NURBS) to describe not only the geometry but also the unknown displacement and pressure fields, ensuring a more precise and efficient computational framework compared to traditional finite element methods.
The primary objective of this work is to apply the IGA methodology to the study of coupled fluid-structure vibrations, particularly in the context of the automotive field. This type of analysis plays a crucial role in vehicle design, as it enables accurate noise prediction and control, essential for improving passenger comfort and optimizing structural performance. By addressing the computation of elasto-acoustic vibrations, the proposed approach provides valuable insights for reducing unwanted noise in the interior acoustic environment of cars, ultimately leading to better soundproofing strategies and enhanced driving experience.
Furthermore, we introduce a seamless CAD/CAE integration, which eliminates the need for extensive pre-processing steps related to geometry preparation. This streamlined workflow significantly enhances the efficiency of the simulation process, making it more accessible for industrial applications. The combination of IGA and PROM within this integrated framework demonstrates a promising potential for advanced vibroacoustic simulations, offering a robust and accurate tool for engineering design and optimization.
The automotive industry is experiencing a period of transition from traditional internal combustion engine (ICE) vehicles to electric vehicles (EVs). Although electric machines have always been used in many applications, this new scope of application has brought new challenges to face. One of the main difficulties encountered when designing an electric motor is determining an optimal trade-off between efficiency, torque output, and noise emission. Multi-objective programming is a rigorous way to handle such a complex design task. This paper deals with a multi-objective optimisation process for the optimal design of an interior permanent magnet synchronous motor (IPMSM). The process involves many objective functions (torque, torque ripple, efficiency) and design constraints related to geometrical feasibility, maximum voltage rating, thermal safety and acoustic emission (NVH). A large number of design variables describing the rotor, stator and windings design are considered in the optimization process. The method is applied for the optimal design of a 8-poles 48-slots IPMSM. Different designs of the electric motor are simulated with Motor-CAD software to evaluate the relative objective functions and to calculate the electromagnetic forces arising in the airgap, which are responsible of the motor acoustic emission. The vibro-acoustic behaviour of the motor is simulated by a novel simplified analytical model based on a curved beam of generalized cross section equivalent to the motor stator. To speed-up the process, Artificial Intelligence (AI)-based models are trained with a limited set of numerical simulations and then employed for the computation of the objective functions. Finally, 100 non-dominated design solutions are obtained and some design solutions are extracted from these results and compared.
L'industria automobilistica sta vivendo un periodo di transizione dai tradizionali veicoli con motore a combustione interna (ICE) ai veicoli elettrici (EV). Sebbene le macchine elettriche siano da sempre utilizzate in molte applicazioni, questo nuovo ambito di applicazione ha portato nuove sfide da affrontare. Una delle principali difficoltà che si incontrano nella progettazione di un motore elettrico per impiego automobilistico è determinare un compromesso ottimale tra efficienza, coppia erogata ed emissione di acustica. La programmazione multi-obiettivo è un modo rigoroso per gestire un'attività di progettazione così complessa. Questo articolo mostra il processo di ottimizzazione multi-obiettivo impiegato per la progettazione ottimale di un motore sincrono a magneti permanenti interni (IPMSM). Il processo coinvolge molte funzioni obiettivo (coppia, fluttuazione di coppia, efficienza) e vincoli di progettazione relativi alla fattibilità geometrica, alla tensione nominale massima, alla sicurezza termica e all'emissione acustica (NVH). Nel processo di ottimizzazione vengono prese in considerazione un gran numero di variabili di progettazione che descrivono il design del rotore, dello statore e degli avvolgimenti. Il metodo viene applicato per la progettazione ottimale di un IPMSM a 8 poli e 48 slot. Diversi progetti del motore elettrico vengono simulati con il software Motor-CAD per valutarne le relative funzioni obiettivo e per calcolare le forze elettromagnetiche che si verificano nel traferro, che sono responsabili dell'emissione acustica del motore. Il comportamento vibro-acustico del motore è simulato da un nuovo modello analitico semplificato basato su di una trave ad asse curvilineo di sezione trasversale generalizzata equivalente allo statore del motore. Per accelerare il processo, modelli basati sull'Intelligenza Artificiale (AI) vengono allenati con un set limitato di simulazioni numeriche e quindi impiegati per il calcolo delle funzioni obiettivo. Infine, si ottengono 100 soluzioni progettuali non dominate appartenenti al fronte Pareto e da questi risultati vengono estratte e confrontate alcune soluzioni progettuali ottimizzate.
In recent years, active suspensions have seen a substantial growth in the automotive sector. This trend is aligned with vehicle electrification and the increasingly stringent requirements for passenger comfort and safety. Among the possible solutions, electromagnetic ones are preferred, as they integrate an electric machine that can be easily controlled to attain a desired output force. In this regard, rotary electric motors are preferred over linear ones due to their higher torque and power density. Then, actuators require a suitable transmission mechanism to convert rotations into linear displacements, which are more natural in a vehicle suspension mechanism. Furthermore, electromechanical actuator ones are preferred to those employing hydraulic technologies since they are oil-free and more efficient.
In this context, previous experiences in our research group have led to the development of rotary actuation technologies for suspensions, where an electric machine coupled to a speed multiplier drives the angular position of a lever mechanism to provide linear actuation for the suspension arms. This setup has led to favorable results in terms of packaging, efficiency, responsiveness and force output. However, the main bottleneck of this solution lies in the multiplier, as it must accomplish an elevated reduction ratio (>50) in limited space. In previous projects, this has led to the development of a double-stage planetary gearbox with low module spur gears. This design choice introduces negative impacts in terms of economic cost and mechanical issues, the latter arising from the very harsh duty cycle that the device must accomplish. Furthermore, the alternating motion of the suspension also raises concerns about backlash, which becomes the primary source of noise, particularly in the high-speed stage.
To deal with this scenario, this research aims at replacing the planetary gearbox with an innovative transmission compound. The high-speed stage could be replaced by a parallel axis high-strength polymer gear couple. By reducing the number of meshing gears and using a material with more intrinsic damping, a strong noise reduction is expected. Conversely, the low-speed stage could be replaced by contactless magnetic gears. Leveraging the intrinsic properties of magnetic coupling, the system would provide a fail-safe mechanism, enabling torque decoupling when the applied torque exceeds the design limits. This feature helps prevent mechanical failure and enhances system reliability. Furthermore, the contactless nature of the magnetic gearbox improves durability and minimizes component wear, contributing to a more efficient and maintenance-friendly solution.
This work will provide a feasibility study for this novel compound and the final solution will be compared against the steel-made planetary baseline, in terms of efficiency, economic cost, and size. While the plastic stage of the reducer will follow traditional mechanical design tools, the magnetic stage will integrate electromagnetic analysis to quantify benchmark quantities.
The expected outcome is an electromagnetic damper with an overall efficiency comparable to the planetary benchmark (up to 70%). This work will be the baseline for future prototype manufacturing with the final goal of an experimental comparison.
L'industria aerospaziale sta attraversando una trasformazione significativa, passando dalle tradizionali leghe metalliche ai compositi in fibra di carbonio nella costruzione degli aeromobili. Questa transizione mira a migliorare le prestazioni e ridurre il peso, in risposta all’aumento dei costi del carburante e alle rigorose normative ambientali. Nonostante i loro vantaggi, i materiali compositi presentano sfide uniche, in particolare per quanto riguarda la resistenza ai danni e la loro rilevazione. A differenza dei metalli, i cui meccanismi di cedimento sono ben compresi e principalmente legati alla formazione di cricche da fatica, i materiali compositi mostrano comportamenti di danno più complessi, tra cui danni da impatto difficilmente visibili. Questo tipo di danno, come la delaminazione, può compromettere gravemente la resistenza a compressione e l'integrità strutturale, portando potenzialmente a guasti catastrofici.
I sistemi di Structural Health Monitoring (SHM) offrono una soluzione promettente a queste sfide, integrando la rilevazione dei danni direttamente a bordo. Mentre le ispezioni tradizionali e le tecniche di valutazione non distruttiva (ad esempio ultrasuoni, radiografia e termografia) richiedono il fermo operativo dell’aeromobile, i sistemi SHM consentono un monitoraggio in tempo reale, migliorando la sicurezza e riducendo le interruzioni operative. Gli attuali sistemi SHM utilizzano tipicamente sensori montati in superficie o incorporati nei laminati compositi. Tuttavia, i sensori montati in superficie sono soggetti a degradazione ambientale, mentre quelli incorporati possono influenzare negativamente le proprietà meccaniche del laminato.
Le ceramiche piezoelettriche, come il titanato di piombo e zirconio (PZT), sono ampiamente utilizzate per la localizzazione degli impatti grazie alla loro elevata sensibilità alle onde elastiche. Tuttavia, la loro fragilità comporta il rischio di innesco di cricche quando vengono incorporate nei compositi. La fibra di Bragg, sebbene efficace nella misurazione delle deformazioni e nella rilevazione degli impatti, genera concentrazioni di tensione quando interposta trasversalmente alle fibre. Per superare queste limitazioni, i polimeri piezoelettrici, come il fluoruro di polivinilidene (P(VDF)), hanno attirato attenzione per la loro tenacità e facilità di lavorazione. In particolare, il poli(fluoruro di vinilidene-trifluoroetilene) (P(VDF-TrFE)) è stato utilizzato per monitorare l’evoluzione del danno e della fatica quando interposto sotto forma di film all’interno dei laminati compositi.
Questo studio propone l’integrazione di nanofibre di P(VDF-TrFE), fabbricate mediante elettrofilatura, nei laminati rinforzati con fibra di carbonio (CFRP) per conferire capacità di sensing. Sfruttando le fibre di carbonio come elettrodi per raccogliere segnali piezoelettrici, le nanofibre consentono la rilevazione della propagazione delle onde elastiche a seguito di un impatto. Algoritmi gaussiani vengono poi impiegati per localizzare l'impatto stimandone la posizione.
Questo approccio innovativo introduce una nuova classe di laminati compositi senzienti per il monitoraggio delle emissioni acustiche, con effetti trascurabili sulle proprietà meccaniche. Il design proposto sfrutta le caratteristiche uniche delle nanofibre di P(VDF-TrFE) per migliorare la tenacità e consentire la rilevazione degli impatti in tempo reale attraverso l'analisi della propagazione delle onde elastiche. Grazie all’uso di algoritmi probabilistici per la localizzazione dell’impatto, questa soluzione mira a fornire una strategia poco invasiva e scalabile per il Structural Health Monitoring nelle applicazioni aerospaziali.
Analisi e confronto delle stime teoriche della curva ciclica
La conoscenza dettagliata del comportamento ciclico di un materiale è essenziale per la progettazione di componenti sottoposti a carichi affaticanti in campo elasto-plastico. A questo scopo, normalmente si fa riferimento alla curva ciclica, che esprime il legame tra ampiezza della tensione e ampiezza della deformazione in condizioni stabilizzate e che viene usualmente descritta con la relazione di Ramberg-Osgood. Le variabili che compaiono in questa modellazione sono, oltre al modulo di elasticità, l’esponente di incrudimento ciclico n’ e il coefficiente di incrudimento ciclico k’. I valori di questi ultimi due parametri non sono tuttavia facilmente disponibili in letteratura e, quando necessari per la corretta progettazione di un componente, devono essere determinati sperimentalmente tramite test effettuati su provini unificati, con un aggravio significativo dei costi. Nel corso degli anni, questo fatto ha spinto molti ricercatori a proporre delle stime teoriche dei valori di k’ e n’ a partire da dati sperimentali di prove più diffuse. In letteratura sono infatti presenti diverse relazioni che permettono di valutare i due parametri ciclici sulla base unicamente dai dati della prova monotona di trazione. La rispondenza con i dati sperimentali dei valori così calcolati è però sempre condotta in maniera disaccoppiata, senza considerare cioè il loro effetto combinato sulla stima della curva ciclica. Il lavoro si propone di determinare quale combinazione dei parametri n’ e k’, stimati con le relazioni reperibili in letteratura, approssima nel miglior modo possibile la curva ciclica sperimentale. L’obiettivo è quindi quello di indagare l’efficacia di stima delle formule teoriche proposte, cercandone di stabilire quantitativamente la loro precisione e l’affidabilità nella valutazione della curva ciclica. L’approccio seguito è di tipo statistico, valutando quantitativamente, sulla base di parametri opportunamente definiti, la rispondenza delle stime con i dati sperimentali provenienti da un database di materiali metallici. Il database è costituito da 338 leghe, in prevalenza leghe di ferro, ma contenente anche leghe di alluminio e titanio. I dati presenti sono relativi ai due parametri della curva ciclica e ai valori di modulo di Young, carico di snervamento e di rottura, deformazione a rottura; per un numero più ridotto di materiali sono noti anche i valori di riduzione di area e di sforzo e deformazione vera a frattura. L’analisi è stata condotta in un intervallo di deformazione compreso tra lo 0,2% (l’inizio della plasticizzazione) e il 2% (vita misurabile in poche decine o centinaia di cicli). Quest’intervallo è stato ridotto nel caso in cui vengano raggiunti i valori di tensione o di deformazione corrispondenti alla rottura. Come parametro comparativo è stato deciso di fare riferimento all’area sottesa dalle rette derivanti dall’equazione della curva ciclica scritta in coordinate logaritmiche in termini di sforzo: l’errore è dato dal rapporto dell’area compresa tra la retta teorica e quella sperimentale con l’area sottesa dalla retta sperimentale. Il valore dell’errore così definito è stato determinato per tutti i materiali del database e per 31 combinazioni dei valori teorici di n’ e k’. Le distribuzioni di frequenza dell’errore ottenute sono approssimabili in maniera accettabile con delle gaussiane; al fine di una comparazione su larga scala, nel confronto tra le stime della curva ciclica sono stati considerati solo i materiali il cui errore era compreso entro il novantesimo percentile. La rispondenza delle stime teoriche con le curve sperimentali è stata quindi effettuata sulla base dei valori degli ultimi percentili (settantesimo, ottantesimo e novantesimo), ma anche del numero di materiali sui quali è stato possibile svolgere l’analisi.
La stima della curva ciclica con la migliore distribuzione dell’errore è risultata essere valutata solo un campione molto limitato di materiali (circa il 15% di quelli presenti nel database), a causa della mancanza nel database di molti valori relativi alla riduzione di area e di deformazione vera a frattura. Valori soddisfacenti entro il novantesimo percentile sono stati trovati anche per altre tre combinazioni, determinate sull’intero database di materiali. Il buon risultato ottenuto, essendo basato su considerazioni statistiche, dipende fortemente dall'insieme di dati sperimentali considerati (sia statici che ciclici). L'applicazione delle relazioni teoriche a materiali non inclusi nel database non garantisce quindi l'accuratezza dei risultati; pertanto, se è necessaria un’alta affidabilità è opportuno effettuare appropriate prove sperimentali.
Direct Bonded Copper (DBC) substrates are a key component in power electronic devices, due to their ability to combine thermal, mechanical, and electrical properties in a single system. Usually made of ceramic materials such as aluminum oxide (Al2O3) or aluminum nitride (AlN), they offer high mechanical strength, electrical insulation and good thermal conductivity.
They are subjected to thermal cycling and significant mechanical stress. During operation, continuous heating and cooling cycles generate thermal stress between the copper and the ceramic layer due to significant differences in their thermal and mechanical properties. The difference in thermal expansion coefficients causes residual stresses to accumulate at interface surfaces, which, if not properly managed, compromise substrate integrity and lead to delamination, with critical consequences for the device.
For this reason, the development of innovative solutions, such as the introduction of optimized patterns or dimples to improve durability, has been essential.
Local approaches are a useful tool for analysing the stress fields that are generated in components that have notches. In the present study, the Notch Stress Intensity Factor (NSIF) was used to evaluate, with the same notch opening angle, the influence of the size and position of the dimple on the stress state near notch. Strain Energy Density (SED) was also used to assess how the combination of different geometric parameters, including the notch opening angle, affect the energy parameter.
These considerations constitute a preliminary study to be used as an optimization parameter, which could lead to the best geometrical configuration for DBC devices.
I metamateriali meccanici sono una classe di materiali strutturati il cui comportamento meccanico è controllato principalmente dalla geometria. Questi materiali hanno la capacità di esibire proprietà meccaniche peculiari, raramente riscontrabili in natura, come rigidezza negativa, contrazione termica e auxeticità. Il presente lavoro riguarda la progettazione di una classe di metamateriali reticolari con coefficiente di Poisson pari a zero in 2D e 3D, basati su strutture a nido d’ape esagonale disposte rispettivamente in un arrangiamento quadratico e cubico. L’architettura di questi metamateriali consente la progettazione di strutture anisotrope con diverse rigidezze, variando le dimensioni geometriche pur mantenendo il coefficiente di Poisson costante a zero. Lo studio è stato condotto mediante analisi agli elementi finiti su diverse strutture e prove sperimentali su prototipi realizzati tramite manifattura additiva, analizzati con metodi di Digital Image Correlation. Inoltre, è stato formulato e validato un modello analitico basato sul classico modello di Gibson-Ashby, che permette di prevedere le proprietà meccaniche di queste strutture in funzione dei loro parametri geometrici.
I metamateriali meccanici sono materiali artificiali le cui proprietà meccaniche non dipendono dal materiale stesso con cui sono realizzati, ma dalla trama ripetitiva con la quale sono disposte le “celle” elementari di cui sono costituiti. In particolare, i metamateriali auxetici sono caratterizzati da un coefficiente di Poisson negativo: a differenza dei materiali “ordinari”, se sottoposti a trazione tendono ad espandersi. In generale, la ricerca su questi metamateriali si è principalmente orientata su strutture caratterizzate da un elevato grado di simmetria. In questo studio, vengono introdotti ed esaminati gli effetti del disordine geometrico in tali strutture; introducendo nodi chirali nelle diverse geometrie si ottiene il comportamento auxetico. Attraverso un’ampia gamma di analisi agli elementi finiti con condizioni di periodicità al contorno, si valuta l'influenza dei parametri geometrici e del disordine sulle proprietà meccaniche elastiche, in particolare sul modulo di Young, sul coefficiente di Poisson, e sul modulo di taglio. Infine, i risultati numerici sono validati attraverso prove sperimentali di trazione uniassale su prototipi realizzati tramite stampa 3D, utilizzando tecniche di Digital Image Correlation. Questo studio mette in evidenza il potenziale del disordine geometrico come strumento per sviluppare innovativi sistemi auxetici con proprietà meccaniche regolabili.
Origami-based structures—structures that are inspired by Japanese ancient art of folding uncut sheets of paper—have shifted from art to engineering design for recent decades.
Owing to their unique characteristics and mechanical properties, folded structures and origami architecture recently gained a lot of interest in broad fields of application focus-ing on space exploration, medical devices and implants, robotics and automation, and mechanical engineering. Although origami-based structures offer excellent potential in building 3D complex structures via programmable 2D folding patterns, few studies have focused on the mechanical performance—particularly energy absorption which plays an important role on their folding process—of origami-based structures.
The aim of this work is to develop new type of origami-based structures with enhanced energy absorption capabilities. A commercial finite element software is employed to comprehensively study linear and nonlinear behaviors of origami-based structures. The designed origami-based structures will be subjected to uniaxial compression at quasi-static condition and impact loading. The numerical results have clearly demonstrated the excellent energy absorption capabilities of newly designed origami-based structures, which offer great opportunities for advanced industrial applications.
The overall goal being the identification of the most promising origami-based structure that can be implemented in the automobile field.
Le anisogrid lattice structures stanno suscitando un interesse crescente grazie alle loro eccezionali proprietà fisiche e meccaniche. L'impiego delle tecniche di produzione additive manufacturing permetto infatti la creazione di tali geometrie, caratterizzate da elevati rapporti resistenza/peso, che le rendono ideali per la realizzazione di componenti meccanici leggeri.
Lo studio oggetto della presentazione mira a sviluppare un modello agli elementi finiti per valutare la distribuzione degli sforzi in una anisogrid lattice structure. È stata condotta un'analisi di sensibilità sulla geometria per identificare i parametri che maggiormente influenzano lo stato tenso-deformativo e di conseguenza la resistenza strutturale. I risultati ottenuti forniscono preziose indicazioni su come ottimizzare la geometria delle anisogrid lattice structures, migliorandone le prestazioni sotto carico, e contribuiscono pertanto alla progettazione di strutture ad alto rapporto resistenza-massa per diverse applicazioni ingegneristiche, quali l’aerospaziale e l’automotive.
L'attività è stata condotta all’interno del progetto PRIN2022PNRR “Innovative multiphysical approach to aerospace metamaterials design” finanziato dall’Unione Europea – NextGenerationEU.
Tra il 2015 e il 2016 un consorzio costituito da differenti partner ha sviluppato un progetto di ricerca, denominato PERIMA, per la realizzazione di un prototipo di un palo telescopico per produzione eolica con ridotto impatto ambientale ed il relativo sistema di sollevamento per una turbina di potenza da 60 a 250 kW e un’altezza di 30 m. Un palo eolico telescopico, che si solleva e si abbassa mediante automatismi o mediante controllo remoto, consente di differenziare nel tempo la presenza dell’aerogeneratore all’interno del paesaggio garantendo diversi vantaggi. Mancando uno stato dell’arte a cui fare riferimento, il palo telescopico e il relativo sistema di sollevamento sono stati progettati partendo da zero e risolvendo con idee innovative le diverse criticità che si sono presentate. Obiettivo di PERIMA era la realizzazione di un palo automontante di tipo telescopico per generatori minieolici bipala, finalizzato a consentire la produzione di energia in periodi limitati di tempo, e di occultare l’aerogeneratore quando non in uso grazie alla capacità del sistema di sollevamento di posizionare l’aerogeneratore a pochi metri dal suolo e/o di sollevarlo anche da remoto nel tempo di pochi minuti. Attualmente il sistema telescopico funziona con una struttura “jackup” simile a quelle delle trivelle utilizzate per le esplorazioni petrolifere, e impiega circa 15 minuti a far raggiungere al palo la sua massima altezza di lavoro. Il prototipo è stato installato in Sicilia, a Caltanissetta.
Il progetto PERIMA 2 capitalizza l’esperienza maturata nel progetto PERIMA ponendosi come obbiettivo di individuare un design più efficiente ed economico. A tal fine sono allo studio tre nuovi meccanismi in scala 1:10, il fine è di individuare il migliore da realizzare in scala 1:1. I tre nuovi design attualmente in fase di realizzazione sono i seguenti:
IDRAULICO: in cui viene abbandonato l’uso del jack-up per il sollevamento del puntone. Il pozzo di piccolo diametro viene sigillato sul fondo e riempito d’acqua insieme al puntone. Viene collocata alla base del puntone una pompa che aspira il liquido dall’interno del puntone stesso e la pompa nella camera di espansione contenuta tra la camicia del pozzo, la pompa e il fondo del pozzo stesso. Il puntone viene forato nella parte immediatamente superiore dell’elemento di separazione per consentire il successivo rientro dell’acqua nella fase di discesa.
A CARRUCOLE: in cui si rinuncia a trivellare il pozzo di piccolo diametro e all’uso del puntone. Il sollevamento della struttura viene invece affidato ad un sistema di cavi e carrucole che avvicina la sezione inferiore del tratto interno di torre alla sezione superiore del tratto esterno successivo.
A TRALICCIO: in cui si sostituisce la struttura telescopica con una struttura formata da elementi a traliccio abbattibili singolarmente. Un attuatore, posto alla base del traliccio, sollevando la parte superiore di ognuno di questi elementi li porta in configurazione estesa e bloccata ad uno ad uno. Quando tutti gli elementi si trovano nella loro configurazione estesa la struttura raggiunge l’altezza di funzionamento.
Bibliografia:
1. Pantano A., Tucciarelli T., Montinaro N., Mancino A. “Design of a telescopic tower for wind energy production with reduced environmental impact”. International Journal of Precision Engineering and Manufacturing - Green Technology, 2020, 7(1), pp. 119–130
Funding:
POC 1.1.1 – Progetti selezionati da P.O. FESR SICILIA 2014/2020, Obiettivo Tematico 1, Obiettivo specifico 1.1, Azione 1.1.5
Aknowledgement:
Progetto: “Produzione Eolica con Ridotto Impatto Ambientale 2 - PERIMA 2”
L'impatto con volatili nella fase di volo a bassa quota è un evento comune che può compromettere l’integrità strutturale del velivolo e dunque la sicurezza del volo, rendendo necessaria la valutazione di tale evenienza a partire dalle prime fasi di progettazione. Tra i componenti maggiormente esposti figurano i bordi d’attacco delle ali, degli impennaggi, i parabrezza e i supporti dei motori oltre ai motori stessi. L'uso di tecniche numeriche per stimare i danni derivanti da tali impatti è ormai consolidato e riconosciuto dalla comunità scientifica oltre che dalle autorità che si occupano di certificazione.
Questo studio propone un’architettura innovativa per il bordo d’attacco delle ali di un tilt rotor civile, efficace nella prevenzione di eventi catastrofici senza un incremento significativo della massa. Tra gli elementi innovativi figurano alcuni inserti di gusci sottili, posizionati appena dietro il rivestimento del bordo d’attacco. L’efficacia delle soluzioni è stata valutata numericamente tramite modelli agli elementi finiti con approccio smoothed particle hydrodynamics. Sono mostrate diverse condizioni di impatto, valutando l'influenza della posizione lungo l’apertura alare sia dell’angolo di impatto rispetto al piano orizzontale sia verticale longitudinale.
È stato allestito un modello numerico ridotto, sviluppato omettendo alcuni componenti strutturali non critici, che garantisce tempi computazionali significativamente ridotti mantenendo una risposta strutturale affidabile. I risultati confermano che i gusci addizionali prevengono alcune rotture simultanee che porterebbero inevitabilmente al collasso il velivolo. L’angolo di impatto e la sua posizione influenzano l’entità dei danneggiamenti, in particolare gli impatti obliqui. Forti fenomeni di plasticizzazione interessano principalmente il rivestimento del bordo d’attacco, mentre il longherone resta sostanzialmente integro.
Keywords: tread braking; finite element; twin-disc; experimental tests.
1. Objective
During braking operations in railway vehicles, significant heat is generated as brake blocks press against the wheel tread, converting kinetic energy into thermal energy. This leads to increased temperatures in both the wheel and brake shoes. Additionally, the phenomenon known as “rail-chill”, where the warm wheel transfers heat to the colder rail, and convection with the ambient air, contribute to thermal stresses in these components. Over time, such stresses can cause thermal cracks, compromising safety, structural integrity and requiring more frequent maintenance. To address these challenges, experimental campaigns play a crucial role in characterizing material properties and behaviour under thermal stresses.
The Politecnico di Torino railway research group has recently designed a scaled twin-disc test rig for the investigation of wear caused by the wheel-rail contact. Designed using Pascal’s similitude model, the test bench replicates full-scale maximum contact pressure in scaled setup. Subsequently, a tread braking system was introduced to investigate the thermal behaviour of brake blocks during drag braking operations. This enhancement follows a novel thermal scaling rule which ensures that the temperature field on the scaled system is the same as for the full-scale wheels and blocks for drag braking operations.
As part of the activity, finite elements (FE) models of wheel and brake shoe were developed, to assess the effectiveness of the scaling method. The objective of this paper is to tune and validate the FE models based on the experimental temperature values recorded on the scaled twin-disc rig.
2. Methods
The thermal scaling rule was derived from a well-established approach in the literature. By analysing the governing partial differential equations of the diffusion phenomenon, non-dimensional groups were identified. Similitude between full-scale and scaled systems was achieved by ensuring these non-dimensional parameters are equivalent in both cases, leading to the derivation of scaling factors for the main thermal quantities of interest.
The effectiveness of the derived thermal scaling rule was further proved by means of FE models developed in ANSYS Mechanical APDL for the wheel and shoe, built considering simplified geometries. The simulations demonstrated that the final temperature distribution after drag braking is consistent between the scaled and full-scale geometries.
This technique was then applied to upgrade the test rig to run tread braking tests in 1Bg and 2Bg configurations. Pneumatic cylinders press the brake shoes against the wheel, which is set in motion through contact with a rail disc powered by a brushless motor. Dynamic parameters such as angular speed and torque are recorded using transducers in the motor, while thermal data for the brake shoes and wheels is captured using a thermal imaging camera and thermocouples.
The experimental temperature measurements are first used to calibrate the test bench and subsequently to refine the previously developed FE models.
3. Results
FE model simulations successfully validated the novel thermal scaling rule, thus confirming that experimental data from the twin-disc test rig can be reliably correlated to full-scale conditions. Additionally, the outputs of experimental tests of drag braking operations are used to tune and validate the FE models, improving their predictive capabilities for analysing thermal phenomena during tread braking operations.
4. Conclusions
This study employs thermal experimental data from tread braking tests to tune and validate numerical models of railway brake shoes and wheels. The validated models will enable more in-depth analyses of thermal behaviour, as well as investigations into thermomechanical damage, wear, and the interaction between dynamic and thermal effects. Future work will focus on extending tests to stop braking scenarios and developing more refined numerical models.
The components of a tokamak nuclear fusion reactor operate under extreme conditions, facing intense electromagnetic loads, high temperatures, and neutron irradiation.
In this context, the DEMO Divertor is the in-vessel component subject to the most demanding requirements. Specifically, the Divertor comprises multiple substructures directly exposed to the plasma inside the reactor’s vacuum vessel. Among these, the Shielding Liner is the largest. It is a box-like structure designed to absorb heat from the plasma and transfer it to the cooling system via water circulation.
The Shielding Liner is attached to the Cassette Body, which serves as the structural frame housing all the Divertor’s subsystems. The connection system between the Shielding Liner and the Cassette Body plays a critical role in ensuring the Divertor's overall structural integrity. These supports must fit within the limited space between the Shielding Liner and the Cassette Body, accommodate their differing thermal expansions, and transfer the substantial electromagnetic loads acting on the Shielding Liner to the Cassette Body.
Several pin joint configurations have been evaluated for the Shielding Liner supports, incorporating different material solutions. However, due to the combination of high temperatures and extreme mechanical loads, none of these configurations could ensure the structural integrity of the supports, as they failed to meet verification requirements.
To address this issue, an enhanced support system is under investigation. This new design consists of four actively cooled pipes made of Eurofer97, which are welded to both the Shielding Liner and the Cassette Body. By integrating the supports into the cooling system, their temperature remains controlled, preventing excessive thermal degradation of material strength.
Additionally, the introduction of actively cooled supports enhances system compliance between the Shielding Liner and the Cassette Body, reducing secondary stresses caused by thermal expansion.
The structural integrity of the actively cooled support system is assessed according to the RCC-MRx international standard for nuclear applications. This standard is currently being expanded to establish assessment strategies for experimental fusion reactors and incorporate material properties relevant to this field, including those of Eurofer97.
Despite the significant improvements introduced by the actively cooled support system, the elastic criteria outlined in the code are not fully met. Consequently, the design must proceed to the next verification stage, which involves applying elastoplastic assessment rules.
The application of elastoplastic assessment methods to nuclear fusion components remains largely unexplored in this field. Therefore, this study represents a significant advancement in validating and demonstrating the applicability of these assessment rules. Additionally, it provides valuable insights into the currently available material properties of Eurofer97 under irradiated conditions, which are essential for accurate structural evaluation.
This work presents the design evolution and structural analysis of the Shielding Liner support system, outlining its current development status within the broader framework of advanced nuclear fusion reactor applications.
L’inquinamento ambientale causato dai veicoli a combustibili fossili è un problema sempre più rilevante, che contribuisce al riscaldamento globale e alla riduzione della qualità dell’aria, con effetti negativi sulla salute, in particolare quella respiratoria. In questo contesto, le biciclette rappresentano un’alternativa sostenibile, ma lo sforzo fisico richiesto può disincentivarne l’uso. Le biciclette a pedalata assistita (Elettrically-Power Assisted Cycles, EPAC) offrono una soluzione pratica ed ecologica, promuovendo una mobilità sostenibile e più accessibile.
Un componente essenziale della bicicletta è il telaio, il quale sostiene le altre parti e assorbe le sollecitazioni generate dalla pedalata, dalla frenata, dal peso del ciclista e dalle irregolarità del terreno. Nelle EPAC, queste forze si sommano al peso aggiuntivo del motore elettrico, della batteria e dei sistemi di controllo, rendendo fondamentale la scelta di materiali leggeri ma resistenti. L’alluminio è spesso impiegato per i telai grazie al suo eccellente rapporto tra peso e resistenza, che contribuisce a migliorare l’efficienza energetica e la sostenibilità ambientale.
Lo studio oggetto della presentazione ha l’obiettivo di valutare la resistenza strutturale di un telaio per EPAC realizzato in lega di alluminio 6061-T6. L’analisi è stata condotta in conformità con la normativa di riferimento, utilizzando un approccio numerico basato su modelli FEM e un approccio sperimentale. I risultati dell’analisi hanno evidenziato che il telaio analizzato è largamente sovradimensionato. Sono quindi state individuate le azioni correttive per ridurre ulteriormente la massa del telaio, senza comprometterne la resistenza strutturale.
Questo studio è stato condotto nell’ambito delle attività del Progetto “CENTRO NAZIONALE - Sustainable Mobility Center (CNMS)”, finanziato dall’Unione Europea – Next Generation EU.
I metamateriali auxetici sono materiali ingegnerizzati che trovano ampia applicazione nella progettazione di impianti ortopedici in stampa 3D. Tali strutture si distinguono per le loro peculiari proprietà meccaniche, tra cui un valore del coefficiente di Poisson negativo. Nel caso di architetture auxetiche con unità poligonali semi-rigide, la letteratura presenta solo due configurazioni isotrope, rispettivamente basate su quadrati e triangoli rotanti.
In questo scenario, il lavoro propone nuovi metamateriali auxetici 2D isotropi basati su unità poligonali rigide rotanti collegate ai loro vertici mediante elementi cedevoli (equivalenti a cerniere). Due sono le configurazioni geometriche investigate, che comprendono un’unità elementare: i) deltoide convesso e ii) trapezio isoscele. Tali architetture sono caratterizzate da proprietà elastiche invarianti rispetto alla direzione considerata e da un valore costante del coefficiente di Poisson pari a -1.
Il lavoro si articola in quattro fasi. La prima sviluppa modelli analitici per prevedere le proprietà elastiche macroscopiche delle strutture impiegando la teoria della micromeccanica dei compositi. La seconda esegue un’analisi cinematica delle architetture proposte: i risultati del modello cinematico hanno evidenziato un’ottima corrispondenza con le previsioni analitiche. Il terzo passo affronta la progettazione e l’analisi agli Elementi Finiti delle soluzioni proposte che, tramite l’ottimizzazione di specifici raccordi di forma tra le unità rotanti, permettono di ottenere un comportamento isotropo delle strutture, assicurando un coefficiente di Poisson prossimo al valore ideale di -1. Nel quarto passo, le architetture di metamateriale sono state validate sperimentalmente realizzando alcuni prototipi in stampa 3D polimerica. Le prove di trazione quasi statica svolte sui prototipi hanno confermato la proprietà di isotropia di tali strutture per differenti orientazioni dell’unità elementare. Nel complesso, questi metamateriali si distinguono per un elevato comportamento auxetico, utile, ad esempio, allo sviluppo di nuovi biomateriali per la sostituzione ossea in stampa 3D.
Le tecnologie di Additive Manufacturing (AM), come la Fused Filament Fabrication (FFF), hanno fatto significativi progressi negli ultimi anni. Esse permettono di produrre componenti polimerici per molteplici scopi, dall’uso quotidiano alle applicazioni ingegneristiche più avanzate. La tecnica FFF, grazie alla sua capacità di produrre oggetti con una grande varietà di materiali termoplastici e alla possibilità di ottimizzare i processi in tempo reale, offre numerosi vantaggi. Tra questi, spiccano la personalizzazione della produzione, la riduzione degli sprechi di materiale e l’accelerazione dei cicli di sviluppo grazie alla prototipazione rapida. Il presente lavoro è focalizzato su una attività sperimentale condotta per quantificare il comportamento meccanico di provini in polimetilmetacrilato (PMMA) e in policarbonato (PC), realizzati sia mediante stampaggio tradizionale che con tecnica FFF, con il fine principale di rilevare le differenze di prestazione del materiale realizzato secondo i due processi. È stata, inoltre, investigata l'influenza dell'angolo di orientazione della trama di deposizione (angolo raster) sulle proprietà di provini AM, stampati con orientazione flat, considerandone tre diversi valori: 0°, ±45° e 90°. Per valutare le performance dei materiali in condizioni reali, simulando sperimentalmente l’assorbimento di umidità, è stato ulteriormente effettuato un processo di invecchiamento in acqua a due temperature diverse: 30°C e 65°C. L’obbiettivo è stato quello di valutare il grado di assorbimento di acqua durante il periodo di esposizione e di investigarne l’effetto sia sulla variazione delle caratteristiche meccaniche che di quelle dimensionali. Si è osservato che il comportamento meccanico dei provini AM non risulta particolarmente affetto dagli angoli di stampa, mentre ha mostrato una sensibilità non trascurabile agli effetti dell’umidità.
The use of 3D-printed sensors integrated into structures manufactured through additive manufacturing opens up new possibilities for accurate and real-time monitoring of physical quantities that vary over time, even in locations that are difficult to reach with traditional sensors. However, to ensure reliable, repeatable, and accurate measurements, it is essential to optimize both the printing process and the entire data acquisition chain.
In order to achieve this, numerous experimental tests have been conducted, varying load conditions and environmental factors such as temperature and humidity, to determine the piezoresistive and mechanical properties of conductive PLA and optimize the acquisition system.
The results obtained enabled the development of a finite element model capable of predicting the behavior of both the structure and the sensor under different environmental and loading conditions. The availability of an FE model that replicates real-world behavior proves particularly useful in the design phase, allowing engineers to predict and optimize the structure’s performance with integrated sensors before fabrication. This approach paves the way for new possibilities in the development of intelligent structures capable of real-time self-monitoring.
Questo lavoro presenta una nuova metodologia per l'ottimizzazione dei parametri di post-processo relativi alla tecnica d'indagine non distruttiva basata su tomografia computerizzata a raggi-X (TC) utilizzata per caratterizzare i difetti nei materiali metallici. L'obiettivo di questa nuova procedura è quello di correggere l'errore sistematico che caratterizza la ricostruzione dei difetti e quindi migliorare l'accuratezza della valutazione dimensionale e morfologica dei difetti, essenziale per la previsione della vita a fatica. La metodologia proposta consiste nel confrontare iterativamente le ricostruzioni dei difetti ottenute tramite TC con le misure frattografiche per poter identificare i parametri ottimali per il post-processo delle tomografie. In particolare, la selezione dei parametri ottimali è guidata dalla minimizzazione dell'errore sistematico della radice dell'area del difetto proiettata su piano arbitrario, √area, ovvero la lunghezza caratteristica introdotta da Murakami nel calcolo del fattore di intensificazione delle tensioni.
Al fine di validare la metodologia proposta sono stati analizzati undici provini in lega di titanio prodotti tramite electron beam melting. Successivamente all'ottimizzazione dei parametri di post-processo più significativi delle tomografie, sono state ricavate le incertezze stocastiche di alcune caratteristiche dei difetti quali diametro equivalente, sfericità e rapporto d’aspetto, tramite la propagazione dell'incertezza rispetto a √area. I difetti degli undici provini, ricostruiti con i parametri ottimizzati, sono stati suddivisi in tre distinti cluster mediante l’algoritmo di K-means, in modo da replicare la classificazione in porosità da gas, lack of fusion e key hole. Infine, i difetti identificati sono stati processati tramite un algoritmo di support vector machine per determinare le espressioni analitiche dei confini di definizione dei diversi cluster.
Il presente lavoro propone dunque un approccio sistematico per l’ottimizzazione delle TC dei difetti. Saranno discusse criticamente le potenzialità e limitazioni del metodo proposto, con riferimento alle implicazioni pratiche per la ricerca e l’industria.
Viene proposto un metodo di ottimizzazione topologica per il design di componenti da produrre tramite Additive Manufacturing (AM), che bilancia prestazioni strutturali e costi di produzione. Gli strati esterni di un componente realizzato con AM richiedono precisione elevata e quindi velocità di scansione ridotte. Pertanto, ridurre l'area superficiale diminuisce il tempo di stampa, abbattendo così i costi e l’impatto ambientale. Il problema di ottimizzazione affrontato consiste nella minimizzazione di una funzione singolo obiettivo multipesata, che combina l'energia elastica di deformazione e una superficie approssimata, denominata pseudo-superficie.
Il metodo adottato si basa sul Solid Isotropic Material with Penalization (SIMP), con doppio fattore di penalizzazione e viene condotto tramite il Metodo degli Asintoti Mobili (MMA). La superficie del componente viene stimata tramite una mappa di probabilità, costruita analizzando il gradiente spaziale della densità relative, e successivamente convertita in una superficie con unità volumetrica, denominata pseudo-superficie. Per ridurre il noto problema problema del pattern a scacchiera e garantire l'indipendenza dalla dimensione degli elementi, è stato introdotto un filtro basato su Equazioni alle Derivate Parziali (PDE), che introduce una dimensione minima delle feature del componente ottimizzato. L'algoritmo continua fino a quando non viene soddisfatto un criterio di convergenza, che considera la funzione obiettivo, la funzione vincolo, le densità relative ed il numero massimo di iterazioni. Un ulteriore contributo del metodo qui proposto è l’elaborazione della mappa di densità finale in un file STL per la stampa.
Sono stati sviluppati codici per l’ottimizzazione di strutture in due e tre dimensioni, funzionanti su qualsiasi discretizzazione del dominio di ottimizzazione.
La metodologia è stata applicata a casi studio noti in letteratura, bilanciando la funzione obiettivo tra riduzione della superficie esterna e aumento della rigidezza. I risultati mostrano l’efficacia nella riduzione della superficie complessiva, al costo di una riduzione in rigidezza del componente ottimizzato. Grazie a simulazioni del processo di stampa è stata poi quantificata la riduzione del tempo di stampa a seguito della riduzione della superficie esterna.
Il presente studio analizza la risposta a fatica ad altissimo numero di cicli (VHCF, Very High Cycle Fatigue) di una lega di Nitinol ottenuta mediante manifattura additiva (AM, Additive Manufacturing). Nelle condizioni di esercizio tipiche dei componenti in Nitinol, quali valvole cardiache e stent, il materiale subisce una parziale trasformazione di fase austenite/martensite ed è soggetto a sollecitazioni cicliche, che si ripetono anche diverse milioni di volte. Al fine di riprodurre tale condizioni operative, è stata sviluppato un setup sperimentale in grado di controllare la frazione austenite/martensite del Nitinol tramite una macchina elettrodinamica e l’applicazione di un carico statico medio di compressione ed eseguire il test di fatica fino a 10⁹ cicli tramite macchina agli ultrasuoni operante a 20 kHz. Tutti i componenti della catena cinematica della macchina agli ultrasuoni, sono stati progettati per essere in risonanza longitudinale a 20 kHz. I provini, realizzati con geometria cava a clessidra, sono stati progettati attraverso una procedura iterativa basata su simulazioni agli Elementi Finiti, per tenere in conto l’effetto della trasformazione di fase del materiale, e quindi delle sue proprietà elastiche, in funzione della tensione applicata.
Tuttavia, le sollecitazioni cicliche possono influire sulla dispersione delle fasi austenite e martensite del material, determinandone una variazione delle proprietà elastiche macroscopiche. Misurando il campo degli spostamenti del provino nelle condizioni di prova a 20 kHz mediante una telecamenta ad alta velocità di acquisizione, è stato ottimizzato il modello agli elementi finiti, permettendo una stima accurata dell’ampiezza di tensione applicata.
La risposta a fatica ad altissimo numero di cicli della lega di Nitinol AM, in stato parzialmente trasformato, è stata quindi caratterizzata con il setup proposto. Al fine di correlare la risposta a fatica alla microstruttura difettologica del materiale, sono state eseguite scansioni tramite tomografia computerizzata a raggi X ad alta risoluzione. Mediante analisi agli Elementi Finiti su Elementi di Volume Rappresentativo, che integrano la presenza dei difetti interni, è stata identificata la forza motrice per l’innesco del danneggiamento.
The commercial vehicles actually on the market lack general efficiency, in particular if the battery electric vehicles are considered. The main weaknesses are in weight efficiency, because their batteries reduce the available payload, in their volume efficiency, because their cargo volume is not fully exploited, and in the overall energy efficiency. One of the missions of these vehicles is, today, the last mile delivery. This market share appears as an expanding market in the next future. Therefore, it is possible to develop vehicles archetypes specifically oriented to this mission, considering the application of multidisciplinary approaches and different technologies which allow an increase of the overall efficiency, considering also the aspects related to the environmental impact and the cost reduction. In the design, it will be also necessary to consider the impact of the incoming autonomous driving on the main area of the vehicle.
In this square, the target of the work is the definition of guidelines for the design of optimized structures for the future commercial vehicles for last mile delivery. The work starts with a deep analysis of the requirements for future commercial vehicles considering the customers and manufacturers needs. The information obtained in the first phase of the work, are used to define innovative archetypes for the body structures. The impact of new cabin layouts and possible automated storage systems on the frame solutions are considered together with the adoption of battery electric powertrain.
The main activities are carried out developing and optimizing different solutions in virtual environment, considering the main missions of a vehicle body, mainly from the structural point of view. Therefore, weight reduction, occupants safety, cargo security, functional integration are considered in the optimization loops.
The work allows the definition of guidelines for the design of future bodies of commercial vehicles with optimized global efficiency in particular in terms of weight and volume capacity.
Introduzione
La penetrazione della mobilità elettrica in aree urbane richiede soluzioni che bilancino accessibilità, sicurezza e flessibilità di utilizzo. Tuttavia, l’elevato costo iniziale e il generale oversizing delle batterie impattano negativamente sull’adozione di massa dei veicoli elettrici, specialmente per usi a corto raggio. In risposta a tali criticità, questo lavoro presenta il Low Voltage Reconfigurable Electric Vehicle (LVREV), un concetto modulare che colma il divario tra le categorie veicoli L7e e M1, integrando un’architettura a bassa tensione (<60 V), powertrain riconfigurabile e batteria swappabile modulare. L'innovativa architettura powertrain, sviluppata nel contesto dello Spoke 2 di MOST - Centro Nazionale della Mobilità Sostenibile - è testata, sositutendola al powertrain di una Fiat 500e, al fine di validare le potenzialità della proposta.
Metodo
L’architettura del veicolo include un sistema dual-inverter a 52 V abbinato a un motore sincrono a magneti permanenti a sei fasi, ottimizzato tramite algoritmi genetici e progettazione model-based. La batteria è costituita da due moduli swappabili indipendenti, dotati di battery management system wireless e aggancio/sgancio rapido tramite un meccanismo proprietario. Il sistema può operare in due modalità:
Frugal, con un solo modulo a bordo, ottimizzata per l’uso urbano;
Dual, con entrambi i moduli a bordo, per missioni extra-urbane con maggiore potenza e autonomia.
La progettazione del modulo di trazione elettrica (EDM) è stata eseguita mediante simulazioni elettromagnetiche, termiche e meccaniche su cicli guida urbani ed extra-urbani, al fine di ottimizzare le prestazioni di efficienza reale al livello veicolo. Il sistema di batteria swappabile è progettato per raggiungere il range di utilizzo richiesto nelle due modalità, minimizzando il peso del modulo swappabile. Il modulo swappabile puo' essere integrato in sistemi di accumulo eneergetico domesitco o in comunità energetiche.
Risultati
La soluzione proposta soddisfa i target prestazionali prefissati:
Frugal Mode: 100 km/h di velocità massima, 150 km di autonomia urbana con un consumo di 7.9 kWh/100 km;
Dual Mode: 130 km/h di picco, 200 km di autonomia WLTC, 50 kW di potenza.
Il motore presenta una coppia di picco di 90 Nm e un’efficienza media del 93% sul ciclo guida, grazie alla configurazione hairpin a 6 fasi e raffreddamento a liquido. La batteria è basata su celle NMC ad alta densità energetica, con capacità nominale di 15.8 kWh (Frugal) e 31.6 kWh (Dual), e adotta un layout modulare che garantisce sicurezza operativa e compatibilità con le missioni richieste.
L’analisi dei risultati mostra come la riconfigurabilità permetta di adattare il veicolo a missioni diverse, ottimizzando peso, costo e consumo. Le simulazioni dinamiche forward su cicli reali validano la progettazione del sistema, confermando i benefici dell’approccio integrato e modulare.
L'integrazione dei Sistemi Avanzati di Assistenza alla Guida (ADAS) con le Strategie di Gestione dell'Energia (EMS) rappresenta un ambito di ricerca emergente per i moderni veicoli ibridi elettrificati (HEVs). All'interno di questa categoria, i veicoli elettrici a celle a combustibile (FCEVs) che incorporano una batteria ad alta tensione (HV) e una cella a combustibile (FC) costituiscono un interessante caso di studio per lo sviluppo di controllori che ottimizzano i flussi energetici a bordo dalle fonti di accumulo alla dinamica del veicolo. Una ambito di ricerca aperto in questo campo, riguarda la valutazione dell'impatto dei controllori di dinamica longitudinale sull'efficienza energetica del veicolo, che viene esplorata in questo lavoro tramite lo sviluppo di un controllore e la sua validazione sperimentale.
Questo lavoro presenta l'implementazione di un sistema di cruise control adattivo (ACC) basato su model predictive control (MPC) per un veicolo commerciale a celle a combustibile (FCEV). L'obiettivo è progettare e validare sperimentalmente un controllore di dinamica longitudinale che sia efficiente dal punto di vista delle risorse di centralina, valutandone il potenziale per migliorare l'efficienza energetica e il comfort. L'approccio proposto è stato valutato in simulazione sul modello di un prototipo di FCEV commerciale validato sperimentalmente su un banco prova dinamometrico. I risultati dimostrano che l'ottimizzazione del profilo di velocità del veicolo porta a una riduzione fino al 10% del consumo del sistema a celle a combustibile, mantenendo al contempo i vincoli temporali operativi e i requisiti di comfort dettati dalle relative ISO.
Per soddisfare le necessità di diverse missioni di guida (urbane ed extra-urbane), sono stati proposti e testati due principali settaggi dei parametri dell'ACC per affrontare il compromesso tra comfort ed efficienza energetica. I risultati mostrano che il controllore predittivo ha un impatto positivo sull'efficienza energetica nelle missioni prettamente urbane, mentre ha un effetto limitato in quelle extra-urbane. D'altra parte, la guida su autostrada rappresenta lo scenario in cui l'uso ottimale della cella a combustibile ha il maggiore impatto sull'efficienza energetica. Complessivamente, i risultati dello studio sono limitati dal numero di prove disponibili e dall'impianto sperimentale a disposizione.
In conclusione, questo lavoro presenta lo sviluppo e il collaudo di un sistema di gestione di veicolo ibrido assistito da ADAS per un veicolo commerciale ibrido a idrogeno. La novità di questo lavoro è quella di proporre un controllore generalizzato per risolvere il problema dell'ACC e proporre un’integrazione tra le funzioni di gestione dell'energia e quelle di assistenza alla guida. I risultati mostrano che l’approccio presenta interessanti risvolti in termini di risparmio energetico e miglioramento del comfort, estendendo la letteratura già disponibile ad un powertrain innovativo.
Keywords Sistemi Avanzati di Assistenza alla Guida (ADAS); Cruise Control Adattivo (ACC); Model Predictive Control (MPC); Veicoli Ibridi a Celle a Combustibile (FCEV)
L’industria automotive sta subendo una vera e propria rivoluzione che porta a dover affrontare sempre più in dettaglio ogni aspetto della progettazione di veicoli e sistemi. Tra questi, i produttori di pneumatici da un lato e di manti stradali dall’altro sono sempre più interessati alla caratterizzazione dei loro prodotti in scenari realistici e in differenti condizioni operative e ambientali. In particolare, con l’avvento dei veicoli a trazione elettrica e ibrida, parametri come resistenza al rotolamento e la rumorosità dello pneumatico, oltre a quelli prestazionali, sono diventati sempre più importanti; inoltre, molte attività di ricerca sono sempre più orientate alla riduzione delle masse dei componenti dei veicoli, per l’ottimizzazione delle quali è necessaria una precisa definizione delle condizioni di carico derivanti dall’interazione ruota-strada, specie in presenza di superfici irregolari. Da ciò nasce l’esigenza di avere banchi prova per il test di ruote con pneumatico o gruppi sospensione (per sospensioni a ruote indipendenti), sempre più affidabili e precisi. Al momento in circolazione ci sono moltissimi esemplari di banchi prova per pneumatici che utilizzano come superficie di contatto rulli metallici ricoperti da materiale abrasivo o tappeti in materiale sintetico; molto meno diffuse sono le macchine che testano gli pneumatici su vere pavimentazioni stradali. Queste ultime si trovano sotto forma di rimorchi o camion di grandi dimensioni che per ovvie ragioni sono difficili da trasportare in giro per il mondo. In questo contesto si inserisce il progetto del banco prova presentato in questa memoria. Esso è costituito da una attrezzatura da installare mediante un interfaccia plug and play su telesollevatori dotati di braccio estraibile e circuito idraulico ausiliario per l’alimentazione di servizi. L’attrezzatura è composta da un telaio che serve da interfaccia fra un’architettura di sospensione tipo double wishbone e il telesollevatore. L’attrezzatura è dotata di cilindri idraulici per il controllo della forza verticale da applicare sullo pneumatico e della sterzatura. Gli attacchi del triangolo superiore invece possono spostarsi lungo guide lineari per permettere la variazione di camber. Questo tipo di architettura consente una facile ricostruzione dei carichi a terra poiché tutti i componenti sono sollecitati a trazione e compressione e quindi misurabili con estensimetri monoassiali o celle di carico. Il sistema può inoltre dotarsi di sensori che hanno il compito di effettuare una serie di misure al fine di ottenere parametri utili per la caratterizzazione di grandezze significative del comportamento dello pneumatico e relative all’interazione con il manto stradale, quali ad es. usura, fatica, rumore da rotolamento e resistenza al rotolamento. Il sistema presentato permette di fare misurazioni su superficie reale, raggiungibili con il telesollevatore, eventualmente con diverso grado di irregolarità, e in diverse condizioni climatiche. Il sistema è facilmente trasportabile avendo le dimensioni di un pallet e il telesollevatore è un mezzo estremamente diffuso che può essere acquistato o noleggiato in tutto il mondo. Infine, l’utilizzo della potenza del circuito idraulico ausiliario del telesollevatore permette di ridurre al minimo gli ingombri dell’attrezzatura e allo stesso tempo avere una notevole energia da poter sfruttare per i test.
Objective
The primary objective of this study is to experimentally validate a novel Internet of Things (IoT) device designed for real-time assessment of head accelerations experienced by motorcyclists during crashes. By providing instant feedback on impact severity, the device aims to enhance rider safety and inform future helmet design improvements.
Methodology
A series of controlled impact tests were conducted in accordance with the ECE22.06 homologation standards, which outline strict requirements for helmet impact performance. The device, embedded within the helmet, collected linear and rotational acceleration data using multiple onboard sensors. Data were collected, processed, and then transmitted in real time to an external monitoring platform for analysis. Tests included varying impact velocities and strike points to simulate realistic crash scenarios. Calibration and validation were carried out by comparing the device’s measurements against benchmark curves recorded from a validated Hybrid III headform.
Results
Results demonstrate that the IoT device reliably measures head accelerations with accuracy levels comparable to conventional laboratory equipment. In multiple impact conditions, the measurements remained within acceptable tolerance ranges. Furthermore, real-time data transmission proved to be robust, enabling immediate visualization of head acceleration profiles during helmet impacts.
Conclusions
The findings indicate that the proposed IoT device is a viable tool for real-time impact assessment. Its performance under homologation test conditions supports the feasibility of integrating such technology into commercial motorcycle helmets. Future work will focus on optimizing data analytics, refining the device’s design for mass production, and expanding its application to other protective headgear used in sports and industrial environments.
In recent years, the increasing adoption of natural fiber-reinforced composites for sustainability has impacted many industrial sectors, including the automotive industry. However, achieving the required structural performance presents challenges when relying solely on natural fiber composites due to their lower mechanical properties, reduced durability, and limited compatibility with high-performance polymer matrices compared to synthetic counterparts. Hybridization, which combines natural fibers with synthetic reinforcements, is a viable solution to enhance mechanical performance while maintaining environmental benefits. This study examines the crashworthiness of flax/epoxy, carbon/epoxy, and inter-ply hybrid carbon-flax/epoxy composites under impact. The goal is to explore the design process of an energy absorber component for automotive applications by incorporating flax fibers, using experiments and finite element analysis to predict material behavior under crushing, and optimizing the design. Energy absorption capability is assessed through crashworthiness evaluation, focusing on the role of natural fibers and component geometry in enhancing crushing performance, from simple to curved structures, extending to structural automotive applications. A preliminary testing campaign characterizes the mechanical properties of the composites and defines material models for numerical analysis. The impact behavior of composite structures is then assessed both experimentally and numerically. The design process involves material characterization, evaluation of geometric influences on crushing behavior, finite element analysis, optimization, and validation of numerical simulations. An iterative modeling approach ensures the development of an accurate predictive tool to support and streamline the development of complex energy absorber structures. Material cards are set in LS-DYNA software using mechanical characterization parameters and an optimization procedure based on simple geometries under impact. Experimental and simulation results are compared to validate the accuracy of numerical models in predicting the behavior and failure modes of composites, from simple standard structures to advanced impact attenuators under crushing loads. Findings demonstrate the potential of hybrid composites to enhance energy absorption efficiency and integrate natural reinforcements into automotive applications.
Additive manufacturing technology has been rapidly evolving in recent years, leading to a paradigm shift in material design, particularly for metamaterials. In this work, metamaterials with spinodoid topologies are investigated. These topologies are derived from the physics of spinodal decomposition process, which results in a bicontinuous (two-phase) structure. Since spinodal decomposition is deterministic and these topologies are typically non-periodic, they offer a wide design space and can exhibit anisotropic properties that can be tuned with a few parameters. These features make them highly suitable for applications requiring tailored mechanical, thermal, or multi-physical properties.
Unlike traditional metamaterials designed through geometric or topological optimization, spinodoid microstructures can be engineered by tuning the parameters of the Cahn-Hilliard equation, that is the mathematical model that simulates the spinodal decomposition phenomenon. This approach enables the generation of virtually infinite configurations, as the solution to the Cahn-Hilliard equation varies significantly with the physical parameters.
Building on our previous studies, the key parameters of this model have been reduced to just two, enabling a more straightforward material design process. These parameters control the evolution of the diffusional process and the resulting phase field, which is then transformed into a regular and smooth metamaterial sample. As a result, the parameters directly influence both the design and the mechanical response of the metamaterial.
The reduction to only two controllable parameters represents a key advantage: the design process is significantly simplified while maintaining a high degree of versatility. In addition, this feature can be exploited in a simple optimization process aimed at identifying metamaterial configurations with specific multi-physical properties, such as tailored thermo-structural behavior.
This work presents a parametric modeling approach to design metamaterials inspired by spinodal transformations, utilizing only the two dimensionless parameters introduced in prior studies. By systematically varying these parameters, a diverse set of metamaterial samples is generated, and their properties of interest are evaluated. Furthermore, it is demonstrated how the topology of this metamaterial can be optimized to achieve specific performance in terms of anisotropic elastic response, driven only by these two key parameters. This methodology not only enables the exploration of a wide design space but also facilitates the inverse homogenization process, allowing for the tailored optimization of metamaterials to meet specific functional requirements.
Many engineering applications require that structural metals operate under very high temperatures, causing remarkable changes in the mechanical response compared to room temperature. In this study, thermal softening is investigated with reference to A270 stainless steel, building upon previous work where the investigation was limited to 300 °C, while the present experimental campaign extends the temperature range up to 650 °C. A remarkable coupling between temperature and plastic strain was previously observed in relation to thermal softening. Here, this aspect is analyzed in further detail across the newly extended temperature range, aiming to develop a two-variable thermal softening function capable of describing the experimental response, whereas the usual only temperature-dependent models were not suitable for this purpose, even at lower temperature ranges. Moreover, the variable ductility promoted by temperature is highlighted by analyzing the outcomes of both the length-based and the area-based formulations of strain at failure.
Le strutture meccanicamente bistabili, ossia caratterizzate da due differenti configurazioni di equilibrio separate tra loro da una certa barriera energetica, hanno recentemente trovato una crescente diffusione in vari ambiti ingegneristici: da materiali shape-morphing, soft robots, a strutture aerospaziali che sfruttano l’energia elastica per cambiare la propria configurazione.
Il seguente lavoro inizia con l’analisi di una cella unitaria basata sul meccanismo della VonMises Truss, il cui comportamento risulta essere mono- o bistabile in funzione dei parametri geometrici che la caratterizzano. Celle unitarie identiche vengono successivamente combinate tra loro per ottenere strutture tridimensionali, il cui comportamento non necessariamente rispecchia quello delle singole celle che le compongono. Attraverso una serie di esperimenti mirati supportati da una vasta gamma di simulazioni numeriche parametriche si è dimostrato che, scegliendo opportunamente la combinazione dei parametri all’interno della struttura, il comportamento di una cella unitaria risente di quello delle celle a lei adiacenti. Questo interessante comportamento apre la strada verso strutture e metamateriali meccanicamente programmabili, tra cui strutture deployable, in cui l’espansione di tutte le celle nella struttura è causato dal cambio di configurazione in una sola di esse.
Le prove di trazione uniassiale sono comunemente utilizzate per caratterizzare il comportamento elasto-plastico dei materiali. In particolare, nei test eseguiti su metalli duttili, si verifica frequentemente l’insorgere della strizione e, a causa di questa condizione di instabilità, la deformazione si concentra in una porzione limitata del provino. Da questo momento in poi, vengono meno le ipotesi di deformazione uniforme e tensione monoassiale e uniforme, che sono alla base delle formule tradizionalmente utilizzate per elaborare le prove ed ottenere la curva tensione-deformazione del materiale. Nel corso degli ultimi decenni, sono state proposte diverse strategie per sfruttare la fase di test successiva all’instabilità al fine di identificare la legge di incrudimento fino a grandi deformazioni. Alcuni metodi si basano su formule correttive, altri sul principio dei lavori virtuali, altri ancora su metodi inversi numerico-sperimentali che iterano sulla legge di incrudimento data come input di una simulazione agli elementi finiti finchè il risultato numerico non è sufficientemente simile a quello sperimentale. Un’ulteriore complessità nell’elaborazione delle prove viene introdotta se il materiale presenta un comportamento anisotropo, per cui provini inizialmente cilindrici si deformano in maniera non assialsimmetrica. Inoltre, l’effetto dell’anisotropia diventa ancora più marcato dopo l’insorgere dell’instabilità, man mano che la deformazione localizza.
L’obiettivo di questo lavoro è sviluppare una metodologia in grado di estrarre informazioni utili riguardo il comportamento plastico del materiale da una prova di trazione monoassiale su provini inizialmente cilindrici in cui la deformazione si sviluppa in maniera anisotropa. Infatti, nonostante in letteratura siano già state proposte delle strategie, ci sono ancora aspetti che è utile indagare, in particolare quali dati sia sufficiente e necessario acquisire durante le prove e quali informazioni sul comportamento del materiale è ragionevole pensare di ottenere da una singola prova.
Visto il livello di complessità del fenomeno, lo studio è stato condotto mediante un codice agli elementi finiti (in particolare mediante Ansys LS-DYNA). Si sono eseguite delle simulazioni di prove di trazione su provini cilindrici di materiale anisotropo, in modo che, essendo noto il comportamento del materiale, fosse possibile valutare l’adeguatezza di diverse strategie di caratterizzazione. Nello specifico, si sono analizzate metodologie inverse numerico-sperimentali in cui il comportamento plastico anisotropo del materiale viene identificato mediante un’ottimizzazione. I parametri del modello di materiale sono iterativamente modificati finché i risultati numerici non prevedono adeguatamente quelli sperimentali. Le variabili scelte per definire la funzione di costo dell’ottimizzazione sono, in genere, variabili macroscopiche misurabili durante le prove sperimentali e in questo lavoro, si sono analizzate quali diverse variabili possano essere utilizzate così da fornire indicazioni circa i dati da acquisire durante i test.
I risultati di questo studio hanno mostrano che, in presenza di anisotropia, avere come target di metodi inversi la curva forza-corsa non è sufficiente per identificare adeguatamente modelli di plasticità anisotropa, ma occorrono informazioni aggiuntive su come il provino si sia deformato durante la prova. Lo studio eseguito è stato, quindi, propedeutico a capire quali dati acquisire durante prove di trazione monoassiale su provini cilindrici al fine di realizzare un setup sperimentale adeguato a determinare il comportamento plastico dei materiali anche nel caso in cui essi si dimostrino anisotropi.
Una volta valutate le diverse procedure adottabili, una serie di prove di trazione sono state effettuate su provini in Titanio 6Al4V dal comportamento marcatamente anisotropo in fase di strizione. Sono state impiegate misure ottiche del profilo del provino a differenti livelli di deformazione e per differenti angolazioni e misure tridimensionali di forma tramite test in-situ all’interno di una CT-Scan.
I risultati provenienti dalle diverse tecniche di misura sono stati impiegati in strategie di identificazione definite sulla base delle analisi numeriche preliminari: i parametri ottenuti per un modello di plasticità anisotropa sono stati comparati per valutare l’efficacia dei differenti approcci.
Tools for surface finishing of stones, tiles, and advanced ceramic-based components consist of ceramic-polymer blends. Such tools are made via two main production steps: the compaction of the blend and then, the hot die pressing of the compact blend, also known as the green body. Due to the poor intrinsic strength of the green body, its manipulation is critical. Even small loads applied to extract it from the die and to transfer it to the hot die pressing station may undermine its structural integrity. The green body exhibits a brittle fracture behavior with strengths strictly dependent on the applied loading condition. Therefore, knowledge of the mechanical behavior of these materials is crucial to minimizing material waste in manufacturing processes.
This research addresses the characterization of the morphology and mechanical behavior of four different ceramic-polymer blends obtained by varying volumetric ratio and abrasive grain size. The aim is estimating the mechanical behavior under the stress states resulting from the loading conditions of the green body during its manipulation.
Preliminary, the chemical and morphological characterization of the blends was performed. Afterwards, for each blend composition, five specimens were prepared for mechanical testing and subjected to loading until fracture, monitoring the applied load and deformation. A fractographic analysis was, then, conducted on the most relevant specimens to identify the crack initiation site and the fracture mechanism. The experimental results were analyzed to determine the mechanical behavior of the green body as a function of the blend composition.
Obiettivo
L'indentazione sferica strumentata consente potenzialmente di determinare in modo non distruttivo le proprietà meccaniche dei materiali perché offre vantaggi significativi sia per ricerche in ambito accademico e sia per il controllo di qualità in ambito industriale. Il problema inverso associato all’indentazione consiste nel ricavare la legge tensione-deformazione del materiale partendo dall’esito della prova che mette in relazione il carico applicato alle proprietà geometriche dell’impronta, tipicamente la profondità. Tuttavia, tale operazione si dimostra particolarmente complessa. Anche l'operatore diretto, che collega le proprietà del materiale con la risposta all'indentazione, non è esprimibile in forma analitica e l’approccio numerico richiede costose e delicate simulazioni FEM a causa delle forti non linearità geometriche e costitutive coinvolte nel fenomeno. Per il problema inverso, questo studio propone un approccio basato sull’operator-learning e una sua validazione sperimentale.
Metodi
L’operatore diretto viene sostituito da un modello surrogato basato su reti neurali, capace di riprodurre con elevata accuratezza i risultati di una simulazione FEM, ma con un impegno computazionale trascurabile. Il modello surrogato è costruito mediante apprendimento automatico su un vasto database di simulazioni già disponibili per un’unica legge costitutiva. Il problema inverso viene in tal modo risolto invertendo un operatore diretto di più facile calcolo e la curva costitutiva ottenuta risulta indipendente da specifiche parametrizzazioni. L’approccio, già testato con simulazioni numeriche, è applicato a indentazioni effettuate su acciaio 17-4 PH, un materiale particolarmente adatto allo scopo perché caratterizzato da un comportamento plastico altamente isotropo. Le curve costitutive ottenute elaborando indentazioni sferiche strumentate sono confrontate con le curve sigma-epsilon ricavate da prove di trazione standard eseguite su provini estratti da barra con diverse orientazioni.
Risultati
L'approccio proposto dimostra la sua validità e permette di ottenere livelli di accuratezza nella stima della curva costitutiva superiori rispetto ai modelli parametrici attualmente disponibili in letteratura.
Conclusioni
Grazie ai recenti sviluppi degli algoritmi di machine learning e dell’hardware dedicato, è stato ottenuto un significativo miglioramento delle potenzialità dell’indentazione sferica strumentata per la determinazione rapida e non distruttiva delle proprietà costitutive elasto-plastiche dei materiali metallici
The structural use of thin glass represents a recent and groundbreaking development in architecture and engineering. Originally developed for consumer electronics, chemically strengthened glass with a thickness of the order of 1 mm is now being explored for applications in adaptive façades and kinetic building envelopes. This has driven the need for accurate mechanical characterization under large displacement regimes. However, traditional testing methods, such as four-point bending and double-ring tests, originally conceived for stiffer materials, are inadequate due to the exceptional flexibility and high strength.
Many research efforts have been made in recent years to propose innovative methods, able to address issues such as nonlinear geometric effects, high curvature bending, and torsional instability. One of the most reliable procedures appears to be the “clamp bending” test, consisting in prescribing a rotation on two opposite edges of a rectangular thin plate, while properly adjusting the distance between the supports, so to achieve a constant-curvature deformation. In [1, 2], a tailored testing apparatus has been designed, based on the results of both analytical modelling and numerical analyses. The test bench allows to test a rectangular plate with two opposite edges inserted in steel rollers, separated by an EVA foil to prevent direct contact between steel and glass, thereby constraining the edges to remain straight. Its particular design allows to use the same test bench for both torsion and large-deflection bending tests, by making some slightly modification in constraints and actuators, so to have different constraints and allowable movements.
The test bench has been used to perform an experimental campaign, comprising 15 bending and 11 torsion destructive tests on chemically tempered thin glass plates, with thickness of 1.1 mm and 2.1 mm and length of 1 m. The comparison with the results of refined FEM analyses, accounting for the real constraint conditions, allowed to estimate the thin glass strength. This turns out to be up to 400 MPa, significantly higher than the characteristic value of 150 MPa usually assumed for chemically tempered glass. The extreme deformability of the thin glass specimens allowed to reach torsion angles of approximately 50° and bending curvatures with radii on the order of 1 m.
However, the experimental campaign carried out has highlighted that the proposed test bench should be improved to be used to better assess the thin glass strength. For bending tests, the major limitation is that the motors/actuators governing the translation and the rotation of the extremities of the thin glass element must be perfectly synchronized to obtain a deformed shape with constant curvature. This limitation can be overcome by designing an innovative setup, employing a mechanical/cinematic interconnection of the moving components [3]. The concept is based on the use of toothed contact profiles on properly-designed pitch profiles, to prescribe translation as a function of rotation, or vice-versa. As a result, only one degree of freedom has to be controlled when performing the test, i.e., only one actuator is necessary. The new setup can be manufactured via 3D printing or CNC milling, and it results in a compact device made with robust and reliable components, which can be scaled up to accommodate specimens of any size.
We believe that the proposed system, based on simple mechanisms, can contribute to the development of standardized test procedures, which are still lacking not only for thin glass, but more generally for highly deformable structural elements. This class of elements is increasingly attracting the interest of researchers, since their high flexibility, generally coupled with low weight and high strength, makes them suitable for a wide range of applications. These range from crash absorption plates for automotive use, to vibration damping plates, to morphing wing skin plates and flexible thermal protection plates used in aerospace engineering. Other potential applications include deployable space structures, adaptive and active surfaces, stretchable and flexible electronics, biomedical devices, and soft robotics.
[1] Galuppi, L., & Riva, E. (2022). Experimental and numerical characterization of twisting response of thin glass. Glass Structures & Engineering, 7(1), 45-69.
[2] Galuppi, L., & Riva, E. (2024). Constant-curvature bending response of thin glass: Analytical, numerical and experimental study of “clamp-bending” tests. Glass Structures & Engineering, 9(2), 99-116.
[3] Boni, C., & Galuppi, L. (2024). A kinematics-based single-actuator setup for constant-curvature bending tests in extremely large deformations. Extreme Mechanics Letters, 73, 102259.
In various industrial sectors—such as automotive, aerospace, and robotics—there is an increasing demand to reduce energy consumption and, consequently, limit CO₂ emissions. One effective strategy to achieve this goal involves the use of a combination of lightweight materials, such as polymers, composites, and metals, to create structurally efficient designs that minimize weight. However, this approach requires the development of advanced joining techniques that maintain the integrity of these materials without adding unnecessary weight.
Traditional joining methods, like bolts or rivets, can compromise the structural properties of composites and increase weight, thus undermining the benefits of lightweight materials. A promising alternative is adhesive bonding. While adhesive bonding offers several advantages, it can present challenges when bonding certain material combinations, such as metals to thermoplastics. These challenges are often related to factors like material compatibility and environmental concerns during both production and disposal.
In this context, a promising approach is direct thermal joining, which utilizes the polymer itself as the bonding element. By applying heat to the contact area, the polymer transitions into a semi-liquid state, forming a bond with the metallic substrate. This method enables the creation of lightweight, reversible, and recyclable joints, which aligns with the principles of a circular economy. However, challenges may arise during production due to insufficient polymer adhesion to the metal, which can lead to reduced mechanical performance. Recent studies have shown that surface treatments designed to enhance mechanical interlocking between the substrates offer an effective strategy to improve toughness and damage tolerance in these joints.
A previous study by the authors demonstrated that a properly calibrated laser treatment significantly enhances the shear strength of metal-polymer joints. In this work, the impact of this laser treatment on the mechanical behavior of metal-polymer joints was analyzed, focusing on peeling stress across the interface. Structural aluminum alloy and polylactic acid (PLA) were selected as base materials for joint fabrication. The polymer substrates were produced through 3D printing, and the base material properties were characterized through dedicated mechanical tests. The joint was fabricated using the direct thermal joining technique, building upon the authors' previous results.
Negli ultimi decenni, la diffusione delle tecniche di acquisizione digitale nel campo dei beni culturali ha offerto numerosi vantaggi. Questo studio presenta un tema del tutto originale riguardante l'identificazione, la classificazione e la descrizione delle impronte d'impatto generate dai lanciatori di pietre (balliste) e dai lanciatori di dardi (scorpioni o catapulte romane) e rinvenute in gran numero nella sezione settentrionale delle mura della città antica di Pompei.
Proprio perché furono coperte da uno strato di lapilli nell'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e portate alla luce circa 19 secoli dopo, queste impronte e tracce costituiscono prove inequivocabili e certe dell'effettivo potenziale dell'artiglieria repubblicano-imperiale nell'ambito dell'assedio. Le restituzioni fotogrammetriche delle impronte balistiche consentono di ricavare modelli inversi, che possono essere utilizzati come base per la sperimentazione su modelli di simulazione.
Una volta note le configurazioni geometriche e derivati i volumi dei proiettili lanciati, è possibile quantificare il lavoro necessario per polverizzare una materia di densità nota e, da lì, calcolare l'energia cinetica residua, ovvero la velocità iniziale di lancio e la progettazione inversa delle macchine da guerra utilizzate.
Oggetto dello studio sono una porzione della parte settentrionale delle mura della città antica di Pompei, realizzata in tufo grigio di Nocera, le sfere balistiche in basalto conservate nell'Antiquarium dell'area archeologica, e modelli teorici di dardi in ferro.
In questa memoria si presentano la caratterizzazione delle mura, la modellazione del materiale, i modelli di simulazione per i due casi (ballista e dardo) con l'analisi di convergenza della mesh. Sulla base della fotogrammetria delle impronte e dei risultati delle simulazioni a elementi finiti è stato possibile stimare la velocità di impatto e, da questa, stimare le condizioni e l'energia del lancio. Tali dati permettono poi di determinare i principali parametri progettuali delle macchine utilizzate, consentendo la progettazione inversa delle macchine stesse.
Il rischio biologico associato alle ferite accidentali da ago rappresenta un grave pericolo per gli operatori sanitari. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2003 si sono verificati circa 3 milioni di casi di ferite accidentali che hanno portato a nuovi casi di epatite B, epatite C e HIV. Per ridurre tali rischi, è fondamentale sviluppare dispositivi di sicurezza avanzati.
In questo contesto si inserisce l’ideazione di una siringa a tubofiala a iniezione multipla con ago retrattile e azionamento assistito. Nello specifico, l’invenzione riguarda una siringa con ago ipodermico di sicurezza che consente di effettuare più somministrazioni con una sola tubofiala. Quando non è in uso, l’ago si ritrae all’interno del telaio della siringa o della stessa tubofiala, una volta svuotata, impedendo il contatto involontario con l’estremità e riducendo drasticamente il rischio di punture accidentali. Il meccanismo di movimentazione dell’ago è semplice ed economico e garantisce un utilizzo pratico, sicuro ed efficace del dispositivo. Esso è costituito da una serie di molle e da un sistema di bloccaggio/sbloccaggio agevole, azionato direttamente dall’operatore.
Questa tecnologia innovativa rappresenta un significativo passo avanti nella sicurezza delle procedure di somministrazione di medicinali, rispondendo in modo concreto alla necessità di tutelare la salute del personale sanitario.
Per l’invenzione descritta è stato concesso il brevetto italiano nel 2024 (numero concessione: 102022000006635) ed è stata depositata la domanda di PCT (numero di domanda: PCT/EP2023/057222) e di estensione in Europa (numero: EP4504302A1).
Il mercato dei veicoli a pedalata assistita è in continua crescita e comprende veicoli a due, a tre e persino a quattro ruote, soddisfando quindi non solo esigenze di mobilità personale ma anche di trasporto persone e merci in ambienti urbani. L'attività qui illustrata è parte di un più ampio progetto di progettazione, realizzazione e sperimentazione di veicoli a pedalata assistita che partendo da dati realistici e da concept funzionali innovativi mira a proporre una gamma di veicoli di nuova generazione. Nonostante le limitazioni in termini di velocità massima e vincoli di assistenza alla pedalata, il dimensionamento ottimale degli organi di trazione e di alimentazione elettrica presenta alcune incognite e le scelte svolte in sede di progetto hanno rilevante influenza sulla prestazione finale, in particolare dal punto di vista dell'autonomia e della gestione dello sforzo dell'utente. Il problema è affrontato mediante l'analisi di dati reali svolte con i metodi tipicamente derivanti dallo studio di categorie di veicoli L, M ed N e i contenuti comprendono le definizione dei metodi di trattamento dati, la proposta di cicli lavoro rappresentativi e l'analisi critica dei risultati ottenuti ai fini del progetto del veicolo.
The following work is focused on the design and construction of an innovative testing ring aimed at performing detailed mechanical characterization of different materials under multiaxial load states. The objective is to overcome the limitations of traditional testing devices, which often fail to accurately replicate the complex stress states to which materials are subjected in real-world applications. This initiative falls within the thematic areas of Spoke 2 of the PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), with a particular focus on the development of testing equipment primarily, but not exclusively, for elastomers under variable stress and temperature conditions. The device features unique characteristics, including the limitless rotational capability of the load cell, essential for the complete characterization of materials capable of undergoing large deformations (such as elastomers); the free axial expansion/contraction of the specimen during testing to ensure pure torsion loading throughout the entire deformation range; independent load ramps, to precisely control the imposed stress triaxiality during the test; and the application of synchronized but independent axial and torsional loads, including torsional cyclic loads with efficient and accurate stress reversal at high frequency using a "zero-backlash" system. One of the key features of the developed device is the integration of non-proprietary industrial components, which ensures an open architecture that facilitates future upgrades, improvements, and ease of maintenance.
Nel corso della loro vita, i componenti strutturali realizzati in materiale composito sono quasi sempre caratterizzati da una progressiva perdita di rigidezza, principalmente causata dall’innesco e propagazione di molteplici cricche al loro interno. Tale calo di rigidezza può rischiare di compromettere il corretto funzionamento del componente stesso, e di portare a condizioni di lavoro non sicure. Risulta immediatamente chiara quindi la necessità di sviluppare dei modelli analitici efficienti, che siano in grado di stimare il calo di rigidezza in un componente in composito soggetto a un determinato stato di danneggiamento.
Diverse tipologie di metodi sono state proposte nel corso degli anni per affrontare il problema in oggetto, e una di quelle più significative e diffuse è senz’altro quella dei metodi “shear-lag”. Guardando a questi ultimi in particolare, risulta evidente in letteratura l’assenza di un modello analitico, che non richieda parametri aggiuntivi o processi iterativi, capace di contemplare la presenza di flessione in un generico laminato criccato. La possibilità di includere anche carichi flessionali in modelli predittivi di immediato utilizzo come questi rappresenta un notevole vantaggio, specie considerando le complesse condizioni di carico a cui è soggetta la maggior parte dei componenti reali.
In questo lavoro viene quindi proposto un modello “shear-lag” per la previsione della perdita di rigidezza in un laminato in composito criccato e soggetto a carichi sia nel piano sia fuori-piano, ovvero flessione. Dopo una panoramica generale sulla natura e le assunzioni del metodo qui proposto, verranno presentati i risultati quantitativi per alcuni casi studio e saranno confrontati con previsioni ottenute mediante analisi agli elementi finiti.
Ensuring the structural integrity of aircraft flaperons is crucial for flight safety and performance. To enable continuous monitoring and early damage detection, Structural Health Monitoring (SHM) systems have become indispensable in aerospace applications. This study focuses on detecting and localizing barely visible damages (BVDs) on the slightly curved surface of a flaperon demonstrator, made of carbon-fibre-reinforced composite with a thermoplastic matrix, enhancing recyclability. The flaperon, a critical component of the aircraft control surfaces, features variations in material thickness due to a protective cold spray coating, and the incorporation of stiffeners. These modifications significantly affect the propagation mechanisms of guided ultrasonic waves, which are essential for assessing SHM system performance.
An SHM system based on ultrasonic guided waves (UGWs) is implemented within a finite element (FE) environment to model multiple BVD scenarios at different locations. An array of surface-mounted piezoelectric transducers (PZT) excites and captures UGWs, enabling signal comparison with the reference state. Key features are extracted from gathered signals to assess their sensitivity to BVDs, ensuring accurate detection and localization.
To enhance the diagnostic capabilities of the developed SHM system, this study integrates a comprehensive numerical-experimental investigation, systematically validating numerical simulations against experimental data from a dedicated test campaign incorporating non-destructive evaluation (NDE) techniques. This approach establishes a robust correlation between numerical predictions and experimental outcomes, improving SHM system reliability and applicability. The findings contribute to advancing SHM technologies for early-stage damage identification in complex aerospace structures, aligning with the highest level of the building block approach.
Additionally, this research supports the transition of the SHM system towards operational deployment by enhancing damage detection accuracy and efficiency. By integrating advanced composite engineering with state-of-the-art monitoring technologies monitoring technologies, this study promotes sustainability in aerospace engineering while refining maintenance strategies for next-generation aircraft.
Negli ultimi anni, le strutture sandwich hanno suscitato crescente interesse nel settore industriale grazie alle loro caratteristiche di leggerezza, resistenza e capacità di assorbire energia. In particolare, i pannelli sandwich con core in honeycomb di alluminio trovano ampia applicazione nell’industria dei trasporti e delle costruzioni, che richiedono materiali ad alte prestazioni e soluzioni efficienti.
L’obiettivo del presente lavoro è lo sviluppo di strutture sandwich composte da pelli ibride costituite da uno strato di lega di alluminio e laminato in fibre di basalto con matrice di poliammide 12 riciclato, e core in honeycomb di alluminio, e l’analisi del loro comportamento meccanico sotto l’azione di carichi statici e dinamici.
Per valutare le proprietà di assorbimento di energia sono state eseguite prove meccaniche di indentazione quasi-statica e di impatto a bassa velocità. I test sono stati effettuati utilizzando una punta a geometria emisferica con un diametro di 20 mm. L'uso di tecniche non distruttive per l’analisi delle modalità di danneggiamento e rottura dei provini ha consentito di ottenere una valutazione dettagliata delle prestazioni strutturali dei pannelli proposti, con particolare attenzione all'incollaggio tra le pelli, ottenuto tramite adesivo poliuretanico.
I risultati ottenuti hanno mostrato buone proprietà di assorbimento di energia, sotto l’azione di carichi statici e dinamici, e prestazioni superiori rispetto a materiali simili presenti in letteratura. Inoltre, il confronto con i dati disponibili in letteratura ha messo in evidenza le potenziali applicazioni dei materiali studiati, e i vantaggi in termini di prestazioni meccaniche e sostenibilità.
In questo contesto, i pannelli sandwich ibridi si rivelano promettenti soluzioni strutturali, capaci di coniugare resistenza meccanica e ridotto impatto ambientale, rispondendo al crescente interesse del settore per soluzioni innovative che promuovono lo sviluppo di tecnologie green per le costruzioni leggere e avanzate. I materiali sviluppati risultano particolarmente adatti per applicazioni che richiedono strutture composite leggere e ad alta capacità di assorbimento di energia, come nel settore dei trasporti, dove le collisioni sono fenomeni in costante aumento.
Le crescenti esigenze di riduzione delle emissioni di carbonio impongono la necessità di sviluppare strutture più leggere ed efficienti nei settori automobilistico, ferroviario, aeronautico e, in generale, nel campo dei trasporti. Queste esigenze spingono verso la personalizzazione dei materiali utilizzati, con un maggiore ricorso ai concetti di progettazione multimateriale. In questo contesto, l'integrazione di metalli e materiali compositi mira a sfruttare le caratteristiche peculiari di ciascun materiale per ottimizzare le prestazioni complessive. La flessibilità del design e i recenti sviluppi delle tecniche di manifattura additiva tramite Selective Laser Melting (SLM), combinati con l'elevata resistenza meccanica, leggerezza ed efficienza produttiva dei compositi SMC (Sheet Moulding Compounds) in fibra di carbonio, aprono nuovi orizzonti per massimizzare le proprietà combinate di questi materiali. Tuttavia, la giunzione tra metalli e compositi può rappresentare un punto critico, compromettendo l'affidabilità dei componenti.
Questo lavoro, sviluppato nell'ambito del progetto PRIN2022 denominato 3DSHYMCO, si propone di studiare e implementare una soluzione innovativa per la realizzazione di giunzioni ibride metallo-composito. Come evidenziato da recenti studi [1], la realizzazione di strutture metalliche tridimensionali sull'interfaccia metallica, infiltrate dalle fibre del composito durante il compression molding, permette di incrementare notevolmente la resistenza meccanica dell'interfaccia tra i due materiali.
Saranno presentati i risultati relativi alla progettazione, simulazione numerica e caratterizzazione di strutture tridimensionali aperte, realizzate sulla superficie dell'aderendo metallico mediante tecnologia additiva. In particolare, sono state sviluppate strutture tridimensionali aperte con diverse geometrie. L'effetto della variazione di questi parametri geometrici sulla resistenza meccanica alla forza di compressione, dovuta al composito nella fase iniziale dell'infiltrazione, è stato indagato attraverso studi numerici. L'efficacia delle simulazioni numeriche è stata verificata mediante test meccanici di compressione. I risultati di questo studio pongono le basi per il successivo studio di infiltrazione delle strutture tramite SMC, con l'intento di massimizzare la resistenza delle giunzioni ottenute.
[1] L. Raimondi, L. Tomesani, L. Donati, A. Zucchelli, Lattice material infiltration for hybrid metal-composite joints: Manufacturing and static strength, Composite Structures 269, 2021, 114069
I componenti strutturali in materiale composito, sottoposti a carichi ciclici, presentano una degradazione delle proprietà meccaniche a causa dell’insorgenza e dell’evoluzione di vari meccanismi di danno, come cricche off-axis, delaminazioni e rottura di fibre. Recenti progressi nelle nanotecnologie hanno portato all'adozione di una soluzione innovativa per il monitoraggio strutturale dei laminati in fibra di vetro, che prevede l’integrazione di nanotubi di carbonio nella matrice polimerica. Questo processo favorisce la formazione di un network conduttivo che, in presenza di danno, viene interrotto, determinando un aumento irreversibile della resistenza elettrica. Grazie a modelli analitici, è possibile prevedere con precisione l’evoluzione del danno e la conseguente perdita di rigidezza, in funzione di tale incremento. Nel presente lavoro sono stati condotti test a fatica su laminati cross-ply e quasi-isotropi in fibra di vetro e matrice nanomodificata, al fine di valutarne la sensibilità elettrica alla presenza di danno e di validare le previsioni dei modelli analitici precedentemente menzionati. I risultati ottenuti evidenziano l’elevata accuratezza del metodo proposto, confermandone l'affidabilità nel monitoraggio dell'integrità strutturale dei materiali compositi.
This study examines the recovery of mechanical properties (flexural and compressive) of the novel intrinsically healing fibre-reinforced polymer composites. These self-healing composites are prepared from a blend of thermoset resins with self-healing properties and high-strength carbon fibres. The composites are subjected to different levels of unstable damage to their polymer matrix. Then they are healed by using heat as an external stimulus. The healability of these self-healing composites are evaluated by testing them in different states: virgin state, damaged state, and healed state. In this context, the evaluation is also carried out using the Acousto-Ultrasonic test, a non-destructive evaluation technique. For this test, artificial Lamb waves are propagated through the composites in different states and the frequency and time-frequency characteristics of the propagated Lamb waves are analysed. Statistical distance metrics such as Bhattacharyya coefficient and Kullback-Leiber divergence and other time-frequency dependent parameters are used to analyse the propagated Lamb waves. In summary, the recovery of the mechanical properties and the structural properties of the self-healing composites are analysed by standard mechanical and Acousto-Ultrasonic test.
L'analisi a fatica di componenti soggetti a carichi multiassiali è un aspetto di grande rilevanza nella progettazione e nella valutazione della durabilità dei componenti strutturali in diversi settori dell'ingegneria, come quelli automobilistico, aerospaziale e ferroviario. Tra i metodi utilizzati per la stima della vita a fatica, gli approcci basati sul piano critico (Critical Plane -CP), e in particolare il criterio di Fatemi-Socie, si sono dimostrati altamente efficaci nell'identificare i punti critici e le giaciture della propagazione iniziale delle cricche per un'ampia gamma di materiali strutturali [1]. Sebbene questo criterio sia stato ampiamente validato nel dominio del tempo sia per carichi proporzionali che non proporzionali, la sua applicazione a carichi random multiassiali, soprattutto nel dominio della frequenza, è ancora limitata. Questo studio propone una formulazione innovativa del metodo di piano critico di Fatemi-Socie, adattata al dominio della frequenza. Questo approccio offre una soluzione computazionalmente efficiente per l'analisi della fatica in presenza di complessi carichi random. Il metodo nel dominio della frequenza riformula i parametri necessari per il calcolo del fattore di Fatemi-Socie, utilizzando le Power Spectral Density (PSD) dei carichi di natura stocastica che si possono dover affrontare in casistiche reali. Viene introdotto un nuovo algoritmo per l'identificazione dei piani critici, sfruttando la matrice di covarianza per garantire un rapido screening preliminare e, successivamente, un'analisi dettagliata su un numero ridotto di piani candidati. Un'analisi comparativa tra i risultati ottenuti nei domini del tempo e della frequenza evidenzia l'accuratezza e l'affidabilità dell'approccio proposto. I risultati confermano che le previsioni di vita a fatica nei due domini sono strettamente allineate, rafforzando la robustezza del criterio di Fatemi-Socie adattato al dominio della frequenza.
La manifattura additiva (AM) consente la realizzazione di componenti meccanici con geometrie complesse, offrendo vantaggi significativi, soprattutto nelle applicazioni che necessitano di alleggerimento. Tuttavia, le condizioni superficiali e la presenza di difetti interni risultanti dal processo possono compromettere la resistenza a fatica. Questo studio si concentra sulla stima del limite a fatica di provini Ti6Al4V con superfici in stato “as-built” prodotti tramite Laser-Powder Bed Fusion (L-PBF), analizzando il ruolo della rugosità superficiale e dei difetti nella determinazione della Equivalent Initial Flaw Size (EIFS). Per caratterizzare la superficie, sono state impiegate profilometria ottica (OP) e micro-tomografia computerizzata (µCT). Entrambe le tecniche consentono di analizzare la rugosità superficiale, con la profilometria ottica che offre una risoluzione maggiore rispetto alla µCT. Quest’ultima, tuttavia, presenta il vantaggio aggiuntivo di poter rilevare anche difetti interni. Per entrambe le tecniche l’EIFS superficiale è stato stimato applicando la statistica dei valori estremi partendo dall’ipotesi che l’innesco della cricca avvenga nei punti più profondi della superficie del provino, caratterizzati dai parametri di rugosità Rv o Sv. Mentre il difetto critico interno/subsuperficiale è stato caratterizzato tramite il parametro di estratto dall’analisi con µCT. Il confronto tra i valori di EIFS ottenuti con profilometria ottica e µCT ha consentito di valutare l’affidabilità delle due tecniche nella caratterizzazione della superficie e nella previsione del limite a fatica. Inoltre, l’analisi dei dati µCT ha permesso di investigare il ruolo combinato dei difetti superficiali e interni nell’innesco della cricca nei provini sottoposti a prova sperimentale di fatica.
La testa di biella di un motore navale è caratterizzata da variazioni geometriche che generano effetti d’intaglio di diversa severità, inoltre, può essere indebolita dalla presenza di difetti interni al materiale dovuti al processo produttivo. Tale componente è soggetto tipicamente a stati di tensione locali multiassiali dovuti alle condizioni di esercizio. Nel presente lavoro è stato studiato l’effetto di intagli e difetti sul comportamento a fatica multiassiale dell’acciaio 42CrMo4 mediante test sperimentali eseguiti su provini estratti dalla testa di biella di un motore navale, al fine di tenere conto del processo produttivo. Sono stati testati a fatica provini aventi geometria liscia, con intaglio severo a V e blando a U, nonché con intaglio blando a U e un difetto artificiale all’apice dell’intaglio. Le prove a fatica sono state eseguite applicando un carico: (i) assiale puro; (ii) flessionale, torsionale e di flesso-torsione combinati sia in fase che fuori fase. Tutti i test sono stati eseguiti adottando un rapporto nominale di ciclo R = -1. Le fasi di innesco e propagazione della cricca a fatica sono state monitorate mediante il metodo Direct Current Potential Drop (DCPD); inoltre, i percorsi di propagazione delle cricche sono stati esaminati visivamente per identificare i piani di innesco e le direzioni di propagazione.
Infine, i risultati sperimentali sono stati confrontati con le stime teoriche basate sul diagramma Atzori-Lazzarin-Meneghetti (ALM), recentemente esteso per valutare il limite di fatica multiassiale in componenti metallici indeboliti da difetti, cricche e intagli di diverso grado di severità. Il modello di fatica proposto si basa sul criterio della densità di energia di deformazione (SED) mediata in un volume di controllo, come proposto da Lazzarin e collaboratori, e richiede come parametri di input i limiti di fatica relativi a provini lisci e con intagli a V acuti soggetti a tensioni di puro modo I (assiale) e modo III (taglio antiplanare).
Questo studio fornisce un’ampia panoramica sulla resistenza a fatica di giunzioni ibride acciaio-alluminio realizzate con rivetti autoperforanti (SPR) e adesivo. L’impiego di tali giunzioni permette di unire materiali che non possono essere uniti con i processi tradizionali di saldatura, offrendo la possibilità di sviluppare strutture ottimizzate dal punto di vista del peso (lightweigth-design) e della resistenza. È stata condotta una vasta campagna sperimentale, utilizzando diverse geometrie di giunto e diversi spessori delle lamiere di acciaio e di alluminio. I risultati sperimentali mostrano che l’adesivo può incrementare sensibilmente la durata a fatica in specifiche configurazioni e regimi di carico. In particolare, l’adesivo fornisce il suo massimo contributo nella configurazione geometrica LAP-joint con carichi moderati. All’aumentare del carico, lo strato adesivo tende tuttavia a cedere prematuramente, rendendo di fatti il comportamento del giunto analogo a quello di una giunzione puramente meccanica, priva dell’adesivo strutturale. Nelle configurazioni di tipo PEEL, invece, il contributo dell’adesivo sulla durata a fatica appare marginale. Nel lavoro viene inoltre presentata una modellazione preliminare agli elementi finiti della giunzione, che consente di comprendere più a fondo i meccanismi di trasferimento del carico e la progressione del danno. I dati sperimentali uniti alla modellazione numerica forniscono una base per l’ottimizzazione delle giunzioni ibride nelle applicazioni industriali.
Garantire l’integrità strutturale di componenti intagliati e saldati sottoposti a carichi complessi rappresenta una sfida cruciale nell’analisi a fatica. I metodi tradizionali basati sul piano critico, pur efficaci nel prevedere l’innesco di cricche, possono risultare computazionalmente onerosi in presenza di geometrie complesse o di molteplici punti critici. In questo lavoro si propone l’applicazione di un approccio integrato, l’Effective Critical Plane (ECP), che ottimizza la stima della vita a fatica calcolando una media del campo di tensione-deformazione all’interno di un piccolo volume dipendente dal materiale in corrispondenza del punto critico. Il fattore ECP risultante preserva l’orientamento originale del piano critico, garantendo previsioni affidabili sull’innesco di cricca, e riduce notevolmente la necessità di una scansione esaustiva piano per piano. Tale strategia si rivela particolarmente vantaggiosa per i giunti saldati, caratterizzati da elevate concentrazioni di tensioni e storie di carico multiassiali. Nel contributo si presenta uno studio preliminare sull’applicabilità dell’approccio ECP ai giunti saldati, sfruttando in modo sinergico analisi agli elementi finiti, prove sperimentali e modellazioni analitiche.
Rotating machinery is essential in industrial applications, where early fault detection is critical to prevent catastrophic failures. Shafts are mainly vulnerable to imbalances and cracks, these last ones pose a sever risk as they can lead to sudden failure if not identified during their early stages. Cracks induce progressive stiffness reduction, altering the system’s mechanical properties and affecting the forces transmitted to the supports.
This study analyses the effects of both cracks and imbalances on a rotating shaft using experimental data. Vibration signals from accelerometers mounted on the supports are processed to identify changes in the shaft’s response. The methodology focuses on distinguishing crack-induced alterations from those caused by imbalance by making variation in key signal features. Detection algorithms, including statistical methods and AI-based approaches, are evaluated for their effectiveness in identifying cracks before a critical failure occurs.
The results highlight the distinct impact of cracks on the shaft’s dynamic behaviour and demonstrate effective strategies for early detection. While different algorithms exhibit varying performance levels, all successfully detect the presence of dangerous damage. This study introduces novel approaches to crack detection, enhancing both safety and economic sustainability of rotating machinery.
Additive manufacturing has represented an important turning point in design and production of mechanical components, enabling the rapid creation of prototypes and finished products with varying degrees of complexity. Lattice structures are intricate, repeating patterns of interconnected struts or nodes, often used in engineering and manufacturing to achieve lightweight yet strong designs. Their mechanical properties are strongly affected by their geometrical features and infill density, which impacts on the component’s mass. In the present work, Smart Design algorithms are implemented to investigate the influence of geometrical parameters on a lattice-sandwich structure. Parameters such as skin thickness, number of layers and their orientation with respect to the first layer etc. were sampled with Latin Hypercubic Sampling Method (LHS) to apply machine-learning algorithms for data analysis. Each parameter effect was correlated to the objective function, which takes into account mechanical features and energy parameters. Furthermore, an LCA study was conducted to evaluate the environmental impact of each configuration, in order to find the best solution in terms of sustainable design.
Il Peak Stress Method (PSM) consiste in un approccio locale che, a partire dalle tensioni di picco lineari elastiche calcolate al piede e alla radice del cordone di saldatura mediante modelli a elementi finiti solidi 2D e 3D caratterizzati da mesh relativamente grossolane, consente di definire una grandezza di progetto nota come tensione equivalente di picco per stimare rapidamente la vita a fatica di strutture saldate in acciaio e lega di alluminio soggette a carichi multiassiali ad ampiezza costante e variabile con l’ausilio di opportune curve di progettazione convalidate da oltre 2000 dati sperimentali. Inoltre, al fine di agevolare l’adozione del PSM in ambito industriale, è stato recentemente sviluppato un applicativo noto come “PSM App” in grado di automatizzare l’intera procedura di calcolo prevista dal PSM all’interno del software a elementi finiti Ansys® Mechanical.
È ben noto che l’adozione di modelli a superfici shell consente di ridurre notevolmente l’onere computazionale delle analisi a elementi finiti, specialmente nel caso di strutture complesse e di grandi dimensioni. Per questo motivo, in questo lavoro viene presentata una procedura di calcolo che consente di estendere l’applicabilità del PSM a partire da modelli a elementi finiti shell facendo uso di opportune tecniche di sotto-modellazione. Per dimostrare l’efficacia del metodo di calcolo proposto, viene presentato il caso studio industriale di un giunto saldato complesso in acciaio comunemente impiegato nell’ambito delle strutture per parchi a tema e soggetto a una combinazione di carichi tempo-varianti. Il tempo di calcolo richiesto per risolvere l’analisi lineare elastica e applicare il PSM a partire da un modello a elementi shell a 8 nodi è stato confrontato con il tempo di calcolo richiesto da un analogo modello a elementi finiti tetraedrici a 10 nodi. Le fasi della nuova procedura di calcolo proposta sono state automatizzate mediante algoritmi dedicati, che sono stati integrati nell’applicativo “PSM App”.
Radial Basis Functions (RBFs), since their inception in the 1960s, have emerged as a key tool for digital engineering applications. As interpolators in multi-dimensional spaces, RBFs play a crucial role both in generic data science problems and in 3D space manipulation. Their ability to represent large 3D datasets in a mesh-free manner has established them as the standard approach for data mapping and mesh deformation. A fast implementation of RBFs is essential to fully exploit this mathematical approach in digital engineering applications. This paper provides an overview of fast RBF methods in digital engineering and presents a practical application in the field of Computer-Aided Engineering (CAE), highlighting the role of RBFs in the development of a digital twin capable of real-time interaction with a 3D structural component.
L'addestramento di algoritmi per la diagnosi intelligente dei guasti richiede una elevata quantità di dati che può risultare complicato reperire soprattutto in sistemi complessi quali i cuscinetti volventi di sistemi industriali rotanti quando soggetti a difettosità localizzate nelle piste di rotolamento. La creazione di grandi dataset da sistemi reali è spesso laborioso e costoso, in quanto richiede la sensorizzazione in loco del cuscinetto. In alternativa, è possibile sviluppare modelli matematici per simulare le condizioni di funzionamento e generare segnali che riproducano fedelmente le caratteristiche dell'equivalente fisico. In letteratura sono stati proposti vari modelli che generalmente presentano dinamiche fortemente semplificate oppure costi computazionali molto elevati, a causa del calcolo delle forze di contatto.
Obiettivo del lavoro è la creazione di un modello digitale multibody di un cuscinetto orientabile a doppia corona di rulli, che possa essere utilizzato per la generazione di dataset virtuali per l'addestramento di algoritmi per la diagnosi intelligente.
Il modello sviluppato utilizza la libreria Simscape per la simulazione multibody di un cuscinetto SKF 22240 CCK/W33. Il modello è in grado di rappresentare sia condizioni di funzionamento normali che di danneggiamento, modificando le geometrie di contatto. Le piste sono descritte da nuvole di punti e gli elementi volventi da superfici. Il point cloud di ogni singola pista è formato da tre circonferenze che vanno a formare tre rotaie su cui l'elemento volvente può, ma non è vincolato a, rotolare. Le forze di contatto sono generate dalle penetrazioni tra le due geometrie tramite un modello a penalità che azzera il valore di forza quando non è presente penetrazione. Il danno viene descritto modificando la posizione radiale di un numero di punti necessari in funzione della sua dimensione.
Vengono simulati e presentati diversi casi di danneggiamento localizzato, considerando configurazioni di difetti su entrambi gli anelli del cuscinetti. I risultati del modello sono quindi validati tramite indagini sperimentali effettuate su un banco prova per cuscinetti industriali installato presso il Laboratorio di Meccanica del Politecnico di Torino, equipaggiato con quattro cuscinetti SKF 22240 CCK/W33 strumentati a diversi livelli di carico e di entità del difetto.
Lo studio presenta un modello multibody di cuscinetti orientabili a rulli che può includere difetti localizzati presenti in ciascuna delle piste. I dati di accelerazione sperimentali rilevati sul banco prova validano i risultati estratti dal modello e confermano la capacità del modello di simulare le frequenze caratteristiche dovute ai difetti localizzati nella risposta dinamica del sistema.
The numerical modelling of structures subjected to blast loads presents significant challenges, primarily due to fluid-structure interaction (FSI) effects. When a blast wave impacts a structure, it induces a sudden pressure increase followed by a gradual decay. The structural response, in turn, modifies the applied blast load, creating a mutual interaction that increases the computational cost of numerical simulations, which must account for coupled fluid-structure effects. To simplify this complexity, uncoupled approaches are often used in air-blast analysis, where the structural response is assumed not to influence the blast load. However, in scenarios where FSI effects are pronounced, these uncoupled models can lead to significant inaccuracies, particularly in overestimating the structural response.
This work introduces a practical method for estimating the error associated with using an uncoupled approach instead of a coupled one. Specifically, the study focuses on blast-loaded plates with clamped boundaries, a structural configuration where FSI effects are very relevant. The proposed method provides a dimensionless number that quantifies the difference in deflection predicted by the two modelling approaches.
The key advantage of this approach is that the dimensionless number can be obtained from a single uncoupled simulation, making it a computationally inexpensive tool for engineers to assess whether a more advanced and costly coupled analysis is necessary. The dimensionless parameter is derived analytically by modelling the plate’s centre as a free-standing plate. The formulation remains valid for plates experiencing large inelastic deformations, up until the plastic hinge at the boundary propagates toward the centre. The validity of the proposed method was tested against experimental case studies, where both coupled and uncoupled simulations were performed to determine the actual deflection difference. The results confirm that the proposed dimensionless number effectively captures FSI trends and provides a reliable estimate of its impact on structural response. In summary, this work presents a computationally efficient approach for estimating the influence of FSI effects in blast-loaded structures. The derived metric enables mechanical engineers and analysts to make informed decisions about the necessity of coupled simulations, offering a practical and accessible tool for early-stage structural assessment.
Keywords: fluid-structure interaction, blast loading, blast-loaded plates, numerical simulations.
This study presents a novel computational framework designed to generate and analyse advanced lattice structures for impact protection. The framework offers a dual approach by enabling the creation of both deterministic lattices, through periodic unit cell replication, and stochastic lattices using a Voronoi–Delaunay based procedure. It further integrates a hybrid 1D-3D modelling technique that combines beam element efficiency with localized solid element resolution, allowing for a detailed capture of stress distributions under dynamic loading. Finite element simulations conducted at compression velocities of 3.5 m/s and 35 m/s reveal that the framework reliably reproduces stress–strain behaviours, with the hybrid model effectively identifying local stress concentrations that traditional beam-based methods might overlook. Validation against established experimental benchmarks confirms the accuracy of the approach, which not only advances the understanding of lattice topology in impact scenarios but also lays a robust foundation for the scalable design and optimization of lightweight protective structures.
Dynamic experiments within the strain rate range of approximately104 s-1 are mostly performed using the Taylor test, where material specimens, launched by a gas gun, impact a rigid surface and provide information about the mechanical response of the tested material through their initial speed and deformed shape after impact. Fast video recordings and force measurements might make it possible to derive more information about the entire flow curve from a single test. In this study, the impact chamber of a gas gun is equipped with fast-response piezoelectric load cells to attempt to measure the impact force of the specimen on the rigid plate of the Taylor test, accounting for the dynamic response of the whole impactor-plate-load cells system. Fast imaging is also used to provide measurements of the specimen flight speed before impact and of the specimen deformation during impact.
Sheet metals are used in many industrial applications because of their formability and lightness, whereas advanced structural applications would also benefit from the maximization of two opposite features such as high resistance and high ductility (energy absorption). Due to the technological processes involved in the manufacturing of these materials, they often exhibit an anisotropic behavior, posing further issues for their mechanical characterization with respect to isotropic metals. The derivation of the effective true stress-true strain curve requires the experimental derivation of the evolving cross section which, during a tension test, is subjected to a mix of three shrinking modes superimposed to each other, respectively consisting of homothetical shrinking (“isotropic” change of size at constant shape), anisotropy-induced unsymmetrical shrinking (change of size at different rates along different directions), and localization-induced distortion (change of shape due to localizing strain). While the two former contributions are common to both round and flat specimens, the latter one is mostly enhanced in flat specimens with low values of the thickness-width ratio. This work presents a simple experimental methodology for determining the three contributions above, by using a single-camera video acquisition and a single frame of the failed cross section surfaces. The appropriate derivation of the evolving cross section delivers a steady accurate quantification of the anisotropy Lankford coefficient and a reliable effective true curve, both correctly applying also beyond necking onset and up to failure on a section-averaged basis.
In questa ricerca, il sughero agglomerato è considerato per scopi di assorbimento di energia. Infatti, la curva sforzo-deformazione del sughero descrive il comportamento meccanico caratteristico dei materiali cellulari: può sopportare grandi deformazioni sotto carico di compressione con una transizione graduale dalla fase elastica alla regione di plateau, e successivamente dalla regione di plateau alla fase di densificazione. Per caratterizzare il comportamento visco-iperelastico, sono stati condotti dei test di compressione a diverse velocità di deformazione su campioni di sughero. I test a bassa e intermedia velocità di deformazione sono stati eseguiti mediante macchine di prova elettromeccaniche e pneumatiche standard, mentre i test ad alte velocità di deformazione sono stati eseguiti utilizzando una Split Hopkinson pressure bar. I test di compressione sono stati estesi includendo anche la fase di scarico, in cui il carico viene progressivamente rimosso; in questo modo, è stato possibile descrivere l'evoluzione del danno all'interno del materiale secondo la teoria dell'effetto Mullins, che è stata adottata qui dalla letteratura dei materiali gommosi. Si è implicitamente assunto che lo stesso comportamento si verifica in condizioni dinamiche. La capacità di assorbimento di energia di un assorbitore d'urto in sughero può essere valutata attraverso dei test di perforazione che sono tipicamente condotti utilizzando torri di caduta. Questi test sono stati riprodotti numericamente nel software Abaqus/Explicit, in cui le principali caratteristiche del comportamento del materiale sono state incluse attraverso lo sviluppo di subroutine definite dall'utente. Come parametri prestazionali, sono stati analizzati il picco di decelerazione del punzone, la velocità di rimbalzo, insieme alla deformazione residua e al danneggiamento dell'assorbitore in sughero.
Modern industrial applications require cast iron to operate ever closer to their mechanical limits thus cast irons with enhanced mechanical properties are required. Solid solution-strengthened ferritic ductile iron (SSFDI) proposes as a solution to this need, exhibiting superior thermomechanical properties compared to conventional ductile cast iron such as strength, hardness and toughness. Therefore, industries are strongly interested in exploring the SSFDI thermomechanical properties and defining numerical models capable of predicting their mechanical response, from plasticity to damage. Against this backdrop, the study investigated the elastoplastic response of SSFDI under quasi-static and dynamic loading conditions, evaluating the yield locus with tensile, compression, shear and torsion tests. The experimental test setup allows for local measures of the strain and temperature during the mechanical tests, simultaneously recording the sample with video and thermal cameras. The SSFDI exhibits a yield surface and hardening response dependent on the stress states coupled with compressible plasticity behaviour. Therefore, a compressible elastoplastic model was calibrated with an inverse finite element method aiming to predict the yield locus evolution in the function of strain rate and temperature
Polymer foams are widely used in cushioning applications, such as helmet liners, due to their high energy absorption capabilities during plastic deformation. At the cellular level, deformation occurs through mechanisms such as bending, stretching, buckling, and tearing of cell walls, with wall thickness closely linked to foam density. By tailoring density variations, Functionally Graded Foam Materials (FGFM) can be designed to enhance impact energy dissipation.
This study focuses on the design and numerical evaluation of a FGFM energy absorber featuring a 2D density gradient. A visco-elasto-plastic material model for PVC foam was calibrated based on experimental tests conducted at different densities (130, 200, and 250 kg/m³) and strain rates (10⁻³, 10⁻¹, 10¹, and 10³ s⁻¹). The material response was characterized using the Ogden hyperelastic model, Prony series for viscoelasticity, and the Mullins effect to account damage accumulation. The model was implemented in Abaqus/Explicit via a VUMAT subroutine, allowing for accurate simulation of foam behavior under dynamic loading.
The primary objective was to evaluate the benefits of density grading in energy absorption and identify optimal density distributions to minimize punch acceleration in a puncture test. Impact simulations demonstrated the potential of FGFM to improve energy dissipation efficiency, offering insights into the optimization of foam structures for protective applications.
La crescente domanda di componenti ad alte prestazioni, leggeri e durevoli, in settori quali l’aerospazio, l'industria automobilistica e quella energetica, ha favorito lo sviluppo e la sperimentazione di compositi termoindurenti e termoplastici. All'interno di questo contesto è stato analizzato il comportamento meccanico statico e a fatica di un materiale termoindurente e di due compositi termoplastici nell'intervallo di temperatura (-30° +120°C), per riprodurre condizioni operative di un componente. I risultati delle prove di fatica e statiche hanno evidenziato il significativo impatto della temperatura sulle proprietà strutturali, fornendo indicazioni utili per la loro applicazione in ambienti particolarmente esposti a variazioni di temperatura. Al fine di prevedere il comportamento a fatica è stato adottato un metodo di modellazione numerica, considerando diversi modelli di danno da fatica per includere l'effetto della temperatura. Metodi tradizionali e innovativi sono stati confrontati, evidenziando così la loro capacità di riprodurre i risultati sperimentali in presenza di carichi meccanici e termici combinati. L'approccio integrato sperimentale-numerico fornisce una comprensione completa della risposta meccanica dei materiali termoindurenti e termoplastici, contribuendo all'ottimizzazione dei processi di scelta e progettazione dei materiali per applicazioni in range di temperature variabili. Questa ricerca è stata parzialmente finanziata dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) nell'ambito del progetto “New Generation of Modular Intelligent Oleo-dynamic Pumps with Axial Flux Electric Motors," presentato nell'ambito del bando “Accordi per l'Innovazione” (DM 31/12/2021, DD 10/10/2022, settore automotive).
The accurate estimation of ship motions, acting forces, and stress states is crucial for the structural integrity and operational efficiency of container ships navigating in ocean waves. This study presents a numerical investigation of the hydrodynamic response of a container ship subjected to varying wave conditions, including different wave frequencies, directions, and ship cruising speeds.
Hydrodynamic analyses are conducted using a numerical approach to model the complex interactions between the ship and the surrounding fluid environment. The study focuses on evaluating key parameters such as heave, pitch, and roll motions, as well as the resulting loads and stress distributions on the ship's hull. The resulting hydrodynamic loads are then used as input for finite element method (FEM) analyses to assess the structural reliability of the vessel. Particular attention is given to identifying the most stressed areas of the hull under different operating conditions. The computed stress distributions have been compared with the design criteria established by classification societies.
The findings contribute to a better understanding of the effects of wave characteristics and ship speed on structural loads, which can support the design and optimization of more resilient container ships. Furthermore, the study highlights the importance of advanced numerical simulations in predicting and mitigating the risks associated with extreme sea conditions.
This work explores the evolution of fracture simulation methods, starting from the classical J-integral approach and advancing toward modern techniques based on phase-field formulation and deep neural networks. The traditional model relies on explicitly meshing the crack, providing a solid theoretical foundation but often suffering from high computational costs and limitations in handling complex geometries. In contrast, the phase-field method treats cracks as diffused interfaces, eliminating the need for explicit meshing and enabling a more robust simulation of crack nucleation and propagation.
Recent advances in artificial intelligence have further revolutionized fracture mechanics modelling. Deep learning techniques, particularly those employing the Deep Energy Method, integrate the governing differential equations directly into the neural network training process. By defining the loss function in terms of the total system energy, these Physics-Informed Neural Networks (PINNs) efficiently approximate solutions to complex fracture problems while striking a balance between accuracy and computational efficiency.
Two simple case studies are considered to test the performance of the methods. Considering the traditional J-integral as a benchmark, phase field and Neural Network methods are compared. The results obtained with the phase field method align well with the traditional method, showing a significant advantage in the mesh creation. The neural network approach requires initial tuning of the model parameters. In this stage, the number of hidden layers, the number of neurons per layer, the activation function, and the type and number of optimizers must be found to optimize the solution, which must be compared to a reference obtained experimentally or numerically with a traditional model. After that, the model can be run in a few minutes in other loading conditions, leveraging GPU parallel computing. Small changes in the geometry do not require a re-parametrization, but the accuracy of the results is affected. On the other hand, if the geometry and loading condition change significantly, a new parameter set must be found.
Fatigue under multiaxial loads has been studied in a very large number of research publications; the present work is focused on biaxial fatigue behavior of constant amplitude loading on 30NiCrV12 steel circular specimens, a class of high-strength steel widely with good performance in terms of strength, toughness and ductility, used in power train shafts, train applications and military vehicles. Two sharp and rounded notch geometries with respect to smooth conditions are investigated.
Proportional axial and torsional loads are mainly considered for fatigue limit determination and behavior of crack growth evolution. A proposed model for Biaxial Fatigue Analysis is implemented and compared to other methods in case of full elastic deformations, but the transition from the elastic strain conditions to a certain amount of plastic strain occurrence in the loading cycle is possibly considered for the fatigue life curve shape, since the material capabilities are often extend to maximized load levels for particular applications. The effects of the stress state and strain distribution will be analyzed and numerically simulated. more repetitions of the fatigue tests will give more accurate values for the amount of work introduced to the material as function of different biaxiality conditions and several reliable methods are already established, such as critical plane methods, well known Chaboche model and the theory of critical distances, in order to predict the fatigue life and cracking orientation of rupture; it is also well known that good results at low life cycles are obtained with better results with one method, but at high life cycle different approaches are better. In this work, the prediction under imposed stress will be investigated by the fixation of a stress and the modification of another, in a range of predetermined stress intervals; more experiments will possibly be done by inducing non-zero mean stress, to evaluate the effect on fatigue curve and the reliability of data elaboration methods, taking into account the notch severity. Finally, the effect of the loading sequence may be developed in the future for the same specimens, based on the actual results.
I giunti bimateriale sono strutture composte da due materiali differenti collegati attraverso specifici processi tecnologici, al fine di combinare le proprietà di entrambi i materiali e migliorare le prestazioni meccaniche del sistema. Una delle tecniche più avanzate per la realizzazione di tali giunti è la saldatura ad esplosione, che permette di ottenere una connessione metallurgica tra materiali con caratteristiche molto diverse, come l’alluminio e l’acciaio.
L'obiettivo di questo studio è analizzare il comportamento a fatica e frattura di giunti bimateriale costituiti da alluminio e acciaio, realizzati mediante saldatura ad esplosione. Per la caratterizzazione meccanica del comportamento a fatica sono state condotte prove sperimentali in configurazione pull-pull con un rapporto di carico R=0.1. Durante i test di fatica, sono state inoltre effettuate indagini termografiche al fine di monitorare l’evoluzione della temperatura generata in prossimità della giunzione, per la validazione dei modelli predittivi basati sulla termografia nel caso di materiali dissimili.
Le proprietà a frattura del giunto sono state investigate mediante l'uso della correlazione digitale delle immagini (DIC). In particolare, è stata implementata una procedura specifica per determinare il fattore di intensificazione degli sforzi effettivo del materiale a partire dagli spostamenti all’apice del difetto misurati con la DIC. Questo approccio si è reso necessario per affrontare la complessità intrinseca dei giunti bimateriale, caratterizzati da un’interfaccia non convenzionale.
I risultati ottenuti hanno permesso di determinare la resistenza a fatica del giunto e di caratterizzarne le proprietà a frattura, fornendo informazioni fondamentali per l’ottimizzazione e l’impiego di questi giunti in applicazioni strutturali avanzate.
In un lavoro precedente, giunti saldati in acciaio utilizzati in veicoli fuoristrada, costituiti da un tubo inserito in una piastra mediante quattro cordoni di saldatura a tratti, sono stati sottoposti a prove di fatica uniassiale. Sono state considerate due diverse configurazioni di giunto saldato: una con le saldature allineate (giunti longitudinali) e l'altra con le saldature perpendicolari (giunti trasversali) rispetto alla direzione del carico. Il Peak Stress Method (PSM) è stato applicato per stimare (i) il punto di innesco delle cricche di fatica e (ii) la vita a fatica dei giunti.
Il PSM ha identificato correttamente i punti di innesco delle cricche, in accordo con le osservazioni sperimentali. Tuttavia, per i giunti trasversali, la vita a fatica sperimentale è risultata significativamente più lunga rispetto a quella prevista dal PSM; ciò è stato attribuito ad una fase eccezionalmente lunga di propagazione della cricca di fatica, che è intrinsecamente esclusa dall'approccio locale PSM. D'altra parte, il PSM ha fornito una stima accurata della vita a fatica per i giunti longitudinali, in cui la fase di propagazione della cricca era considerevolmente più breve.
Per analizzare più in dettaglio questo comportamento, nel presente lavoro sono state eseguite simulazioni di propagazione della cricca di fatica utilizzando Abaqus® come risolutore FEM e FRANC3D® come pre- e post-processore. La propagazione della cricca a fatica è stata simulata per entrambe le geometrie di giunto, partendo da una pre-cricca semicircolare con profondità iniziale ai = 0.1 mm, posizionata nel punto sperimentale di innesco della cricca, fino al cedimento finale. Il confronto dell’andamento della “crack driving force” KI in funzione della lunghezza della cricca a ha permesso di giustificare il diverso comportamento di propagazione delle cricche a fatica nei giunti longitudinali e trasversali.
Il Cold Spray è una tecnica di deposizione allo stato solido che accelera particelle metalliche a velocità supersoniche tramite un ugello convergente-divergente. L’adesione delle particelle al substrato avviene grazie all’elevata energia cinetica acquisita superando la velocità critica del materiale impiegato. La scelta ottimale dei parametri di processo — fondamentali per garantire velocità e temperature adeguate delle particelle — riveste un ruolo cruciale nell’efficienza della deposizione. In questo studio, è stato sviluppato un modello di fluidodinamica computazionale (CFD) per simulare il processo di Cold Spray. Tale modello è stato validato sperimentalmente tramite una telecamera ad alta velocità per il tracciamento delle particelle in volo. Le simulazioni sono state eseguite su un ampio intervallo di parametri di processo, adottando la tecnica di campionamento Latin Hypercube per garantire una copertura omogenea dello spazio delle variabili. I dati generati sono stati impiegati per l’addestramento di modelli di intelligenza artificiali quali Support Vector Machines (SVM) e Residual Networks (ResNet), con l’obiettivo di prevedere in maniera diretta le proprietà termo-cinetiche delle polveri metalliche. Per rafforzare l’interpretabilità dei modelli predittivi, sono stati utilizzate metodologie di Intelligenza Artificiale Spiegabile (XAI) per identificare i parametri che influenzano maggiormente temperatura e velocità delle particelle. L’approccio combinato CFD-AI ha dimostrato un’elevata accuratezza ed efficienza nella previsione delle condizioni termo-cinetiche delle polveri, mantenendo al contempo una chiara interpretazione fisica dei fenomeni coinvolti. Questo metodo integrato apre la strada a strategie di ottimizzazione avanzate per il controllo del processo di Cold Spray.
Lithium-ion battery packs in agricultural work machinery currently lack dedicated regulatory standards, in contrast to battery electric passenger cars, where regulations define specific structural and functional safety requirements. This study aims to evaluate, through a finite element method (FEM) structural model, whether the battery pack—developed by our research group in collaboration with industrial partners and installed on a prototype working electric work vehicle—can satisfy the homologation requirements imposed on battery electric passenger cars by the respective regulation. Recognizing that agricultural working vehicles are subjected to operating conditions that differ significantly from those of passenger cars, the investigation further examines the structural behavior under a critical rollover scenario. Forces acting on the vehicle structure during this loading condition are derived from a multibody dynamic model, and the corresponding deformations on the battery pack are quantitatively assessed with FEM. The results of this study are expected to provide valuable insights toward the development of tailored regulatory frameworks for the certification of electric work vehicles in the agricultural sector.
Enhancing the long-term reliability and durability of solid oxide fuel cells (SOFCs) is crucial for meeting the high-performance standards required in modern applications. Achieving this goal necessitates high-resolution modelling that accurately captures the critical phenomena affecting cell operation. The long-term performance of SOFCs can be significantly impacted by degradation processes arising from intense stress fields induced by high operating temperatures, oxide growth on interconnect structures and creep deformation. This study introduces a finite element thermo-mechanical model of a planar SOFC, analyzing both co-flow and cross-flow configurations. The influence of operating temperature distribution on mechanical stresses and the structural integrity of solid interconnects is examined, and a predictive model for the evaluation of oxide growth is proposed. This research contributes to advancing SOFC design and operational stability, thereby enhancing their long-term viability in energy applications.
Structured fabrics, such as traditional knitted sheets or chain mail armors, typically exhibit low bending stiffness under ambient pressure. However, recent studies have shown that applying even a small confinement pressure (approximately 93 kPa) can increase their stiffness by more than 25 times compared to their relaxed state. This remarkable property paves the way for the development of lightweight, tunable, and adaptive fabrics with potential applications in wearable exoskeletons, haptic interfaces, and semi-active vibration control devices.
This study introduces a preliminary analytical model, integrated with a sphere-packing model based on Hertzian contact theory, to elucidate and predict the effects of confinement pressure on the homogenized Young’s modulus and the resulting vibration response of these structures. The model is validated through experimental data, demonstrating a strong correlation between theoretical predictions and measured results across various confinement pressures. The findings highlight the potential of vacuum-pressurized structured fabrics as a versatile solution for adaptive vibration control in advanced engineering applications.
Lo scopo del lavoro è quello di presentare un nuovo modello di interazione creep-fatica ed il relativo modello costitutivo basato sulla meccanica del danno per un acciaio martensitico resistente alle elevate temperature. Nell’ambito delle turbomacchine l’interazione creep-fatica è una tipica modalità di cedimento sia per i componenti rotanti che per quelli statorici e attualmente gli standard di progettazione affrontano il problema in modo cautelativo imponendo elevati margini di sicurezza, con conseguente aumento del costo degli elementi progettati. Il modello di plasticità qui utilizzato è quello di incrudimento isotropo e cinematico non lineare di Chaboche-Voce. Mentre per la modellazione del creep si utilizza un modello di secondario e un modello di danno basati sulla funzione seno-iperbolico, per il danno da fatica oligociclica è stata messa a punto un' innovativa relazione basata sui dati sperimentali. La scelta dei modelli costitutivi e la valutazione dei parametri è stata fatta sulla base delle prove di fatica oligociclica condotte con e senza periodo di mantenimento in trazione a 500°C. Infine, i modelli sono stati implementati numericamente ed il numero di cicli a rottura calcolato è stato confrontato con quello ricavato da altre prove a diversa ampiezza di deformazione e tempo di mantenimento, mostrando un buon accordo.
The wall damage of a chemical thruster for orbital positioning of small satellites is assessed using computational fluid dynamics (CFD) and structural (FEM) models. A CFD analysis with a 3D model of the thruster is used to simulate the combustion of a liquid mixture of propylene (C3H6) and nitrogen dioxide (N2O) and to calculate the spatial-temporal temperature distribution inside the thruster wall, made of PH15-5 stainless steel. Then, these results are transferred to a 3D mechanical model of the thruster for structural analysis and wall damage calculation. In the latter analysis, the material properties of the thruster wall at different temperatures and the elastoplastic von Mises criterion with isotropic hardening are considered. Finally, the results obtained from the CFD analysis with a three-dimensional model are compared with those coming from a homologous analysis with a 2D model to evaluate the accuracy of the structural analysis depending on the type of modeling used for the fluid dynamic analysis.
Keywords: chemical thruster; damage; thermal-stress analysis
Lava flows are the most common volcanic feature on Earth. Lava tube formation is one of the main mechanisms for lava flow propagation. Mt. Vesuvio was characterized by the emplacement of voluminous lava flow deposits, in some cases accompanied by the formation of lava tubes. The high urbanization in the proximity of the volcano implies a deep understanding of the condition responsible for the formation of lava tube. Understanding lava tube structural stability is of primary importance for hazard assessment and risk mitigation. In this research, we focus on investigating the structural stability of the largest of the lava tubes formed during the 1858 eruption of Mt. Vesuvio. The lava tube was formed through the development of the lava flow field during the eruption. Due to the prolonged usage of the lava tube by lava flows, several linings of molten lava of varying thickness were formed creating the walls of the lava tubes. Acoustic Emission (AE) tests are carried out on site in these different layouts of the lava tubes. A comprehensive analysis using time domain, frequency domain, and time-frequency domain parameters is carried out to investigate the structural stability of the different layouts. Peak amplitude and counts of the AE signals are used for time domain analysis and Fast Fourier Transform (FFT) is used for frequency domain analysis. The results show that the AE signals obtained from the lava tubes layouts are characterised by very low Signal-to-Noise Ratio (SNR). To mitigate this, an advanced signal processing approach is adopted, and the AE signals are analysed in their time-frequency domain using the Hilbert-Huang Transform (HHT). The HHT results in the time-frequency domain, when combined with the time domain and frequency domain AE descriptors revealed that the lava tubes formed by the 1858 eruption of Mount Vesuvio is indeed stable.
L’obiettivo di questo studio è la validazione sperimentale di un incollaggio strutturale per la realizzazione di un pavimento sandwich per veicoli ferroviari. Tale pavimento è progettato con un’anima in polimero espanso e pelli in lega leggera, fissato strutturalmente ai profili estrusi di fiancata mediante suddetto incollaggio. Questa soluzione mira a sostituire il tradizionale sistema di fissaggio con collegamenti filettati, con il duplice vantaggio di ridurre il peso complessivo della struttura e migliorare le prestazioni meccaniche, garantendo al contempo la conformità agli stringenti requisiti del settore ferroviario in termini di resistenza e durabilità.
Al fine di verificare l’affidabilità e le prestazioni dell’incollaggio strutturale, è stata condotta una campagna sperimentale articolata in diverse fasi:
1. Definizione delle specifiche tecniche
Il programma di validazione è stato sviluppato sulla base dei requisiti forniti dal cliente e delle normative di riferimento del settore ferroviario.
2. Preparazione dei campioni di test
Sono stati realizzati provini rappresentativi del giunto adesivo, impiegando materiali e processi produttivi conformi alla soluzione progettuale.
3. Piano di test
Le prove sperimentali sono state suddivise in due categorie principali:
o Test di resistenza meccanica
Prove di trazione statica sui giunti adesivi per valutare la resistenza iniziale dell’incollaggio.
Prove di trazione statica ripetute dopo processi di invecchiamento per analizzare eventuali variazioni nelle proprietà meccaniche.
o Test di durabilità
Invecchiamento termo-igrometrico: esposizione dei campioni a cicli di temperatura e umidità controllati, secondo un protocollo tecnico definito.
Invecchiamento meccanico: cicli di carico pulsante (10⁷ cicli, R=0,1) per simulare le sollecitazioni dinamiche operative.
Scorrimento viscoso: applicazione di un carico costante per 1000 ore per valutare la stabilità nel tempo del giunto adesivo.
L’analisi dei risultati è stata condotta attraverso misurazioni strumentali e confronti con i requisiti progettuali.
Le prove di trazione statica hanno confermato che il sistema di incollaggio strutturale garantisce valori di resistenza comparabili, e in alcuni casi superiori, rispetto al tradizionale fissaggio con collegamenti filettati.
Dopo l’invecchiamento termo-igrometrico, i giunti adesivi hanno mostrato una riduzione contenuta della resistenza meccanica, mantenendo comunque margini di sicurezza adeguati alle condizioni operative reali.
Le prove di carico pulsante non hanno evidenziato fenomeni di degrado significativo, dimostrando la capacità dell’adesivo di resistere a sollecitazioni cicliche nel lungo periodo.
Tuttavia, i test di scorrimento viscoso hanno evidenziato una riduzione delle prestazioni del giunto adesivo sotto carico costante, suggerendo la necessità di un’ottimizzazione della soluzione progettuale.
L’analisi sperimentale ha dimostrato che l’incollaggio strutturale rappresenta una soluzione promettente per la realizzazione del pavimento ferroviario, garantendo buone prestazioni meccaniche e resistenza all’invecchiamento in condizioni operative.
Tuttavia, il mancato superamento del test di scorrimento viscoso indica la necessità di rivedere la geometria del giunto e la selezione dell’adesivo per migliorare la stabilità a lungo termine sotto carico costante.
I risultati ottenuti forniscono dati essenziali per l’ottimizzazione della soluzione e indirizzano le future attività di sviluppo verso una configurazione più robusta e affidabile per l’applicazione ferroviaria.
Sulla nave scuola Amerigo Vespucci, la valutazione dello stato delle corde è tradizionalmente affidata all’esperienza empirica del nostromo, un processo soggettivo che può variare in base all’abilità dell’operatore. Tuttavia, questa metodologia può risultare dispendiosa in termini di tempo e soggetta a errori umani. Per rendere questa analisi più oggettiva e automatizzata, è stata sviluppata una rete neurale in grado di classificare le immagini delle corde, distinguendo tra condizioni 'buone' e 'non buone'. Per acquisire le immagini, è stato creato un dispositivo ad hoc che permette di scattare foto in modo preciso e ripetibile, assicurando una qualità consistente dei dati. Il modello è stato addestrato sul dataset appositamente raccolto e pre-elaborato, applicando tecniche di normalizzazione e data augmentation per migliorarne la generalizzazione e la robustezza. L’architettura selezionata è stata ottimizzata attraverso la scelta di una funzione di loss e di un algoritmo di ottimizzazione efficace, basandosi su lavori simili per migliorarne le prestazioni.
I risultati ottenuti mostrano un’accuratezza di quasi il 90%, dimostrando l’affidabilità del modello nel riconoscere lo stato delle corde e offrendo un valido supporto per la manutenzione automatizzata della nave, riducendo il margine di errore e ottimizzando le operazioni di controllo.
Le batterie Li-Po (Lithium-Polymer) e i supercondensatori ibridi (HSC, Hybrid Super Capacitors) trovano impiego crescente in molteplici applicazioni, grazie alle loro elevate prestazioni e alla capacità di fornire potenza. In particolare, le celle in formato pouch, caratterizzate da un involucro flessibile e compatto, offrono vantaggi significativi per il monitoraggio tramite ultrasuoni: la struttura sottile semplifica l’accoppiamento dei trasduttori e migliora la propagazione delle onde ultrasoniche, favorendo misure più accurate. Un monitoraggio accurato dello Stato di Carica (SOC, State of Charge) e dello Stato di Salute (SOH, State of Health) è fondamentale per massimizzare l’efficienza energetica e ottimizzare la manutenzione preventiva.
In questo lavoro si propone una metodologia innovativa basata sull’impiego di ultrasuoni, finalizzata a monitorare in tempo reale SOC e SOH di batterie Li-Po e HSC, consentendo una stima precisa sia della carica residua sia della vita utile rimanente (RUL, Remaining Useful Life) delle celle. L’approccio sperimentale prevede la misurazione del tempo di volo (TOF, Time of Flight) e dell’ampiezza del segnale (PtP, Peak to Peak) di onde ultrasoniche, analizzando la correlazione di tali parametri con il SOC, il SOH e la temperatura. Viene inoltre valutato l’effetto della variazione termica sui valori di TOF e PtP.
I test, condotti su un supercondensatore ibrido Gonghe da 21000 F in formato pouch e su una batteria Li-Po LSA 1065138, utilizzano la configurazione pulse-echo con trasduttori piezoelettrici. I risultati mostrano che le variazioni di TOF e PtP sono strettamente legate ai cicli di carica-scarica e all’invecchiamento elettrochimico. L’aumento della temperatura influisce negativamente sulla precisione delle misure, ma l’implementazione di un modello di correzione termica consente di mitigare tale effetto, migliorando l’attendibilità dei dati raccolti.
La metodologia proposta risulta promettente grazie alla possibilità di fornire stime di SOC e SOH in condizioni operative variabili. La chimica della batteria dà luogo a comportamenti ciclici distinti, rendendo necessario calibrare il monitoraggio in base alle caratteristiche specifiche dei singoli dispositivi di accumulo.
Obiettivo
Questo studio esplora l’applicabilità delle tecniche di Digital Image Correlation (DIC) per la misurazione di tensioni residue non uniformi mediante il metodo del foro incrementale. In particolare, vengono analizzate le tensioni residue generate da un trattamento di rullatura su provini in alluminio 7075-T6, caratterizzate da forti gradienti in profondità. L’obiettivo è valutare la possibilità di sostituire le tradizionali rosette estensimetriche con sistemi DIC.
Metodi
Dopo il trattamento di rullatura, le tensioni residue sono state misurate con il metodo del foro classico, utilizzando una rosetta estensimetrica secondo la ASTM E837, per fornire un riferimento alle misure DIC. Successivamente, i provini e la fotocamera sono stati montati su una macchina a controllo numerico, che ha permesso di riposizionare con elevata precisione entrambi gli elementi a ogni step di foratura.
Risultati
I risultati sperimentali mostrano che le misure DIC consentono di calcolare le tensioni residue con una buona accuratezza. Sebbene la loro precisione sia inferiore rispetto alle misure estensimetriche tradizionali, le tecniche DIC a campo intero compensano – almeno in parte – questo svantaggio, attraverso la misura del campo deformativo su tutta la regione attorno al foro. Questo approccio offre una ridondanza di dati statisticamente vantaggiosa e consente di catturare gli spostamenti nelle zone immediatamente circostanti il foro, più sensibili alle tensioni residue.
Conclusioni
Considerando il risparmio economico e di tempo ottenuto evitando l’uso delle rosette estensimetriche, le tecniche DIC rappresentano una valida alternativa per la determinazione delle tensioni residue con il metodo del foro. Il fattore chiave per la loro applicazione risiede nella possibilità di riposizionare agevolmente fotocamera e fresa a ogni incremento di profondità.
Obiettivo
Gli errori riscontrati nelle misurazioni delle tensioni residue mediante il metodo del foro sono comunemente classificati in left errors e right errors, a seconda che influenzino prevalentemente la matrice di calibrazione o le letture delle deformazioni, rispettivamente. I left errors derivano principalmente da fattori quali imprecisioni nell'eccentricità e nella profondità del foro, mentre i right errors sono tipicamente attribuibili a sorgenti come il rumore elettrico e le tensioni residue indotte dalla foratura stessa. Tra i left errors, l'incertezza associata alla rilevazione della profondità zero riveste un ruolo cruciale nella determinazione dell'accuratezza dei valori di tensione residua in superficie. Nei materiali metallici, il contatto elettrico tra la fresa e il componente permette di identificare la posizione di zero; tuttavia, questa strategia non è applicabile ai materiali non conduttivi. Nel presente lavoro viene presentata una tecnica alternativa per questa classe di materiali.
Metodi
È stato realizzato mediante manifattura additiva un provino in PLA precurvato che, una volta riportato alla planarità tramite vincoli alle estremità, genera una distribuzione nota di tensioni di natura flessionale lungo il suo spessore. Le tensioni residue sono state misurate con il metodo del foro sia nella configurazione iniziale che in quella vincolata, al fine di isolare le tensioni flessionali prodotte dal vincolamento. L’algoritmo proposto è stato applicato a entrambi i casi.
Risultati
L’applicazione dell’algoritmo consente di ricostruire le tensioni in superficie con un'accuratezza significativamente superiore rispetto a quella ottenibile identificando manualmente il punto di zero mediante osservazioni dirette. Grazie alla tecnica proposta, la tensione viene correttamente identificata a tutti gli step incrementali di foratura.
Conclusioni
Considerato il grande interesse industriale nella misura delle tensioni residue nei materiali plastici (e quindi non conduttivi), l’algoritmo proposto automatizza la determinazione di un parametro altrimenti difficilmente identificabile, riducendo il rischio di errori significativi nella ricostruzione delle tensioni in superficie.
When metals undergo plastic deformation, some of the plastic work is stored in the material as defects, while the rest is dissipated as heat. In thermomechanics, the fraction of plastic work converted into heat is referred to as the Taylor-Quinney coefficient (TQC). At high strain rates, temperature increases in the material and can significantly influence its mechanical behavior. Therefore, accurately predicting temperature fields and the resulting mechanical response requires careful consideration of self-heating. Temperature increases are particularly critical during localized deformation, making tests that involve localization useful for understanding the dissipation of plastic work into heat up to large strains.
This study focuses on the post-necking phase of tensile tests conducted on cylindrical dog-bone samples. The aim is to present efficient methods for investigating the work-to-heat conversion using post-necking data, regardless of whether adiabatic conditions are verified. The methods involve recording tests with optical and infrared (IR) cameras with adequate temporal and spatial resolution, in order to fully exploit the heterogeneous fields and to improve the reliability of the results. A key difference from other studies is that the Digital Image Correlation (DIC) technique was not used to reduce experimental complexity and avoid issues related to speckle damage. Instead, backlight images were acquired and only the necking silhouette was considered for strain analysis thanks to a method previously developed by the authors. This is referred to as the "Database approach" since it consists of searching for the experimental specimen’s shapes within a database built from finite element (FE) simulations. This method offers a way to determine the equivalent plastic strain on the specimen's surface with minimal experimental and computational effort, without assuming uniform strain across cross-sections. Additionally, it allows for estimating the equivalent stress experienced by material points on the sample’s surface.
To investigate the TQC under adiabatic conditions, these strain and stress fields (available in an Eulerian perspective) must be converted into Lagrangian fields to compute the plastic work executed on various material points. Similarly, thermal fields recorded by the IR camera must be transformed into Lagrangian fields to compute the thermal history of material points. Such Eulerian-to-Lagrangian conversion is possible thanks to the same database used for strain and stress analysis, which allows for tracking material points even in case of backlighting. Finally, for each material point, the time evolution of both temperature and plastic work is known, allowing the estimation of the TQC. This approach, referred to as “Direct approach”, gives reliable results provided that adiabatic conditions are verified.
For addressing non-adiabatic conditions another method is proposed. This is a preliminary approach which involves iteratively running thermal-structural FE simulations and adjusting the TQC based on comparisons between experimentally measured and numerically computed temperature distributions. Only conduction with constant thermal conductivity is considered as additional heat loss. From a mechanical perspective, the plastic flow curve used in the FE model must already be determined prior to iterations, without assuming specific TQC. This is achieved by combining Eulerian fields of strain, strain rate, and stress from the database approach with the Eulerian temperature field from the IR camera. The resulting point cloud, representing the material’s response, is fitted to the desired model and used in FE simulations. Hence, the iterative approach can focus only on determining heat conversion.
Both the direct and iterative approaches were successfully tested against numerical benchmarks, encouraging their application in an experimental case study. The material tested was 17-4PH martensitic stainless steel, known for its moderate strain rate sensitivity and substantial self-heating due to low thermal conductivity. Tests were performed at room temperature and at nominal strain rates of 1, 10, and 1000 s⁻¹. Both proposed methods produced comparable results at higher strain rates where adiabatic conditions were met. At a nominal strain rate of 10 s⁻¹, conduction effects began to affect the results, causing limited discrepancies between the two methods. For the 1 s⁻¹ tests, conduction effects were more pronounced, and only the iterative approach accurately predicted the temperature distributions by identifying an appropriate TQC.
In conclusion, the results demonstrate the practical applicability of the proposed methods. The direct method is more computationally efficient, while the iterative approach is more general and shows promising results, despite being in its preliminary stage. Both methods do not require the use of DIC, which offers a significant reduction in experimental effort.
L’obiettivo del lavoro è stato lo studio del comportamento visco-plastico e l’evoluzione del danneggiamento di lamiere in acciaio utilizzate in applicazioni di crash ferroviario.
L’indagine è stata svolta effettuando vari test a diverse velocità di deformazione, combinando prove quasi-statiche e dinamiche, eseguite con una macchina di prova universale e una Split Hopkinson Bar (SHB). L’obiettivo principale è stato analizzare come la superficie di snervamento del materiale evolva al variare dello strain-rate, analizzando la sensibilità del materiale a differenti condizioni di carico.
Un ulteriore obiettivo è stato comprendere come la variazione dello strain-rate influenzi la duttilità e la deformazione a rottura, per migliorare l'affidabilità delle simulazioni numeriche di problemi di crash. A tal fine, sono stati eseguiti test su provini con geometrie differenti, progettati per generare condizioni di carico mono e multiassiali. Questo approccio consente di esplorare un'ampia gamma di stati di tensione e calibrare accuratamente il fracture locus in funzione della triassialità e del parametro di Lode.
Le simulazioni numeriche dei test sperimentali sono utilizzate per calibrare e validare i modelli del materiale, al fine di riprodurre correttamente il comportamento osservato. Il modello di plasticità è stato identificato tramite un approccio inverso agli Elementi Finiti, basato sui dati sperimentali ottenuti sia da prove statiche che da prove ad alta velocità.
La risposta visco-plastica è descritta attraverso i modelli di Johnson-Cook e Cowper-Symonds, mentre per rappresentare l’inizio e la propagazione del danneggiamento, sono stati implementati modelli di danno appropriati all’interno del software ABAQUS. La calibrazione è stata eseguita confrontando in modo iterativo i risultati sperimentali e numerici, fino a ottenere una buona corrispondenza. Questo processo ha permesso di descrivere in modo accurato l’influenza dello strain rate e della triassialià sia sulla superficie di snervamento che sul fracture locus.
Per ridurre il rischio di eiezione di oggetti da macchine verso gli operatori, vengono comunemente impiegate finestrature in policarbonato, quando sussiste la necessità di osservazione della lavorazione. Le normative che danno la presunzione di conformità per la Direttiva Macchine stabiliscono lo spessore del pannello da utilizzare in relazione all’energia cinetica massima che può essere posseduta dal componente eventualmente eiettato. Molti dei casi reali di installazione non sono però ben rappresentati dalle metodologie di prova standardizzate e quindi esiste la necessità di simulare condizioni reali di impatto non standardizzabili.
In questo lavoro sono state effettuate simulazioni di impatto balistico su piastre di policarbonato con differente spessore utilizzando il software LS-DYNA. I risultati sono stati correlati con equivalenti prove sperimentali condotte attraverso il noto gas cannon test standardizzato. Le simulazioni mostrano che il modello utilizzato in studi precedenti per le piastre "sottili" di 4 mm, che prevede con una ottima approssimazione la velocità residua del proiettile in un’ampia gamma di velocità di impatto, non può essere applicato per i test di piastre più spesse. La grande approssimazione predittiva è dovuta essenzialmente al troppo semplice modello di frattura plastica equivalente che non è in grado di prevedere la reale energia assorbita dal materiale prima della frattura. Nel lavoro sarà evidenziato il ruolo cruciale del triaxiality factor nel prevedere le reali condizioni di penetrazione e frattura per le piastre in policarbonato di grande spessore. Verrà infine presentato un modello costitutivo e di frattura più complesso utile ad ottenere risultati aderenti alle prove sperimentali.
Durante il Dynamic Tensile Extrusion (DTE) test, il campione viene estruso dinamicamente, con una deformazione significativa che supera il 500%, alte velocità di deformazione (1E5 – 1E6 /s) e un significativo incremento di temperatura a causa del riscaldamento adiabatico. Queste condizioni potrebbero promuovere significative evoluzioni microstrutturali, quali la ricristallizzazione dinamica (DRX), che possono influenzare direttamente la risposta del materiale e la sua capacità di essere sottoposto ad ulteriori deformazioni. Questo studio ha come obiettivo quello di valutare il processo di evoluzione della microstruttura e l’eventuale insorgenza di DRX nel rame OFHC durante condizioni di estrusione dinamica e di esaminare il ruolo della temperatura conducendo test DTE a diverse temperature di prova. L'attività comprende un'analisi sistematica della microstruttura del materiale per analizzare i cambiamenti microstrutturali durante il processo di deformazione e, eventualmente, identificare i siti di nucleazione e i meccanismi di evoluzione della DRX. Inoltre, sono state condotte simulazioni numeriche per determinare le condizioni che possono favorire l'innesco di questo fenomeno.
La comprensione dei meccanismi di drag viscoso e fononico sulla resistenza dei materiali è essenziale per modellarne il comportamento in condizioni di elevate velocità di deformazione. Un approccio sperimentale per investigare tali effetti è l'instabilità di Richtmyer-Meshkov (RMI) indotta da onde d'urto su interfacce solide. Tradizionalmente, l'RMI viene studiata introducendo sulla superficie del campione piccole perturbazioni lineari, con dimensioni dell’ordine dei micron, misurandone la velocità di estrusione mediante la Photon Doppler Velocimetry (PDV). Tuttavia, questa configurazione produce spesso segnali PDV con profili di velocità multipli, rendendo l'analisi complessa.
Nel presente lavoro, è stata progettata e testata una nuova geometria di perturbazione assialsimmetrica di dimensioni maggiori. Questo approccio mira a semplificare la preparazione dei provini e a generare un singolo getto di materiale estruso, il cui segnale PDV presenta un unico picco ben definito, facilitando significativamente l'interpretazione dei dati. La geometria proposta, inoltre, consente la formazione di un getto di dimensioni comparabili a quelle ottenibili tramite il test Dynamic Tensile Extrusion (DTE), ma evitando le complicazioni dovute all'attrito tra materiale e matrice di estrusione tipiche di questa prova.
Dopo i test, i frammenti dei provini sono stati recuperati per analisi microstrutturali post-mortem. I dati sperimentali sono stati confrontati con simulazioni numeriche, fornendo una validazione dell'approccio sperimentale e contribuendo a una più accurata caratterizzazione del comportamento del materiale in questi regimi di deformazione.
Underwater explosions (UNDEX) generate shock waves and bubble oscillations that propagate through marine structures, inducing vibrations that can compromise the performance and reliability of onboard equipment. In shallow waters or near the seafloor, wave reflections play a crucial role in altering the intensity and frequency content of the transmitted loads, affecting the structural response and operational safety of naval and offshore systems.
This study investigates the influence of seafloor reflection on the effectiveness of traditional resilient mounting systems in mitigating structure-borne vibrations induced by UNDEX events. A coupled acoustic-structural numerical approach, implemented in ABAQUS CAE, is employed to analyze a foundation-resilient-mass subsystem mounted on a patrol vessel. The explosion scenario considers a charge positioned near the seabed, capturing the effects of wave reflection on the transient response of the onboard equipment.
Numerical simulations focus on the interplay between direct and reflected shock waves, assessing how the modified loading conditions impact the attenuation performance of resilient mountings. Results highlight the potential amplification of specific frequency components due to reflection phenomena, leading to increased structural stress and vibration levels. These findings provide insights into the limitations of traditional vibration isolation strategies and suggest avenues for improving anti-shock and anti-vibration solutions in naval engineering.
Il presente contributo introduce una procedura per ricostruire in fase di post-elaborazione la distribuzione delle tensioni trattive interlaminari (ILTS) in un laminato a grande curvatura discretizzato tramite i consueti elementi finiti quadrilateri a quattro nodi CQUAD4, con formulazione bilineare alla Mindlin localmente piana.
Tale procedura si basa sull'utilizzo di un sottomodello FEM per la soluzione del problema elastico lungo lo spessore alimentato con spostamenti e rotazioni estratti dai risultati dell'analisi di complessivo ad elementi CQUAD4; essendo tale sottomodello costituito di elementi esaedrici trilineari sottointegrati standard, la procedura risulta compatibile con tutte le formulazioni di legame costitutivo per questi disponibili.
Tale procedura costituisce una forma specializzata dello storicizzato approccio "global-local", ma è utilizzabile anche in fase di definizione del contributo del singolo punto di integrazione alla matrice di rigidezza dell'elemento CQUAD4 del modello di complessivo.
La metodologia proposta viene quindi estesa alla ricostruzione delle componenti taglianti delle tensioni interlaminari (ILSS) mediante la definizione di un opportuno sistema di vincoli cinematici per il trasferimento al sottomodello della deflessione indotta dal taglio.
Nel contributo viene quindi introdotto un caso test originale tale da produrre una curvatura deformativa elastica uniforme con direzioni principali che risultano disallineate rispetto alle direzioni principali della curvatura geometrica iniziale.
La metodologia viene infine applicata con successo a questo e ad altri casi test da letteratura.
La realizzazione di strutture leggere ma resistenti rappresenta una sfida cruciale nella progettazione meccanica, specialmente nel settore dei trasporti, dove la riduzione del peso porta a un miglioramento dell’efficienza e delle prestazioni. Questo studio propone una nuova metodologia di ottimizzazione topologica che integra strutture a reticolo di tipo gyroid a densità variabile in base alla distribuzione delle tensioni. Attraverso simulazioni agli elementi finiti (FEM), è stato analizzato il campo di tensione di Von Mises di una biella per motori ad alta velocità al fine di definire una struttura reticolare ottimizzata. Il reticolo gyroid è stato implementato nella regione centrale della biella, con una variazione dello spessore determinata dalla distribuzione delle tensioni, massimizzando la riduzione di peso pur garantendo l’integrità strutturale. La biella ottimizzata, realizzata mediante manifattura additiva, ha ottenuto una riduzione di massa tre volte superiore rispetto a quella ottenuta con i metodi di ottimizzazione topologica tradizionali. La validazione sperimentale ha confermato le proprietà meccaniche previste dalle simulazioni.
Obiettivi
In questo studio viene simulato il processo di formatura di un cerchione automobilistico in acciaio mediante il metodo agli elementi finiti (FEM). Per ciascuna fase del processo, sono state eseguite misurazioni sperimentali sui provini. L'obiettivo principale è valutare le tensioni residue generate dalla formatura, confrontando i risultati delle simulazioni con i dati sperimentali ottenuti in laboratorio tramite misurazioni con rosette estensimetriche. I dati sperimentali e numerici saranno successivamente integrati in un modello predittivo per la stima della vita a fatica del cerchione.
Metodologia
I modelli numerici sono stati sviluppati sulla base della geometria reale degli utensili impiegati nel processo di formatura e delle proprietà dei materiali utilizzati. I risultati delle simulazioni sono stati validati mediante confronto con scansioni 3D dei provini, sovrapponendo le geometrie per verificarne la corrispondenza. Le misurazioni sperimentali delle tensioni residue sono state effettuate tramite rosette estensimetriche nei punti critici, individuati in base ai risultati delle simulazioni e a precedenti prove a fatica.
Risultati
Le tensioni residue ottenute dalle simulazioni per le diverse fasi di lavorazione sono state validate sperimentalmente utilizzando provini forniti dal costruttore. I risultati dimostrano che le simulazioni permettono di ottenere una mappa affidabile delle tensioni residue, confrontabile con i valori sperimentali. I dati così ottenuti saranno impiegati in un modello per la previsione della vita a fatica del cerchione, al fine di valutare l'impatto delle tensioni residue sulla sua durabilità.
Conclusioni
Questo studio conferma la validità della metodologia FEM adottata attraverso un confronto sperimentale dei risultati. L'integrazione dei dati numerici e sperimentali permetterà, in futuro, di implementare direttamente le tensioni residue nei modelli di calcolo a fatica, migliorando la precisione delle previsioni sulla durata del cerchione.
Adhesively bonded joints are a promising alternative to mechanical fastening but are prone to sudden catastrophic failure. Several methods have been developed for the toughening of bonded joints, such as surface pre-treatments, grading of the adhesive properties and structured interfaces among others.
In this work, we studied a Representative Volume Element (RVE) of a metal-composite co-molded joint with a Laser Powder Bed Fused (LPBF) printed lattice reinforcement. The RVE comprised a single lattice structure infiltrated by the composite material, namely a vinyl ester matrix Sheet Molding Compound (SMC).
The local orientation of the carbon fibers was obtained from a Computational Fluid Dynamics (CFD) simulation of the infiltration process, which was then used to map the properties of the composite adherends in the RVE. The metal-composite interfaces were modeled using cohesive elements, with traction-separation laws derived from Double Cantilever Beam (DCB) and End-Notched Flexure (ENF) tests.
The RVE was loaded in opening and shear to extract mode I and mode II homogenized traction separation laws. These laws were then used to model lattice-reinforced metal-composite joints with flat interfaces, incorporating the homogenized behavior of the lattice reinforcement.
The results showed that the homogenized laws properly capture the behavior of the reinforced joints, while significantly reducing the computational effort compared to a full-scale reinforced model.
Dal lavoro pioneristico di Hertz del 1882, la meccanica del contatto si è tradizionalmente fondata sull’elasticità lineare, assumendo "piccoli" sforzi e deformazioni. Tuttavia, esperimenti recenti hanno evidenziato chiaramente i limiti di questo approccio nel descrivere il contatto di materiali come gomme ed elastomeri, in particolare durante lo scorrimento con attrito, dove le non-linearità geometriche e del materiale giocano un ruolo cruciale.
Con l'obiettivo di evidenziare il ruolo delle non-linearità nella meccanica del contatto, il presente studio analizza il contatto tra un indentatore rigido con rugosità sinusoidale ed un substrato deformabile piano. All'interfaccia si assumono condizioni con (e senza) attrito, tenendo conto di deformazioni finite, grandi spostamenti e di un comportamento costitutivo non-lineare. A tal fine, si è sviluppato un modello ad elementi finiti, confrontando i risultati numerici con la teoria lineare di Westergaard.
I risultati mostrano che, anche in assenza di attrito, la risposta al contatto è fortemente influenzata dalle non-linearità geometriche e del materiale, specialmente nel caso di indentatori con elevati rapporti di aspetto, dove si osserva un accoppiamento tra tensioni e spostamenti nelle direzioni normale e tangenziale. Più significativamente, in un regime di elasticità non-lineare, la presenza di attrito induce isteresi di contatto (ovvero dissipazione di energia da attrito) nei cicli di carico-scarico normale. Questo fenomeno non può essere previsto nell’ambito dell’elasticità lineare e viene solitamente attribuito ad altri effetti di interfaccia, come adesione, plasticità o viscoelasticità. In questo lavoro, è proposta una interpretazione alternativa, basata sull’effetto combinato di grandi deformazioni e spostamenti. Inoltre, si dimostra che, nei sistemi a spessore finito, le perdite isteretiche aumentano, come conseguenza di un accoppiamento non-lineare più marcato tra le componenti normale e tangenziale degli spostamenti e degli stress.
Power electronics devices have become increasingly relevant in modern engineering applications, playing a crucial role in enhancing energy efficiency, control precision, and system reliability across various industries. Modern power electronics packages for automotive applications are required to withstand severe temperature gradients, due to their significant specific power and the consequent heat generation, localized in the active volumes of the package and transferred in the surrounding zones of the package. The multilayered layout of such packages, with very different materials stacked together, causes remarkable discontinuities in the mechanical and thermal properties. The remarkable temperature gradients and the sharp discontinuities in mechanical properties may induce significant thermal stresses and permanent deformations, possibly affecting the operativity of the whole package and limiting its durability. In this study, a numerical analysis is conducted to evaluate the mechanical response of a power electronic package subjected to temperature fields representative of its operating conditions. The analysis highlights potential critical areas by examining the actual strains and stresses that develop within the package.
La ricristallizzazione dinamica (DRX) gioca un ruolo chiave nel comportamento meccanico dei metalli sottoposti a deformazione plastica ad alta temperatura. L’obiettivo di questo lavoro è proporre un modello costitutivo in grado di descrivere la DRX nel rame puro alla scala del continuo, mantenendo un forte legame con i meccanismi fisici che governano il processo.
Il modello introduce una variabile interna denominata "deformazione efficace" per rappresentare lo stato strutturale medio del materiale. L’evoluzione della variabile è descritta tramite un’equazione differenziale del terzo ordine, in funzione della deformazione plastica accumulata. Il modello integra gli effetti della temperatura e della velocità di deformazione mediante il parametro di Zener–Hollomon.
Il modello è stato applicato al rame puro con due diverse dimensioni del grano su un ampio intervallo di temperature e velocità di deformazione. Il confronto con le misure sperimentali dimostra l’efficacia del modello nel catturale caratteristiche chiave della curva sforzo-deformazione in presenza di DRX quali softening, oscillazioni e saturazione.
Il lavoro propone un quadro costitutivo solido e computazionalmente efficiente per la modellazione della ricristallizzazione dinamica (DRX), con potenziali applicazioni nell’ambito dell’analisi numerica mediante elementi finiti. Inoltre, viene introdotto un nuovo modello per la previsione della deformazione critica all’innesco della DRX, insieme a una relazione semplice che collega quest’ultima al valore di saturazione della risposta del materiale.
L’impiego di materiali compositi nelle applicazioni aerospaziali pone una sfida significativa in termini di suscettibilità ai carichi d'impatto. Per affrontare questo problema, sono stati sviluppati diversi sistemi di monitoraggio della salute strutturale (SHM) al fine di rilevare gli impatti e monitorare l'integrità strutturale del laminato. Tuttavia, queste tecniche generalmente richiedono l'inserimento di sensori all'interno del laminato composito durante il processo di fabbricazione o in seguito mediante incollaggio sulla struttura. I trasduttori più impiegati sono i reticoli di Bragg o piezoelettrici ceramici che, a causa della loro intrinseca fragilità, possono avere effetti negativi sulle proprietà meccaniche del laminato ospitante. Inoltre, i segnali generati dai sensori, distribuiti in tutta la struttura, devono essere raccolti da un dispositivo elettronico a bordo, per poi essere elaborati. Ciò pone sfide nelle connessioni, siano esse ottiche, elettriche o wireless, a causa dei connettori ingombranti, dei cavi intricati o delle interferenze elettromagnetiche, che possono avere un impatto negativo sull'integrità strutturale, sul peso, sul processo di fabbricazione, sull'affidabilità del sistema SHM e sui costi. In questo scenario, i cristalli MechanoLuminoChromic (MLC) possono essere di grande interesse poiché possono modificare il loro spettro di emissione in risposta a uno stimolo meccanico. Tuttavia, l'applicazione pratica degli MLC tal quali è limitata dalle loro scarse proprietà meccaniche. In questo lavoro, un additivo MLC viene disperso in una matrice polimerica per fabbricare una vernice intelligente, che combina le caratteristiche di entrambi i componenti: il meccanoluminocromismo dell'additivo e la facile lavorabilità e le proprietà meccaniche dei polimeri. Il rivestimento intelligente risultante appare blu sotto la luce UV nel suo stato incontaminato (non danneggiato), mentre il colore di emissione diventa verde dopo compressione, impatto e graffi. Il suo colore sotto luce visibile invece non cambia dopo il danno. Pertanto, consente il rilevamento dell'impatto a campo pieno sulla struttura composita su cui è applicato tramite illuminazione con luce UV (senza influenzare le proprietà estetiche del componente alle frequenze della luce visibile). In particolare, l'additivo MLC, un polimero di coordinazione ibrido a base di Cu (HCP), è stato disperso in una vernice epossidica termoindurente. Il rivestimento intelligente è stato quindi applicato su laminati in plastica rinforzata con fibra di carbonio (CFRP) a strati incrociati mediante verniciatura a spruzzo. Le piastre composite sono state quindi sottoposte a impatto a bassa velocità (LVI) a diversi livelli di energia mediante torre di caduta strumentata, producendo danni non / appena visibili (BVD). I campioni sono stati successivamente illuminati con una torcia UV e le immagini sono state acquisite tramite una fotocamera digitale. Le immagini sono state post-elaborate da algoritmi sviluppati in Matlab e il rapporto verde/blu è stato correlato alla forza di impatto massima registrata dalla cella di carico montata sull'impattore. Inoltre, il danno sviluppato all'interno del laminato è stato valutato mediante analisi micrografica della sezione trasversale e correlato alla risposta dello spettro del meccanoluminocromismo. In conclusione, la vernice MLC sviluppata consente una tecnica di ispezione non distruttiva (NDI) altamente efficiente, conveniente e facilmente implementabile per la valutazione dei danni da impatto su strutture composite. Inoltre, la potenziale integrazione con sistemi di visione artificiale in tempo reale risulta una promettente strategia SHM per il rilevamento dell'impatto.
La termografia attiva è una tecnica ben consolidata per il controllo strutturale di componenti e strutture. Lo studio della risposta termica superficiale, congiunta all'adozione, da parte di un operatore esperto di opportuni criteri di soglia specifici per l'applicazione, permette l'identificazione accurata dei difetti superficiali e subsuperficiali. La caratterizzazione di tali difetti, in termini di dimensione e profondità, è basata su ipotesi monodimensionali, approcci ibridi (numerico/sperimentali) e/o puramente sperimentali che richiedono un notevole sforzo sia in termini economici che di tempo. Attualmente, gli algoritmi di intelligenza artificiale rappresentano una valida alternativa per automatizzare la fase di caratterizzazione dei difetti. Tuttavia, l’utilizzo di tecniche di machine o deep learning richiede un’elevata quantità di dati, che nell’ambito NDT si traduce nell’avere diversi provini con differenti difetti. A tal proposito, le tecniche di additive manufacturing offrono la possibilità di realizzare in poco tempo, con alta affidabilità e bassi costi, provini con difetti di dimensioni note. In questo lavoro, provini in poliamide realizzati con l’innovativa tecnica Multi Layer Jet fusion sono stati testati con la termografia step a differenti tempi di riscaldamento. Successivamente, le sequenze termografiche acquisite sono state fornite per addestrare di una rete neurale temporale ibrida al fine di identificare e parallelamente stimane la profondità dei difetti in modo automatico. I risultati ottenuti sono stati criticamente discussi utilizzando differenti metriche quantitative.
Surface adhesion is a key material property in several engineering applications. In the past decades, many efforts have been made in mimicking nature to achieve outstanding adhesion performances. A well-known example is given by geckos, which are able to climb walls at a pace of up to 0.8 m/s thanks to the hierarchical structure of their feet, that allows them to quickly (in the order of tens of milliseconds) adjust surface adhesion. Drawing inspiration by geckos, a controlled tuning of interface adhesion could potentially be crucial to a broad range of applications, such as soft robotics, space technology, micro-fabrication, and flexible electronics.
Recently, high-frequency micrometrical vibrations have been proposed as a promising approach for fast adhesion tuning, due to their capability to significantly enhance or diminish the adhesive performance of soft interfaces [1]. However a detailed comparison between theoretical predictions and experimental results is still missing.
In this talk, the problem of “vibroadhesion”, i.e. the adhesive behaviour of vibrating viscoelastic contacts, will be addressed.
The experimental tests were performed by unloading a spherical indenter from a soft PDMS substrate excited by high-frequency micrometrical vibrations. We show that as soon as the vibration starts, the contact area increases abruptly and then progressively decreases upon unloading, following approximately the JKR classical model, but with a much increased work of adhesion. We observe an enhancement of the pull-off force when the amplitude of vibration is increased, up to a certain saturation level. Under the hypothesis of short range adhesion, a lumped mechanical model was derived, which, starting from an independent characterization of the rate-dependent interfacial adhesion, predicted qualitatively and quantitatively the experimental results [2].
Moreover, the effect of parameters like material properties, sample thickness, sphere radius, preload and unloading rate was explored.
References:
[1] Shui, L., Jia, L., Li, H., Guo, J., Guo, Z., Liu, Y., ... & Chen, X. (2020). Rapid and continuous regulating adhesion strength by mechanical micro-vibration. Nature communications, 11(1), 1583.
[2] Tricarico, M., Ciavarella, M., & Papangelo, A. (2025). Enhancement of adhesion strength through microvibrations: modeling and experiments.
Journal of the Mechanics and Physics of Solids, 158, 106020.
This work investigates the influence of center positioning in Radial Basis Function (RBF) collocation methods for solving two-dimensional structural problems. The study enforces equilibrium using the indefinite equations approach and evaluates different center distributions to assess their impact on solution accuracy and stability. The numerical results are compared against Finite Element Method (FEM) solutions and available analytical benchmarks to determine the effectiveness of the tested approaches. The findings provide insights into optimal node placement strategies, improving the reliability and applicability of RBF collocation methods in structural analysis.
Keywords: Shape Memory Alloys; NiTi; Finite State Machine; Actuators; Electro-Thermo-Mechanical Modeling; Hysteresis
Objectives
This work proposes an innovative one-dimensional multi-physics model for shape memory alloy (SMA) wire actuators, focused on efficiently modeling the electro-thermo-mechanical coupling and hysteretic behavior. The main objective is to integrate a constitutive model based on Brinson's formulation with a Finite State Machine (FSM) methodology to capture the path-dependent phase transformations inherent to SMAs, and develop a model suitable for real-time simulations and control strategies.
Methodology
An FSM approach was implemented to represent and manage the complex phase transitions in SMAs, simplifying system representation and enhancing scalability. The model was developed through subdivision into subsystems: input signal block, thermo-electrical block, phase diagram with external input priority block, constitutive model, and mechanical system. Brinson's original equations for transformation kinetics were modified to better capture the hysteretic behavior, using a dual-phase approach that combines Brinson's formulation for pre-strain modeling with Tanaka's phase diagram for thermal cycling. Experimental validation was conducted using NiTi wires under various thermo-mechanical loading conditions, with special attention to cyclic and partial transformation.
Results
Experimental tests confirmed the accuracy of the proposed model under different loading conditions, including spring-assisted recovery and constant load recovery. The model demonstrated good capability in predicting both stress-temperature and strain-temperature responses, with maximum deviations of approximately 6% during the cooling phase. Validation of the model as a control tool was performed by implementing a PID controller in the Simulink environment, demonstrating the system's ability to accurately follow both trapezoidal and sinusoidal target displacement signals. Additional simulations demonstrated the model's versatility in handling different types of mechanical configurations, including linear and non-linear mass-spring systems, and in simulating multiple actuation cycles with partial transformations.
Conclusions
The proposed FSM framework has successfully demonstrated the ability to capture the complex thermo-mechanical behavior of SMAs, including path-dependent hysteresis and phase transformations under various loading conditions. The modification of Brinson's original equations and the implementation of the dual-phase approach significantly improved model accuracy, particularly evident in the smooth transition curves and accurate reproduction of material state evolution. The FSM architecture provides an efficient computational framework that maintains accuracy while enabling real-time simulations, making it particularly suitable for integration into dynamic control systems for applications in robotics, aerospace, and biomedical devices.
I geopolimeri sono una nuova tipologia di materiali ceramici che stanno suscitando un crescente interesse da parte della comunità scientifica grazie alle loro proprietà meccaniche, di resistenza chimica e al calore. Questi tipi di materiali sono tipicamente ottenuti mediante attivazione alcalina di materiali naturali attivati termicamente, ad esempio il metacaolino. Inoltre, i geopolimeri potrebbero essere ottenuti a partire da scarti industriali, rispondendo così alla necessità di ridurre e riutilizzare i rifiuti richiesta da un approccio di economia circolare. Questi tipi di materiali hanno un comportamento fragile e, di conseguenza, per la determinazione delle proprietà meccaniche è necessario ricorrere a strategie dedicate, soprattutto per quanto riguarda lo studio dei fenomeni legati alla meccanica della frattura.
In questo lavoro, il Brazilian disk test combinato con la tecnica di correlazione digitale delle immagini (DIC) è stato impiegato per la determinazione delle proprietà elastiche e della tenacità a frattura. Sono stati fabbricati due diversi tipi di campioni, i) dischi densi per il modulo elastico e la valutazione del rapporto di Poisson e ii) dischi pre-fessurati per la stima del fattore di intensità dello stress. Il campo di spostamento di entrambi i campioni è stato misurato mediante la tecnica DIC e una routine speciale, basata su un metodo sovradeterministico e sulla regressione dei minimi quadrati, è stata sviluppata per stimare le proprietà meccaniche effettive. I risultati ottenuti sono stati ulteriormente validati utilizzando la modellazione numerica mediante il metodo agli elementi finiti.
This paper presents an experimental study on the behavior of an insulated rail joint subjected to varying bolt preload conditions. The primary aim of the research is to assess the influence of different preload levels on the joint's mechanical performance, including its stiffness.
Tests were conducted using a series of standardized loading protocols to simulate real-world operating conditions. The joint's response was monitored through LVDT and potentiometer providing a comprehensive analysis of its structural integrity.
Results indicate that preload significantly affects the static response of the joint, with higher preloads leading to increased stiffness.
These findings contribute to a better understanding of the design parameters influencing the performance and longevity of railway joints, offering valuable insights for improving rail infrastructure durability and maintenance strategies. The study also highlights the importance of bolt preload optimization for ensuring safe and efficient railway operations.
L’obiettivo del lavoro è la determinazione sperimentale e lo studio della propagazione dello snervamento in provini intagliati che producono uno stato di tensione multiassiale. In questo modo è possibile caratterizzare direttamente una porzione della superficie di snervamento senza fare ricorso a nessun tipo di modello teorico.
Come metodologia si è usato un doppio set-up in cui, da un lato del provino, l’analisi di immagine (DIC) è utilizzata per misurare il campo di deformazione durante il test mentre, dall’altro lato, una termocamera è utilizzata per determinare l’insorgere della plasticità in ogni punto del provino. Lo snervamento, infatti, può essere chiaramente individuato come deviazione dal comportamento termoelastico che ha il materiale nel regime lineare elastico. Essendo la variazione di temperatura molto piccola, dell’ordine di frazioni di grado, e volendo avere una risoluzione spaziale che tenda al singolo pixel, si è utilizzata una termocamera ad elevata velocità di acquisizione che consente di effettuare un super-filtraggio nel dominio del tempo. In questo modo è stato possibile migliorare il rapporto segnale rumore ed individuare chiaramente l’insorgere e il progredire dello snervamento nel tempo. Un algoritmo di segmentazione è stato usato per dividere opportunamente la zona elastica da quella plastica; inoltre, sono state introdotte correzioni per tenere in considerazione l’effetto della conducibilità termica del materiale che influenza il campo di temperature dopo il primo snervamento.
Da questa analisi si è ricostruito il fronte di snervamento del provino intagliato che avanza all’aumentare del carico applicato. A questo punto, la tensione multiassiale nel fronte di snervamento è stata ricavata utilizzando le leggi dell’elasticità lineare applicata al campo di deformazione misurato tramite DIC. Per fare questo, la misura DIC e l’analisi termografica sono state integrate in un unico sistema di riferimento che consente di collegare ad ogni misura di deformazione il corrispondente valore di temperatura. In questo modo è stata ottenuta una nuvola di punti che va a popolare la superficie di primo snervamento nel materiale. Il materiale testato è un acciaio speciale ad alta resistenza DP600 usato nel settore automobilistico. La superficie di snervamento sperimentale è stata confrontata con i risultati della calibrazione dello stesso materiale con alcuni dei modelli di plasticità isotropa e anisotropa più utilizzati (von Mises, Hill48, Yld20002d, etc.).
Il metodo sviluppato consente per la prima volta di osservare la superficie di snervamento di un materiale in maniera totalmente sperimentale senza definire a priori un modello teorico. La superficie è ottenuta come nuvola di punti cosa che non è possibile o è molto più complesso da ottenere con test biassiali quali trazione su due assi o macchina di trazione/torsione. La geometria del provino gioca un ruolo importante per definire lo stato di tensione che verrà sollecitato durante il test, in questo caso sono stati utilizzati provini intagliati che creano un campo di tensione vicino alla zona di “plane strain”, ulteriori geometrie potranno essere testate in lavori futuri.
Per una attendibile modellazione degli eventi fisici è necessaria una adeguata conoscenza dei carichi in gioco. In questo contesto nasce l’esigenza di quantificare i carichi il più fedelmente possibile alla realtà. Di conseguenza sia le aziende che gli istituti di ricerca portano avanti campagne di misura atte al rilevamento dei carichi e delle loro storie nel tempo. Una delle tecniche più utilizzate è la campagna estensimetrica per il calcolo delle deformazioni locali unita ad una modellazione fem accurata che permette di ottenere una matrice di calibrazione per calcolare i carichi esterni a partire dalle deformazioni di alcune zone del componente. Tecnica nota e densa di letteratura a riguardo, ma che ha un altrettanto noto problema, il condizionamento della matrice di calibrazione. Infatti, una matrice mal condizionata comporta una non corretta rilevazione dei carichi in gioco. In questo lavoro si propone quindi un approccio sistematico di ricerca del posizionamento ottimo degli estensimetri mediante l’utilizzo di algoritmi. Inoltre, si propone un confronto tra varie possibilità di costruzione della matrice di calibrazione.
La necessità di affrontare la sfida della transizione energetica attraverso l'introduzione di cicli avanzati che utilizzano anidride carbonica supercritica ha determinato nuove sfide nella modellazione del comportamento meccanico dei materiali. La previsione dettagliata della durata effettiva degli espansori utilizzati in questo tipo di impianti vede combinarsi al danneggiamento da creep e da fatica l’attacco ambientale dell’anidride carbonica che a temperatura elevata causa fenomeni di carburizzazione e corrosione. Per affrontare questa tematica e corredare di dati sperimentali idonei modelli numerici predittivi di complessità crescente, una strategia è rappresentata dalla realizzazione di campagne di prova “service-like” tese a ricreare le reali condizioni di carico in termini di profili di deformazione e temperatura nel tempo. Questo lavoro affronta l’argomento presentando l’implementazione di tutto il necessario per includere anche l’attacco della CO2 in una campagna di questo tipo su un acciaio martensitico resistente allo scorrimento viscoso. Dopo una breve introduzione si mostra la progettazione dettagliata di provini cavi non standard per ricreare le condizioni di carico desiderate e l’attrezzatura sperimentale impiegata. In conclusione, si includono risultati preliminari delle prove effettuate discutendone le conseguenze per lo sviluppo della campagna sperimentale in corso.
In una trasmissione ad ingranaggi l’Errore di Trasmissione (ET) è definito come la differenza tra la posizione effettiva dell’ingranaggio condotto e la posizione teorica che si osserverebbe nel caso di ingranaggi perfetti e infinitamente rigidi. É un fenomeno non evitabile, e che costituisce la principale fonte di vibrazioni e di generazione di rumore nelle trasmissioni ad ingranaggi. Il fenomeno è oggetto di studio fin dai primi anni del 1900, ma è negli ultimi decenni che ha acquisito un’importanza crescente, soprattutto in campo automotive: a causa della diffusione dei motori elettrici, e quindi sempre più silenziosi, la rumorosità degli ingranaggi ha un impatto sensibile nell’emissione acustica globale del veicolo.
Le cause principali dell’errore di trasmissione sono la deformazione dei denti sotto carico, gli errori di fabbricazione (quali errori di passo o di profilo) ed errori di montaggio. In condizioni quasi statiche, questo fenomeno viene definito errore di trasmissione statico, che si manifesta come una piccola vibrazione che ha origine nell’ingranaggio che spinge l’ingranaggio condotto in un movimento alternativo. Questa vibrazione può essere ulteriormente amplificata dalla dinamica della trasmissione durante l’effettivo movimento delle ruote, dando luogo a una vibrazione che prende il nome di errore di trasmissione dinamico. Ed è proprio questa vibrazione che si propaga attraverso gli alberi, i cuscinetti e le pareti della trasmissione all’ambiente circostante, generando rumore. L’obiettivo di questo studio è esaminare come l’errore di trasmissione sia influenzato dalle variazioni di specifici parametri operativi, tra cui la velocità di rotazione, la coppia applicata, la posizione relativa tra i due ingranaggi e la microgeometria degli ingranaggi oggetto della trasmissione. A tal fine, è stata condotta un’ampia campagna sperimentale sul banco di prova del Politecnico di Milano per diverse coppie di ruote:
1) una coppia di ingranaggi cilindrici a denti diritti senza modifica di profilo;
2) una coppia di ingranaggi cilindrici a denti diritti con modifica di profilo
3) una coppia di ingranaggi cilindrici a denti elicoidali senza modifica di profilo
4) una coppia di ingranaggi cilindrici a denti elicoidali con modifica di profilo
Ogni coppia è stata testata per un’ampia gamma di velocità e coppie imposte e per quattro diverse disposizioni di ingranaggi. I dati raccolti sono stati poi sottoposti a un’analisi approfondita nel dominio del tempo e delle frequenze. I risultati di questo studio dimostrano che una comprensione completa del fenomeno in questione richiede l’integrazione di un’analisi dell’errore picco-picco nel dominio del tempo con uno studio corrispondente nel dominio delle frequenze.
Inoltre, è evidente che le frequenze di risonanza del sistema non possono essere escluse dall’analisi per ottenere una rappresentazione accurata dell’errore di trasmissione
Rolling and sliding of an adhesive cylinder over a viscoelastic soft polymeric substrate is of primary importance in tribology. In particular, despite nearly a century of basic laboratory experiments and theories, rubber friction is still a debated topic not well understood. On the other hand, the seminal experiments by Grosch [1] demonstrated a relation between friction and the viscoelastic properties of the polymer, and the major result was the collapse of several experimental friction curves into a single master curve by using the WLF transform [2], which is an empirical equation, but a consequence of time–temperature Boltzmann’s superposition principle. The shape of the curve friction coefficient with respect to the sliding speed was dependent on the condition of the surface, i.e. for the smooth wavy glass, the friction curve was symmetrical and showed a single peak which was attributed to adhesion, while for a rough substrate the friction curve was asymmetric. For the normal contact of a cylinder the Maugis λ parameter plays a crucial role in determining the contact interactions nevertheless, at the best of the authors knowledge, there is no study which has attempted to clarify the role of λ for sliding or rolling contacts. Moreover, being λ a scale dependent parameter, assessing its influence on the friction curve would be fundamental to better understand how frictional resistance is generated in multiscale contacts with several implications in every-day applications. We have considered the case of a rigid cylinder of radius R steady sliding at velocity V over a frictionless adhesive viscoelastic halfplane. The contact problem was solved by using the boundary element method, which fundamental solution is that of a constant pressure element sliding over a viscoelastic substrate. In the adhesiveless problem it has been shown that the friction coefficient $μ^∗ = μR/a_0$ (a_0 is the contact semi-width in the Hertz theory) depends only on the ratio glassy to rubbery Young modulus $E_∞/E_0$ and on the velocity V. The friction coefficient curves obtained numerically show a bell-shape and the friction is maximized at intermediate velocities where viscoelastic dissipation happens. Finally, we investigated the convergence of the maximum friction coefficient with the material parameter $k = E_0/E_∞$ (the latter investigation for λ = 3) and the results show that the maximum friction coefficient vanishes for k = 1, which corresponds to the elastic limit, then sharply increases, and converges for k ≃ 10$^{−3}$, which suggests for typical elastomers which show $k ∼ 10^{−3}$, the friction coefficient may indeed be independent on the ratio $E_0/E_∞$. For the rolling contact problem, we made some comparisons with the experiments of Barquins [5,6] proved that due to van der Waals attractive forces and the difference in work of fracture in opening and closing crack in viscoelastic solid, a rigid cylinder could roll on an inclined rubber plane with a friction force which depends as a power law of velocity, but which was approximately equal for negative or positive normal force. Further in other sets of experiments with Charmet [6], he found that contact area increased with velocity quite strongly and that rolling was possible under negative loads even 50 times higher than the static pull-off force. The dependence of friction force on speed is found to be linear at very low speeds, a power law at intermediate speeds which depends on the material, then decaying at large speeds, while experiments found only the power law regime. We therefore obtain qualitative agreement with experiments, but fail to obtain quantitative agreement, partly because to the simplified material model.
[1] Grosch, K. A. ”The relation between the friction and visco-elastic properties of rubber.” Proceedings of the Royal Society of London. Series A. Mathematical and Physical Sciences 274, no. 1356 (1963): 21-39.
[2] Williams, Malcolm L., Robert F. Landel, and John D. Ferry. ”The temperature dependence of relaxation mechanisms in amorphous polymers and other glass-forming liquids.” Journal of the American Chemical society 77, no. 14 (1955): 3701-3707.
[3] Wu, J. J. (2009). Adhesive contact between a cylinder and a half-space. Journal of Physics D: Applied Physics, 42(15), 155302.
[4] Afferrante, L., & Carbone, G. (2016). The ultratough peeling of elastic tapes from viscoelastic substrates. Journal of the Mechanics and Physics of Solids, 96, 223-234.
[5] Barquins M. (1988) Adherence and Rolling Kinetics of a Rigid Cylinder in Contact with a Natural Rubber Surface, The Journal of Adhesion, 26:1, 1-12, DOI: 10.1080/00218468808071271
[6] Charmet, J. C., & Barquins, M. (1996). Adhesive contact and rolling of a rigid cylinder under the pull of gravity on the underside of a smooth-surfaced sheet of rubber. International journal of adhesion and adhesives, 16(4), 249-254.
Abstract
Durante le operazioni ferroviarie, i freni a ceppi generano elevate temperature nelle ruote a causa della conversione dell’energia cinetica in termica. La rotazione della ruota porta la sua parte calda a contatto con la rotaia fredda, causando un rapido raffreddamento della ruota e un riscaldamento della rotaia. Questo fenomeno è noto nella letteratura scientifica internazionale come rail chill effect [1, 2]. Una stima accurata della temperatura che si instaura nella zona di contatto tra ruota e rotaia è fondamentale per prevenire: transizioni di fase (ad esempio il passaggio dalla fase austenitica a quella martensitica), fatica termica e usura.
Questo lavoro prosegue l’attività di ricerca riguardante lo sviluppo di modelli termici [3, 4], in precedenza presentati ad altri convegni AIAS, basati sul metodo delle differenze finite per valutare il campo termico che si instaura nella ruota e nei ceppi. In questo lavoro, il modello 2D assialsimmetrico e quello 1D radiale vengono utilizzati per valutare l’effetto del raffreddamento della rotaia. Questo tipo di problema è stato recentemente affrontato nella letteratura scientifica [5] utilizzando l’ipotesi di contatto Hertziano tra ruota e rotaia. Il presente lavoro, invece, considera un contatto non-Hertziano modellato tramite l’algoritmo ANALYN [6], basato su un’approssimazione della deformazione superficiale. Questo consente di ottenere una zona di contatto più realistica rispetto a quella derivante dall’ipotesi Hertziana. In aggiunta ai precedenti modelli termici, questo lavoro modella la rotaia con un approccio bidimensionale alle differenze finite in cui le direzioni considerate sono quella longitudinale e verticale. In questo modo è possibile considerare il progressivo riscaldamento della rotaia dovuto al contatto con le ruote del treno e il suo effetto sul conseguente minore raffreddamento della ruota. Il modello 1D radiale offre una soluzione computazionalmente efficiente per studi preliminari, mentre il modello 2D assialsimmetrico permette un’analisi più dettagliata in caso di condizioni critiche. I risultati ottenuti forniscono uno strumento utile per lo studio della fatica termica e dell’usura, con possibili applicazioni nella manutenzione ferroviaria. In futuro, il modello verrà esteso per includere l’accoppiamento con la dinamica verticale del veicolo, permettendo un’analisi più completa del sistema veicolo-rotaia.
Riferimenti
[1] Vernersson T. Temperatures at railway tread braking. Part 1: Modelling. Proc. Inst. Mech. Eng. F: J. Rail Rapid Transit. 2007, 221(2):167-182.
[2] Vakkalagadda MRK, Vineesh KP, Racherla V. Estimation of railway wheel running temperatures using a hybrid approach. Wear. 2015, 328-329:537-551.
[3] Cantone L, Siniscalchi R. MODELLI BIDIMENSIONALI ALLE DIFFERENZE FINITE PER LO STUDIO TERMICO DELLA FRENATURA DEI CARRI MERCI. Convegno AIAS 2023.
[4] Cantone L, Siniscalchi R. MODELLI MONODIMENSIONALI ALLE DIFFERENZE FINITE PER LO STUDIO TERMICO DELLA FRENATURA DEI TRENI. Convegno AIAS 2024.
[5] Wu Q, Spiryagin M, Cole C. Block–Wheel–Rail Temperature Assessments Via Longitudinal Train Dynamics Simulations, ASME. J. Comput. Nonlinear Dynam. 2022, 17(11):111007.
[6] Sichani MS, Enblom R, Berg M. A novel method to model wheel–rail normal contact in vehicle dynamics simulation, Vehicle System Dynamics. 2014, 52(12):1752-1764.
I danneggiamenti al contatto ruota-rotaia sono molteplici così come le cause che li determinano. Le caratteristiche del binario e dei veicoli che su di esso circolano dovrebbero essere opportunamente progettate in modo da ottimizzarne l’interazione ruota-rotaia. Quando invece il coordinamento tra i due sistemi, anche se pienamente rispondenti alle normative, viene meno, spesso si riscontrano gravi conseguenze nella loro gestione e manutenzione a valle della messa in servizio.
L’elevato tasso di crescita del danneggiamento di ruote e rotaie può portare a problematiche di rumore e vibrazioni, drastiche riduzioni della vita utile dei componenti e alla necessità di frequenti interventi manutentivi. Ne consegue una ridotta disponibilità della linea o dei veicoli e il verificarsi di importanti disservizi, le cui conseguenze economiche spesso ricadono sulle amministrazioni ferroviarie, le quali difficilmente possono mettere in atto azioni correttive definitive.
La presente memoria descrive le attività effettuate per l’analisi e la gestione dei problemi al contatto ruota-rotaia riscontrati presso la metropolitana di Catania. La linea è caratterizzata dalla presenza di curve di raggio molto stretto (fino a 119 m), ma è percorsa da veicoli con caratteristiche tipiche di servizi extra-urbani come un elevato carico per asse (16 t/asse) e una relativamente elevata velocità massima (100 km/h).
A partire da un’usura anomala della tavola di rotolamento delle ruote dei veicoli, sono stati riscontati ulteriori modalità di danneggiamento sia di ruote che di rotaie: usure e deformazioni plastiche dei cuori dei deviatoi, usura dei bordini delle ruote esterne, elevata marezzatura sulla rotaia bassa. La contemporaneità di questi fenomeni evidenzia il fatto che essi non possono essere trattati separatamente in quanto legati da una sfavorevole iscrizione in curva dei veicoli.
Attraverso rilievi sul campo con strumentazione dedicata e simulazioni dinamiche di tipo multi-body è stato possibile mitigare tali danneggiamenti e ridurre quindi le difficoltà di gestione della linea. Tra i vari provvedimenti studiati e applicati sono stati presi in considerazione: modifiche e miglioramenti agli impianti di lubrificazione, modifiche dello scartamento delle curve di raggio stretto, modifiche delle modalità di molatura delle rotaie, ottimizzazione dei profili di ruote e rotaie, modifiche alle condizioni di marcia dei veicoli.
Sloshing in aerospace cryogenic tanks generates dynamic loads that can significantly impact vehicle stability and control, with effects strongly dependent on the fluid-filling ratio. Traditional anti-sloshing strategies, such as fixed baffles, often fail to provide uniform damping across varying liquid volumes. This study is aimed at developing a design methodology for more effective anti-sloshing systems, highlighting promising solutions such as floating decks, flexible baffles, and other innovative configurations. Due to the small density difference between the anti-sloshing device material and the cryogenic propellant, strong fluid-structure coupling effects arise, necessitating a two-way Fluid-Structure Interaction (FSI) simulation to accurately capture the mutual influence between the fluid motion and the structural response.
A partitioned two-way FSI approach is employed, coupling Computational Fluid Dynamics (CFD) in ANSYS Fluent with a Finite Element (FE) solver that captures the structural response of the anti-sloshing system. The Volume of Fluid (VOF) method is used to capture free-surface dynamics. Key design parameters, including material stiffness, mass distribution, and geometric configurations, are taken into account as part of the proposed analysis methodology. Among the innovative solutions, floating decks and flexible baffles appear particularly promising for achieving a higher and more uniform damping profile.
Replication of a benchmark from literature is performed to assess whether the numerical simulation approach for such complex, strongly coupled systems is feasible in terms of both response accuracy and computational cost.
This comparison provides valuable insights into the complex interplay between fluid motion, device flexibility, and internal damping mechanisms. The proposed methodology enhances predictive capabilities for aerospace cryogenic tank design, ultimately supporting the development of more robust and efficient fuel management systems, an essential step to mitigate sloshing-induced instabilities in launch vehicles, satellites, and in-space propulsion systems, thereby contributing to safer and more efficient space missions.
In presenza di deformazioni viscoplastiche, i meccanismi di danneggiamento e la velocità con cui esso si accumula sono fortemente dipendenti dall’intensità delle tensioni. Nella valutazione dell’integrità strutturale dei componenti meccanici che operano in condizioni di creep, la descrizione precisa dei campi tensionali e della loro entità è quindi fondamentale. Per il problema degli intagli in condizioni di creep, sono presenti in letteratura alcuni importanti lavori dedicati alla determinazione della tensione di picco all’apice di intagli raccordati sollecitati a modo I. Nel caso di intagli a spigolo vivo, invece, i lavori disponibili sono rivolti alla soluzione del problema agli autovalori (con cui è possibile ricavare il grado di singolarità tensionale e le autofunzioni), mentre manca un approccio teorico ed universale per la stima dell’intensità dei campi tensionali. L’obiettivo del presente lavoro è quello di colmare questa lacuna. In particolare, focalizzando l’attenzione su materiali che esibiscono principalmente creep secondario secondo la legge di Norton, viene ricavata un’espressione analitica che lega NSIF elastico ed NSIF di creep, permettendo quindi di stimare analiticamente l’intensità dei campi tensionali viscoplastici di modo I, senza la necessità di ricorrere a complesse analisi non-lineari. La soluzione proposta è basata sulla riformulazione della Neuber Rule, estendendola alla concentrazione del lavoro entro un volume di controllo che circonda l’apice dell’intaglio. La soluzione analitica ottenuta è stata validata confrontando le previsioni teoriche con i risultati di una serie di analisi agli elementi finiti in cui sono stati considerati diversi materiali, geometrie e condizioni di carico, mostrando in tutti i casi un’accuratezza estremamente soddisfacente.
The efficiency, performance, emissions and durability of gas turbines are directly influenced by the integrity of critical combustion chambers components. These components operate under extreme conditions of high temperature and mechanical stresses. Making effective inspection is essential for guarantying performance and preventing failures. Due to complex geometries and the differences between a new and an operated part, the inspection is challenging. Traditional inspections methods rely on manual go/no-go gauges measurements, which are good to capture deviations, but lack granularity to support predictive maintenance models.
In this work, we present an advanced optical measurement system, that enables a digital high resolution, non-invasive inspection of key geometric features. The inspection system can automatically inspect complex openings, for example cooling holes or louver, in gas turbine components faster and more precisely. Thanks to automatic positioning and real time data acquisition it provides robust digital data to help in the assessment of the component. An adaptive optical configuration ensures precise measurements of complex critical features, independent from operators' skills and experience.
The system has undergone stringent tests to confirm the soundness of inspection of both new and heavily operated components. We will provide sound statistical evidence of the verification in lab and in-situ against go/no go gauges demonstrating the system's precision and applicability to industrial environments.
This work highlights the transformative role of digital optical measurements technologies in advanced gas turbine inspection methods to enhance quality assurance processes in service and pave the road to component life extension and scrap reduction.
Negli ultimi anni, i materiali compositi hanno acquisito un ruolo cruciale in settori avanzati come l'automotive, l'aerospace e l'energia eolica, grazie alle loro eccellenti proprietà meccaniche specifiche. Tuttavia, i componenti strutturali in materiale composito, soggetti a carichi variabili nel tempo, sono caratterizzati da una progressiva degradazione delle performance meccaniche a causa della successione e dell'interazione di diversi meccanismi di danneggiamento, tra cui cricche off-axis, delaminazioni e rottura di fibre. Pertanto, è fondamentale monitorare l'integrità strutturale di tali componenti e intervenire tempestivamente qualora non vengano più soddisfatti i requisiti funzionali stabiliti in fase di progettazione. Nel caso di laminati conduttivi, ciò è possibile tramite metodi elettrici, poiché i fenomeni di danneggiamento provocano una variazione irreversibile della conduttività. Il presente lavoro propone un modello analitico che descrive con precisione l’evoluzione del danno e la conseguente perdita di rigidezza in laminati conduttivi multidirezionali, caratterizzati dalla presenza di cricche off-axis e delaminazioni in più strati, utilizzando come parametro di input l’incremento della resistenza elettrica. Il modello è stato validato mediante un confronto con analisi agli elementi finiti, dimostrando un’elevata accuratezza e confermandosi come uno strumento efficace per il monitoraggio strutturale dei materiali compositi.
Il poli-etere-chetone-chetone (PEKK) è un polimero termoplastico ad alte prestazioni, appartenente alla famiglia dei poli-aril-eter-chetoni (PAEK). Esso ha trovato le prime applicazioni nel settore aerospaziale date le eccellenti proprietà meccaniche e termiche unite a una bassa densità. Nel settore biomedicale l’interesse per il PEKK è cresciuto in tempi recenti grazie alla sua buona biocompatibilità che lo rende un materiale promettente per applicazioni ortopediche; in particolare, sono in corso studi per la realizzazione di dispositivi biomedicali per la colonna vertebrale o da utilizzarsi nella chirurgia maxillofacciale. In vista di queste applicazioni, è importante poter modulare la rigidezza degli impianti in modo da avvicinarsi il più possibile al comportamento dell’osso umano; questo ha portato a un forte interesse verso le strutture reticolari che offrono anche l’ulteriore vantaggio di una migliore possibilità di osteointegrazione.
L’obiettivo del presente lavoro è la modellazione numerica del comportamento meccanico di strutture reticolari a superficie minima triplamente periodica (TPMS) a giroide realizzate in PEKK con tecnologia di stampa 3D fused deposition modeling (FDM).
Provini con struttura a giroide aventi diversa densità apparente sono stati sottoposti a prove di compressione a differenti velocità di prova, comprese tra 0.2 e 20 mm/min, ed è stata registrata la rispettiva deformazione a pieno campo tramite la tecnica della correlazione di immagini digitali (DIC) con la finalità ultima di raccogliere i dati necessari per una validazione del comportamento meccanico, non lineare e viscoso di tali strutture.
I modelli numerici validati potranno essere utilizzati per la progettazione di dispositivi biomedicali a struttura porosa, con applicazioni in campo ortopedico e odontostomatologico.
This study presents a case analysis on the design of an experimental test for cylindrical tubes made of CFRP, with a specific focus on optimizing the bonding of metal end fittings. Such tubes are commonly employed in applications such as steering arms in the automotive industry and articulated quadrilateral mechanisms in industrial handling systems. Rather than investigating the mechanical properties of the tubes themselves, this work centers on the bonding aspects.
To assess the reliability and accuracy of the finite element model in predicting shear distribution along the bond line, numerical simulations were performed and compared with results obtained using Volkersen’s formula. The analysis considered both flat overlap bonding, where adhesive distribution follows a parallelepiped volume, and cylindrical bonding, characterized by a cylindrical adhesive volume.
After the analytical and numerical analysis, laboratory validation was carried out through experimental testing. Given that these tubes typically experience combined tensile and torsional stresses in operation, the final tests replicated this loading condition.
This work contributes to the development of an innovative bonding technology that holds potential for further investigation and future applications in various engineering fields.
La crescente attenzione verso le problematiche ambientali ha spinto negli ultimi decenni la ricerca verso lo sviluppo di nuovi materiali green, in grado di sostituire i tradizionali metalli e compositi polimerici. Di particolare interesse risultano in tal senso i biocompositi, materiali rinnovabili, riciclabili, sostenibili e/o biodegradabili, costituiti in genere da matrici a basso impatto ambientale rinforzate con fibre naturali.
Tra le fibre naturali, particolarmente interessante risulta la fibra di agave sisalana caratterizzata da larga disponibilità nel mercato mondiale, a prezzi relativamente ridotti che consentono di ottenere potenzialmente biocompositi a basso costo. In tema di sostenibilità ambientale e riciclabilità si pone recentemente l’attenzione verso la sperimentazione di particolari tipi di matrici termoplastiche completamente biodegradabili che possano sostituire le termoindurenti, sfruttando altresì le peculiari caratteristiche delle fibre naturali. Sebbene diversi studi siano presenti in letteratura sulla caratterizzazione meccanica di tali nuovi materiali, nessun studio è stato eseguito sino ad ora sulle loro proprietà tribologiche. A tal proposito, nel seguente studio è stato analizzato il comportamento tribologico di laminati biocompositi rinforzati con fibre di agave ottenuti tramite tecnica di laminazione “hand lay-up” con successivo processo di “compression-moulding”. Attraverso una sistematica campagna sperimentale condotta tramite un dispositivo di prova “pin-on-disk” appositamente realizzato si intende dare un contributo allo studio del comportamento tribologico di tali biocompositi. Il tribometro utilizzato è stato appositamente progettato e realizzato, considerando le peculiari performances necessarie per prove su tali particolari compositi, utilizzando un motore elettrico trifase ed un setup sperimentale semplice ed affidabile. È stato implementato un trasduttore estensimetrico utilizzando anche una centralina per acquisizione di dati analogici ed un microcontrollore per la conversione analogica/digitale del segnale. Al fine di confrontare i risultati ottenuti per i biocompositi considerati, sono stati anche eseguiti test tribologici su compositi sintetici tradizionali. Le prove sono state anzitutto condotte al variare del carico misurando il valore del coefficiente d’attrito nel tempo e del fattore d’usura. Si è cercato altresi di valutare l’influenza della velocità di strisciamento e della temperatura a cui si porta la coppia tribologica, della concentrazione di fibre, sulla resistenza ad usura dei biocompositi, analizzando come tali parametri influenzano il processo e si legano tra loro nel determinare il comportamento tribologico di un materiale. Infine, allo scopo di rivelare il cosiddetto fattore di usura specifico sono state eseguite apposite prove di durezza Rockwell B sui compositi analizzati, poi convertiti in termini di durezza Brinell.
Il lavoro riguarda la caratterizzazione sperimentale delle proprietà di smorzamento di biocompositi rinforzati con fibre naturali ed il loro confronto con le proprietà di simili compositi rinforzati con fibre sintetiche. A tal fine è stato implementato appositamente un sistema di misura in grado di sfruttare le oscillazioni libere smorzate di una trave a mensola. Dopo una preliminare analisi teorica del problema delle oscillazioni libere smorzate con particolare riferimento alle principali grandezze di influenza geometriche, di sollecitazione e relative al materiale, sono stati analizzati diversi laminati compositi al variare della fibra di rinforzo (agave, lino, vetro, carbonio, kevlar), del lay-up di laminazione (unidirezionali, cross-ply, quasi-isotropi, MAT e random a fibre corte) e della matrice (termoplastica e termoindurente). L'elaborazione dei risultati ottenuti ha permesso di rilevare essenzialmente che le proprietà di smorzamento dei laminati compositi sono fortemente legati (a) alla frequenza della vibrazione attraverso un modello di tipo esponenziale (risultato originale mai evidenziato in letteratura), (b) alla bontà della adesione fibra matrice (lo smorzamento decresce con l'adesione riducendosi gli effetti di scorrimento in prossimità della interfaccia f/m), (c) alla distribuzione delle fibre (migliora per laminati MAT o a fibre corte random). La frequenza delle vibrazioni esaminate è stata variata facendo variare semplicemente la lunghezza della trave esaminata e riportando i risultati ottenuti a quelli di uno stesso oscillatore a mensola di riferimento. Il confronto dei risultati normalizzati così ottenuti, anche con risultati di letteratura, ha evidenziato le ottime performance dei laminati hygh-performance rinforzati con fibre lunghe di agave che anche in termini di capacita di smorzamento, esibiscono performance superiori ai GFRP e alle vetroresine che possono sostituire nelle comuni applicazioni strutturali e semi-strutturali.
Le strutture sandwich trovano largo impiego in ambito aeronautico e come componenti per la protezione passiva, o più in generale in tutte le applicazioni in cui sia necessario assorbire carichi dinamici elevati. La resistenza alla penetrazione di una struttura costituita da layer in fibra di carbonio e core in PVC espanso è stata da noi studiata sia sperimentalmente, tramite test di indentazione, sia numericamente impiegando per il materiale espanso un modello visco-elasto-plastico.
Al fine di migliorare la resistenza alla penetrazione, in questo studio si intende sostituire il materiale espanso che costituisce il core del pannello sandwich con un metamateriale che esibisce effetti micropolari, tale materiale avrà uguale densità così da valutare il beneficio rispetto la schiuma PVC, tradizionalmente usata in queste applicazioni. Le caratteristiche geometriche del metamateriale verranno definite tramite simulazione numerica, utilizzano modelli basati sulla teoria di Cosserat. Definito e validato il modello, sarà possibile individuare tramite ottimizzazione numerica la struttura del core che rende il pannello sandwich più efficiente in termini di resistenza alla penetrazione. La struttura così individuata sarà stampata in 3D e la resistenza alla penetrazione dimostrata sperimentalmente, confrontandola al pannello sandwich che impiegava però PVC espanso come core.
l self-piercing rivetting (SPR) è un processo di giunzione meccanica ampiamente utilizzato nell'industria automobilistica e aerospaziale per unire materiali dissimili senza necessità di preforatura. Il presente lavoro è stato incentrato sullo sviluppo e validazione di un modello costitutivo avanzato che sarà successivamente utilizzato per la simulazione del processo di rivettatura tra lamiere di diverso spessore di due materiali dissimili: l’alluminio 5005 e l’acciaio FeP05. Le caratteristiche meccaniche dei due materiali sono state determinate tramite un’ampia campagna sperimentale condotta su varie geometrie di campioni sia lisci che intagliati. I provini sono stati ricavati lungo le tre direzioni nel piano della piastra: rolling, transverse e a 45° tra le precedenti. I risultati sperimentali hanno permesso non solo la determinazione della risposta costitutiva ma anche di valutare le caratteristiche anisotrope, e le modalità di danneggiamento duttile per varie combinazioni di triassialità dello stato di sforzo e angolo di Lode. Sulla base dei risultati sperimentali, sono stati selezionati e definiti idonei modelli di plasticità e di danneggiamento che hanno permesso di descrivere opportunamente il comportamento delle due leghe.
I risultati presentati fanno parte di un lavoro scientifico più ampio, riguardante la progettazione a fatica di giunti ibridi tra materiali dissimili mediante l'approccio locale, finanziato dall’Unione europea- Next Generation EU, Missione 4 Componente 1 CUP MASTER C53D23001720006.
La propagazione delle cricche nei materiali strutturali è una criticità non trascurabile in fase di progetto, ed è dunque argomento di grande interesse sia nel settore della ricerca scientifica che in quello industriale. Per soddisfare questa esigenza, il phase-field, applicabile nei modelli agli elementi finiti (FEM), risulta essere un approccio molto versatile nella modellazione di propagazione di cricche anche in contesti in cui il percorso di propagazione della crepa non è noto a priori.
A differenza dei modelli che considerano materiali fragili, in presenza di deformazioni plastiche considerevoli (tipico scenario nei materiali duttili), l’approccio phase-field risulta essere scarsamente validato sperimentalmente, soprattutto per configurazioni complesse.
Nel caso studio in oggetto, viene proposto un approccio numerico per prevedere la fase di nucleazione e propagazione di una cricca in una mensola intagliata bi-strato microscopica sottoposta ad uno spostamento controllato all’estremità. Le difficoltà principali di tale studio sono le seguenti: a) implementazione delle equazioni costitutive che accoppiamo il phase-field con la plasticità; b) modellazione del fenomeno di delaminazione all’interfaccia dei due materiali che costituiscono la mensola; c) necessità di considerare l’eventuale cedevolezza del vincolo meccanico. Inoltre, l’approccio del phase-field necessità la regolarizzazione delle proprietà che influenzano la propagazione della frattura, apportando ulteriore complessità al modello. Questa peculiarità non è trascurabile in fase di modellazione, a differenza del metodo CZM (Cohesive Zone Method).
Il modello proposto viene implementato in un codice FEM è successivamente validato mediante prova sperimentale. Tale prova fa riferimento ad un esperimento in situ eseguito all’interno di un microscopio elettronico tramite l’utilizzo di un nano-indentatore. Durante l’esperimento effettuato sulla mensola bimetallica, il processo di danneggiamento e deformazione viene monitorato tramite un processo di correlazione di immagini. D’altra parte, la risposta in termini di spostamento imposto e forza risultate è una informazione fornita dal nano-indentatore.
I risultati ottenuti vengono discussi in maniera esaustiva, mettendo alla luce i vantaggi e le attuali limitazioni dell’approccio proposto.
This research presents a numerical and experimental investigation of AISI 316L stainless steel butt-welded joints, for shipbuilding applications, under quasi-static loading conditions. The focus is on assessing the mechanical response of different weldment zones through localized material characterization. Vickers microhardness testing was employed to extract the hardness profile across the welded joint. These hardness values were subsequently converted into mechanical properties, allowing for the derivation of distinct stress-strain curves representative of each zone. A finite element model was developed using these zone-specific properties and was subjected to controlled boundary conditions that replicate the experimental setup. The model's accuracy was evaluated through Digital Image Correlation (DIC), enabling full-field strain measurements for direct comparison with simulation results. The outcomes demonstrate the significance of incorporating local property variations into finite element models for improved prediction of strain localization and global deformation behavior. This methodology supports a more reliable structural assessment of stainless-steel welded joints, particularly in applications where precision and material integrity are critical.
Sommario
Le normative tecniche e le prassi progettuali trattano le irregolarità geometriche del piede del cordone di saldatura come difetti, definendo quando sono penalizzanti per la resistenza del giunto. I difetti comuni includono cricche, aderenze, incisioni marginali, colpi di mola (nel caso di rasature) o anche inclusioni non metalliche o porosità.
I difetti vengono classificati in base alle dimensioni e definiti livelli di accettabilità operativa.
Questo studio valuta le irregolarità come effetti geometrici che influenzano i punti di innesco della saldatura, analizzandone l'impatto sulla resistenza a fatica con metodologie di analisi locale delle tensioni efficaci. La variazione nei parametri delle irregolarità (profondità, forma, raccordo, posizione) determina l'entità dell'effetto geometrico. In generale, le irregolarità possono interagire con i punti critici del cordone di saldatura o essere irrilevanti.
In alcuni casi, incisioni marginali raccordate o sovrametalli entro certi limiti risultano irrilevanti.
Un risultato importante è che la meccanica della Frattura Lineare elastica può prevedere non solo il comportamento meccanico di difetti "crack-like", ma anche di irregolarità generali mediante l’utilizzo di adeguate analogie e/o trasformazioni geometriche.
Abstract
Technical standards and design practices treat the geometric irregularities at the weld toe as defects, defining when they are detrimental to the joint's strength. Common defects include cracks, lack of adhesion, undercuts, grinding marks (in the case of grinding operations), as well as non-metallic inclusions or porosity.
Defects are classified based on their dimensions, and operational acceptability levels are defined. This study evaluates irregularities as geometric effects influencing the weld critical points, analyzing their impact on fatigue resistance using effective local stress analysis methodologies. Variations in irregularity parameters (depth, shape, transition, position) determine the extent of the geometric effect. In general, irregularities may interact with critical weld points or be irrelevant.
In some cases, rounded undercuts or confined excess of material, within certain limits, turn out to be inconsequential. An important result is that Linear Elastic Fracture Mechanics can predict not only the mechanical behavior of "crack-like" defects but also of general irregularities through appropriate analogies and/or geometric transformations.